De Filippis

 

De Filippis-Delfico

 

(Teramo, 1820)

biblioteca - archivio virtuale

Stemma famiglia De Filippis-Delfico, Teramo, 1820

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Delfico

(Napoli, sec. XVIII)

(Teramo, sec. XV)

Stemma famiglia De Filippis, Napoli, sec.XVIII

Stemma famiglia Delfico, Teramo, sec.XV

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Troiano De Filippis-Delfico

nelle considerazioni di un «memorandum» filoborbonico

di Giovanni Di Giannatale

Un documento, recentemente individuato, consente di rileggere da un versante opposto a quello liberale filogovernativo i fatti accaduti a Teramo tra il 1° agosto 1860 e il 31 agosto 1861. Si tratta della cronaca redatta da Nicola Sperandio, Capo di sezione della Guardia Urbana del Comune di Castellato, dal seguente titolo: «Alle Sacre Mani di Sua Maestà Francesco II, Memorandum dei fatti avvenuti nella città e nei paesi del Distretto della Provincia di Teramo dal 1° agosto 1860 a tutto il detto mese 1861, coll’elenco dei più a caniti (sic) settari demagogici». Il documento che consta di ff. 32 r e v, vergati con chiara grafia, si trova nell’Archivio  di Stato di Napoli. Per la sua importanza documentaria, merita di essere pubblicato per intero. Al momento diamo qualche anticipazione relativa a Troiano De Filippis Delfico, del quale si tratta in due punti. Nel f. 27 r accenna al ritorno a Teramo di Troiano dell’esilio con altri patrioti il 27 agosto 1860 (1), mentre nelle città, dopo l’occupazione della Sicilia da parte di Garibaldi, cominciavano a fervere i moti antiborbonici, peraltro sostenuti dal nuovo Intendente, Pasquale de’ Virgilii, insediatosi il 23 luglio (2), e da Raffaele Volpe, Procuratore Regio presso il Tribunale di Teramo. Il primo con la sua «bocca infernale informava quello stesso Principe, da cui riceveva onori e gradi, giacchè con suo proclama colla data di quel torno, diceva: essere ormai decisa la sorte dei Borboni». Il secondo il 27 luglio «fece tutto un discorso sedizioso da far schifo, concludendo che il passato Regime era crudele, tiranno, ed assassino». Lo stesso Sperandio scrive che in quel giorno, dopo il discorso nel largo di S.Antonio «fu preso a sassate da padre e figlio Rapini, falegnami, schiamazzando contro di lui, come spia del passato governo». A Teramo, a fine agosto, fu stabilito un comitato che «ordinò disarmare tutti coloro che si appartenevano al partito borbonico, e specialmente i contadini, non che di esiliare o di chiamare in città col mandato e obbligo in Polizia quelli dello stesso partito». Furono poste in atto varie persecuzioni di filoborbonici, narra Sperandio, e «si aprirono processure per sacrificare in tutto i fedeli sudditi». Tra di essi capitò lo stesso Sperandio, che insieme con il Consigliere Diodato De Sanctis e suo figlio Federico, con Giovanni Rossi e Giobbe Sardella fu processato. Il De Sanctis e il figlio riuscirono a fuggire da Teramo prima che iniziasse il processo, mentre «l’esponente e Rossi furono arrestati e carcerati, e similmente venne fatto agli altri del partito». Lo Sperandio era stato accusato, tra l’altro, di essere connivente con i briganti, insieme con il fratello Luigi, sacerdote, e con Giovanni Rossi, come emerge da una testimonianza di Pio Marinucci di Castellalto, che si presentò a deporre presso l’ufficio del Delegato di pubblica sicurezza, Giuseppe Montori. Dagli atti risulta che Sperandio, Sardella e Giacomo Rossi furono posti agli arresti domiciliari dal regio giudicato dal circondaro di Notaresco. In questo clima, che diventò rovente a settembre, di attacco ai filoborbonici, è narrato l’ingresso trionfale a Teramo di Troiano: «In questo mentre venne dall’esilio Troiano Delfico con altri emigrati, i quali risultarono con pompa magna e suono di banda musicale, e con fiaccole accese: gridando Viva Giuseppe Garibaldi, morte agli assassini, ed alle spie!… essendo allora il 27 agosto 1860».

Troiano De Filippis Delfico

Troiano De Filippis Delfico

Intanto si preparava il movimento armato per abbattere i reazionari, utilizzando i fucili che erano clandestinamente sbarcati a Giulianova. Le operazioni furono dirette da Antonio Tripoti e da Clemente De Cesaris (3), che si spartirono i fucili per armare il primo i patrioti teramani e il secondo quelli di Penne: «Nello spirare di detto mese ebbe luogo in Giulianova, ed in Calvano uno sbarco di tre o quattro mila fucili diretti da Antonio Tripoti e da Clemente de Cesaris nell’idea, il primo di armare i più lazzaroni disperati di Teramo, ed il secondo quelli di Penne: dando loro uno stipendio giornaliero di carlini tre per ogni individuo e ciò formò uno sbalordimento di tutti i buoni». Le armi servirono al governo provvisorio, costituito l’8 settembre 1860, che pubblicò il programma dal palazzo dell’Intendenza, concludendolo con l’espressione tombale: «La famiglia borbone non esiste più». Quindi ordinò di eliminare dalle piazze centrali (4) i busti di Ferdinando II, della Regina Madre, di Francesco II, della Regina, nonché degli stemmi reali, che furono fatti a pezzi con la scure per ordine dei tre prodittatori, nominati dal predetto Governo, che erano Troiano Delfico, Pasquale de’ Virgilii e Antonio Tripoti. Al suo posto furono collocati il ritratto di Garibaldi, quello di Vittorio Emanuele e lo stemma della Casa Reale di Savoia. Lo Sperandio considera i tre prodittatori, tra i quali il più feroce era il de’ Virgilii, «operatore de’ più enormi delitti», come gli autori di azioni vessatorie e criminali nei tre giorni, in cui governarono, dichiarando che «spogliarono la Cassa provinciale, la Tesoreria, ed obbligarono i più agiati proprietari ad un prestito forzoso, al che dovettero adempiere», che, presi dall’ebbrezza del crollo del regime borbonico, per tre sere ordinarono «illuminazioni artificiali con suono di banda musicale», che da ogni parte della città il popolo in piazza, elettrizzato, gridava «Viva l’inclito Garibaldi, viva Vittorio Emanuele, Re Galantuomo, morte al Tiranno Francesco II e ai suoi partigiani», e che si arrivò perfino a decretare che «qualunque individuo avesse disprezzato quel governo [cioè dittatoriale] sarebbe stato condannato alla pena di morte». Quale parte abbia avuto Troiano nell’elaborazione e  nell’attivazione di questo programma non sappiamo. Il 10 settembre 1860 il governo prodittatoriale fu sciolto da Garibaldi, che con decreto del 12 settembre nominò Troiano Maggiore della Guardia Nazionale, costituita dalla legge provvisoria del 5/07/1860 e impiegata principalmente nella provincia di Teramo per combattere il brigantaggio. Il Memorandum si conclude con un cospicuo «Elenco dei più accaniti settarii del 1° Distretto della Provincia del 1° Abruzzo Ultra cogli analoghi specchi della loro condotta politica». Vi figurano ben 309 "nazionali" avversi al governo borbonico. Troiano al n. 7, definito «proprietario emigrato per delitti del 1848», è presentato in questi termini nelle «osservazioni sulla condotta nel lato politico»: «Non ha cessato di dimostrarsi conforme ai suoi sentimenti rivoltosi». 

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(1) Troiano (1821-1908), che aveva partecipato alla prima guerra di Indipendenza (1848-49), e che nel 1850 era stato condannato a morte per contumacia da Ferdinando II per la sua attività sovversiva contro il governo borbonico, per sfuggire alla cattura si era rifugiato a Patrasso, in Grecia, dove restò  per dieci anni, rientrando a Teramo nel 1860. Fu nominato Senatore il 15/02/1880. Coprì anche le cariche di Consigliere comunale di Teramo (1860), Consigliere provinciale (1865-1901), e di Socio della Deputazione di storia patria per l’Abruzzo che contribuì a fondare nel 1888.

(2) Nato nel 1810 e morto nel 1876, fu un letterato di «ampia e solida cultura europea», fondatore nel 1836 della Filologia abruzzese, poi denominata Giornale abruzzese di scienze, lettere ed arti. Conobbe a Napoli Silvio Spaventa, Stanislao Mancini e Pasquale Borrelli; inoltre frequentò la scuola del purista Basilio Puoti. Scrisse poemi, carmi, elegie e tragedie (si vd. E. Di Carlo, De V. P., Gente d’Abruzzo, Dizionario biografico, vol. 4, Andromeda editore, Recanati, 2006, pp. 217 –220). Fu Intendente, denominato dall’ottobre del 1860 Governatore, dal 23/07/1860 al novembre 1860, allorché andò a coprire la carica di Consigliere del contenzioso Amministrativo a Napoli e, successivamente, quella di Consigliere della Gran Corte dei Conti a Firenze nel 1865. Gli successe come primo Prefetto della provincia di Teramo Decoroso Sigismondi, che il 16/07/1861 fu nominato Prefetto di Catanzaro.

(3) Il Tripoti nacque nel 1809 e vi morì nel 1872; fu il leader del Partito d’Azione dell’Abruzzo Ulteriore I. Svolse un ruolo centrale nel 1860, in quanto organizzò il governo provvisorio in Abruzzo, diventando il principale esponente della lotta antiborbonica: fu Maggiore della Guardia Nazionale e Comandante delle armi della Provincia (si vd. G. Di Leonardo, A. T., Gente d’abruzzo, Dizionario biografico, vol. 10, Andromeda Editrice, Recanati, 2007, pp. 137-142). Il De Cesaris nacque nel 1810 e morì nel 1877; fu un insigne patriota e poeta, eletto deputato del Regno d’Italia nel 1861 (si vd. C. Greco, C.D.C., Gente d’Abruzzo, Dizionario biografico, op. cit., pp. 41- 46).

(4) Nel 1860 era denominata «Piazza grande» o «dell’Olmo». Dopo l’Unità d’Italia fu denominata «piazza Vittorio Emanuele». Si vd. F. Eugeni, Atlante storico della città di Teramo, Ricerche e redazioni, Teramo, 2008, p. 62.