De Filippis

 

De Filippis-Delfico

 

(Teramo, 1820)

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Stemma famiglia De Filippis-Delfico, Teramo, 1820

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Delfico

(Napoli, sec. XVIII)

(Teramo, sec. XV)

Stemma famiglia De Filippis, Napoli, sec.XVIII

Stemma famiglia Delfico, Teramo, sec.XV

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Epistolario

Troiano De Filippis Delfico ad Antonio Tripoti (1)

Lettera datata Cremona, 11 maggio 1848

Trovata in casa di Donato Del Cucco, allegata agli atti del processo dibattutosi nella Gran Corte Criminale, che vide coinvolti molti patrioti per i moti teramani del 30 maggio e del 15 ottobre 1848

Ubicazione del manoscritto: Archivio di Stato di Teramo, Gran Corte Criminale, b. 824/3  

A cura di Luciana D'Annunzio

Trascrizione

Cremona 11 maggio 1848

 

Carissimo amico

Io non ho ricevuto più notizie da che son partito, ne di te, ne della famiglia, ne di Teramo, spero però che le cose andranno bene.

Le notizie della guerra le saprai dai giornali ne io potrei dettagliarti con precisione se non piccoli ma sanguinosi attacchi in cui mi son trovato, l'interessante si è che Carlo Alberto si porta bene e pare che voglia fare davero; in qualunque scontro i nostri rimangono sempre superiori, e pare che le palle dei nostri fucili vadano dritte e con magior forza perché dove colgono portano la morte mentre che le loro non ci fanno che lievi ferite, certo che il Dio degli eserciti è con noi. Il nemico schiva sempre di venire ad una giornata decisiva ricoverandosi nei tre covili di Mantova, Verona e Peschiera, ma vi sono dei corpi sbandati che si battono ogni giorno dai nostri.

Salutami tutti gli amici e questa bella gioventù Teramana tanto calda di amor patrio che io spero di rivedere in tempi migliori, salutami ancora te ne prego, il Generale Flugi e digli che io conservo sempre con stima e rispetto la sua memoria nel cuore.   Ti abbraccio intanto e mi ripeto

 

Il Tuo Aff. mo Amico

Troiano De Filippis Delfico

_______________

(1) Antonio Tripoti (Teramo 05.06.1809 - 21.10.1872), per il suo acceso patriottismo soffrì precocemente la persecuzione borbonica.  Fu costretto, infatti, a lunghi periodi di esilio in Francia ed in Spagna e condannato in contumacia a ventiquattro anni di ferri dopo i fatti di Napoli del 15 maggio 1848.

A seguito dell'ingresso di Garibaldi a Napoli (7 settembre 1860), torna a Teramo quale membro del Comitato d'Azione con Valerio Forti, Luigi e Berardo Bonolis per organizzare il governo prodittatoriale composto da Pasquale De Virgilii, Troiano Delfico e Clemente De Caesaris, che provvisoriamente doveva dirigere l'insurrezione della provincia teramana proclamando Vittorio Emanuele II re d'Italia (8 settembre 1860).

Prigioniero nella fortezza di Pescara con Clemente De Caesaris indusse alla resa la guarnigione borbonica della piazzaforte consegnandola alla Guardia Nazionale di Chieti, recandosi subito dopo ad assediare la fortezza di Civitella del Tronto, sino alla sua caduta (20 marzo 1861). Nominato comandante dei volontari del Gran Sasso ripristinò l'ordine in diversi paesi dell'alto Sangro, di Isernia e Rionero sconvolti dalla reazione. Nel 1862, nominato dal Cialdini Ispettore della Guardia nazionale mobile si distinse nella repressione del brigantaggio nella provincia di Teramo, ritirandosi a vita privata al termine della luogotenenza in Napoli (27 ottobre 1862).

Nella sua "Memoria" manoscritta conservata presso l'Archivio di Stato di Teramo  si legge "Della vita politica di Antonio Tripoti dall'anno 1828 fino a questo giorno è inutile dir cosa; quelli cui va diretto questo opuscolo conoscono le sue sofferenze, le sue condanne, i suoi esilii, i suoi dispendii, l'arresto del padre, le persecuzioni della famiglia; conoscono infine come egli sempre abbia operato in favore del paese poco curandosi dei propri interessi i quali sacrificò sempre alla causa che oggi ha trionfata. La sua vita non fu un mistero, ed egli non ha mai cessato di meritare il titolo di onesto uomo del quale più di ogni altro va fiero. Di tanto ne potranno fare testimonianza i suoi compagni di emigrazione, di tutte le epoche, e gli uomini che nel paese non giudicano per private passioni e con spirito di partito, ma col sentimento retto della verità e della giustizia. Scopo solo di questo opuscolo è il trattare di quanto si è fatto dal Tripoti nelle ultime contingenze per la causa italiana, ma non perché questo sia di merito a cosa conseguire, ma unicamente a smascherare i malvagi che cercarono lordarlo con le loro calunnie, ed a perderlo nell'opinione di quel popolo che egli più di se stesso ha sempre amato." (Miscellanea, b. 4, c.s. 120, 1860 )