Un documento, recentemente
individuato, consente di rileggere da un versante opposto a quello liberale
filogovernativo i fatti accaduti a Teramo tra il 1° agosto 1860 e il 31 agosto
1861. Si tratta della cronaca redatta da Nicola Sperandio, Capo di sezione della
Guardia Urbana del Comune di Castellato, dal seguente titolo: «Alle Sacre Mani
di Sua Maestà Francesco II, Memorandum dei fatti avvenuti nella città e
nei paesi del Distretto della Provincia di Teramo dal 1° agosto 1860 a tutto il
detto mese 1861, coll’elenco dei più a caniti (sic) settari demagogici».
Il documento che consta di ff. 32 r e v, vergati con chiara grafia, si trova
nell’Archivio di Stato di Napoli. Per la sua importanza documentaria, merita di
essere pubblicato per intero. Al momento diamo qualche anticipazione relativa a
Troiano De Filippis Delfico, del quale si tratta in due punti. Nel f. 27 r
accenna al ritorno a Teramo di Troiano dell’esilio con altri patrioti il 27
agosto 1860 (1), mentre nelle città, dopo l’occupazione della Sicilia da parte
di Garibaldi, cominciavano a fervere i moti antiborbonici, peraltro sostenuti
dal nuovo Intendente, Pasquale de’ Virgilii, insediatosi il 23 luglio (2), e da
Raffaele Volpe, Procuratore Regio presso il Tribunale di Teramo. Il primo con la
sua «bocca infernale informava quello stesso Principe, da cui riceveva onori e
gradi, giacchè con suo proclama colla data di quel torno, diceva: essere ormai
decisa la sorte dei Borboni». Il secondo il 27 luglio «fece tutto un discorso
sedizioso da far schifo, concludendo che il passato Regime era crudele, tiranno,
ed assassino». Lo stesso Sperandio scrive che in quel giorno, dopo il discorso
nel largo di S.Antonio «fu preso a sassate da padre e figlio Rapini, falegnami,
schiamazzando contro di lui, come spia del passato governo». A Teramo, a fine
agosto, fu stabilito un comitato che «ordinò disarmare tutti coloro che si
appartenevano al partito borbonico, e specialmente i contadini, non che di
esiliare o di chiamare in città col mandato e obbligo in Polizia quelli dello
stesso partito». Furono poste in atto varie persecuzioni di filoborbonici, narra
Sperandio, e «si aprirono processure per sacrificare in tutto i fedeli sudditi».
Tra di essi capitò lo stesso Sperandio, che insieme con il Consigliere Diodato
De Sanctis e suo figlio Federico, con Giovanni Rossi e Giobbe Sardella fu
processato. Il De Sanctis e il figlio riuscirono a fuggire da Teramo prima che
iniziasse il processo, mentre «l’esponente e Rossi furono arrestati e carcerati,
e similmente venne fatto agli altri del partito». Lo Sperandio era stato
accusato, tra l’altro, di essere connivente con i briganti, insieme con il
fratello Luigi, sacerdote, e con Giovanni Rossi, come emerge da una
testimonianza di Pio Marinucci di Castellalto, che si presentò a deporre presso
l’ufficio del Delegato di pubblica sicurezza, Giuseppe Montori. Dagli atti
risulta che Sperandio, Sardella e Giacomo Rossi furono posti agli arresti
domiciliari dal regio giudicato dal circondaro di Notaresco. In questo clima,
che diventò rovente a settembre, di attacco ai filoborbonici, è narrato
l’ingresso trionfale a Teramo di Troiano: «In questo mentre venne dall’esilio
Troiano Delfico con altri emigrati, i quali risultarono con pompa magna e suono
di banda musicale, e con fiaccole accese: gridando Viva Giuseppe Garibaldi,
morte agli assassini, ed alle spie!… essendo allora il 27 agosto
1860».
|
 |
Troiano De Filippis Delfico |
|
Intanto si preparava il movimento armato per
abbattere i reazionari, utilizzando i fucili che erano
clandestinamente sbarcati a Giulianova. Le operazioni furono dirette
da Antonio Tripoti e da Clemente De Cesaris (3), che
si spartirono i fucili per armare il primo i patrioti teramani e il secondo
quelli di Penne: «Nello spirare di detto mese ebbe luogo in Giulianova, ed in
Calvano uno sbarco di tre o quattro mila fucili diretti da Antonio Tripoti e da
Clemente de Cesaris nell’idea, il primo di armare i più lazzaroni disperati di
Teramo, ed il secondo quelli di Penne: dando loro uno stipendio giornaliero di
carlini tre per ogni individuo e ciò formò uno sbalordimento di tutti i buoni».
Le armi servirono al governo provvisorio, costituito l’8 settembre 1860, che
pubblicò il programma dal palazzo dell’Intendenza, concludendolo con
l’espressione tombale: «La famiglia borbone non esiste più». Quindi ordinò di
eliminare dalle piazze centrali (4) i busti di Ferdinando II, della Regina
Madre, di Francesco II, della Regina, nonché degli stemmi reali, che furono
fatti a pezzi con la scure per ordine dei tre prodittatori, nominati dal
predetto Governo, che erano Troiano Delfico, Pasquale de’ Virgilii e Antonio
Tripoti. Al suo posto furono collocati il ritratto di Garibaldi, quello di
Vittorio Emanuele e lo stemma della Casa Reale di Savoia. Lo Sperandio considera
i tre prodittatori, tra i quali il più feroce era il de’ Virgilii, «operatore de’
più enormi delitti», come gli autori di azioni vessatorie e criminali nei tre
giorni, in cui governarono, dichiarando che «spogliarono la Cassa provinciale,
la Tesoreria, ed obbligarono i più agiati proprietari ad un prestito forzoso, al
che dovettero adempiere», che, presi dall’ebbrezza del crollo del regime
borbonico, per tre sere ordinarono «illuminazioni artificiali con suono di banda
musicale», che da ogni parte della città il popolo in piazza, elettrizzato,
gridava «Viva l’inclito Garibaldi, viva Vittorio Emanuele, Re Galantuomo, morte
al Tiranno Francesco II e ai suoi partigiani», e che si arrivò perfino a
decretare che «qualunque individuo avesse disprezzato quel governo [cioè
dittatoriale] sarebbe stato condannato alla pena di morte». Quale parte abbia
avuto Troiano nell’elaborazione e nell’attivazione di questo programma non
sappiamo. Il 10 settembre 1860 il governo prodittatoriale fu sciolto da
Garibaldi, che con decreto del 12 settembre nominò Troiano Maggiore della
Guardia Nazionale, costituita dalla legge provvisoria del 5/07/1860 e impiegata
principalmente nella provincia di Teramo per combattere il brigantaggio. Il
Memorandum si conclude con un cospicuo «Elenco dei più accaniti settarii del
1° Distretto della Provincia del 1° Abruzzo Ultra cogli analoghi specchi della
loro condotta politica». Vi figurano ben 309 "nazionali" avversi al governo
borbonico. Troiano al n. 7, definito «proprietario emigrato per delitti del
1848», è presentato in questi termini nelle «osservazioni sulla condotta nel
lato politico»: «Non ha cessato di dimostrarsi conforme ai suoi sentimenti
rivoltosi». |