De Filippis

 

De Filippis-Delfico

 

(Teramo, 1820)

biblioteca - archivio virtuale

Stemma famiglia De Filippis-Delfico, Teramo, 1820

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Delfico

(Napoli, sec. XVIII)

(Teramo, sec. XV)

Stemma famiglia De Filippis, Napoli, sec.XVIII

Stemma famiglia Delfico, Teramo, sec.XV

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Note storiche sulla biblioteca del Real Collegio di Teramo

di Giovanni Di Giannatale

In "Notizie dalla Delfico", numero speciale, 1/1980.

Le origini della Biblioteca provinciale "M. Delfico" si possono far risalire al 1816, allorché cominciò a funzionare a Teramo un Real Collegio, addetto all'istruzione secondaria, istituito con r.d. 15.5.1813 da G. Murat (1). Il patrimonio librario inizialmente era costituito da opere acquistate dall'Amministrazione della scuola, che stanziava fondi annuali per la biblioteca e da donazioni fatte dal Ministero della Pubblica Istruzione di Napoli (2). La biblioteca del Collegio si incrementò notevolmente nel 1826 con la donazione di Melchiorre Delfico. Questi, infatti, con atto rogato dal notaio Gaetano Grue di Teramo il 15.6.1826, decise di lasciare al Collegio 290 opere per il valore complessivo di 800 ducati (3). Nell'atto non si fa menzione alcuna dell'uso pubblico della biblioteca, che, secondo la volontà del Delfico, doveva essere riservata solo ai docenti, ai convittori e agli alunni dell'Istituto: "de' quali libri debbono usarne ciascuno de' convittori, alunni, professori e studenti, in conformità dei Regolamenti che saranno fissati dalla Giunta di Istruzione pubblica, e degli usi osservati nelle biblioteche" (4). Tuttavia il Delfico non escluse che la biblioteca potesse essere utilizzata anche da persone estranee al Collegio. In una lettera del 2 aprile 1826, indirizzata al Rettore Quartaroli e al Vicedirettore Monti, il Delfico, anticipando la donazione fatta in giugno, ammetteva un uso semipubblico della biblioteca, consentendo di frequentarla a quanti avessero ottenuto l'autorizzazione dell'autorità scolastica, e prescrivendo di accordare il prestito ai "pubblici funzionari" della città, previa ricevuta (5).

Per mancanza di documentazione non ci è dato sapere se e come dopo il 1826 le autorità del Collegio rispettassero o meno le volontà espresse dal Delfico. Ad ogni modo è lecito supporre che queste ultime furono disattese o attuate in senso restrittivo, se nella seduta del 4.5.1839 il Consiglio provinciale dell'Abruzzo Ultra I chiedeva al Sovrano la conversione della biblioteca da scolastica in pubblica o civica, avanzando le seguenti proposte:1) l'utilizzazione di alcune stanze del pian terreno del Collegio, provvedendole di ingresso a parte; 2) la nomina del Prefetto d'ordine come bibliotecario con mensile retribuzione; 3) la concessione di fondi supplementari nella misura di ducati 100 annui per l'acquisto di nuovi libri (6).

Da una preziosa nota storica sappiamo che la richiesta ricevette il parere favorevole del Ministro dell'Istruzione pubblica, il quale però pose come condizione che i fondi per la dotazione della biblioteca fossero stati non a carico dello Stato, bensì della Provincia e del Comune di Teramo (7). Alla decisione del Ministro si uniformò il Sovrano, che nel Consiglio ordinario di Stato del 29 maggio 1840 approvò la richiesta del Consiglio provinciale  (8). In previsione dell'apertura al pubblico della biblioteca, il Consiglio decurionale di Teramo si riunì in data 4.6.1840, dichiarandosi soddisfatto dell'avvenimento, per l'utilità che ne sarebbe derivata ai cittadini, ma facendo notare nel contempo che per ristrettezze finanziarie poteva assicurare per la fondazione della biblioteca solo venti ducati annui a decorrere dalla data di apertura: "Il Decurionato osserva che fondandosi in questo Real Collegio una Biblioteca, giornalmente aperta al pubblico, questo Comune ne viene a riportare considerevole vantaggio. Osserva del pari che avutosi riguardo alla ristrettezza delle finanze comunali, e alla ingente somma di ducati 227, che annualmente deve al Collegio suddetto soddisfare, non si è nella circostanza di gravare il Comune medesimo di un forte annuale peso. Delibera che per la fondazione della Biblioteca di cui è parola, il Comune paghi annualmente ducati 20 a datare dal dì in cui verrà aperta" (9).

La Provincia dal canto suo, come si evince da una relazione del 6.7.1841 del Consiglio provinciale, rendeva noto che non poteva fissar i fondi per il mantenimento della biblioteca. E' lecito però ipotizzare che una qualche garanzia fosse data dalla Provincia, se la biblioteca fu aperta al pubblico il 30.5.1841 "nell'occasione della generale esultanza per la tornata del giorno onomastico di S. Maestà", come si evince dalla detta relazione, la quale peraltro aggiunge che la biblioteca in sèguito (cioè per tutto giugno) restò chiusa per mancanza di bibliotecario.

Sappiamo che ben due persone avevano inoltrato domanda all'Intendente di Teramo, marchese Spaccaforno, per la nomina a bibliotecario: il 1° giugno 1840 don Berardo Palombieri, già prefetto d'ordine e maestro aggiunto alla I cattedra (il quale aveva "supplicato" l'Intendente con lettera del 25.10.1840) (10) e il 1° settembre 1840 don Michele Marcozzi, lettore do filosofia e diritto nel Seminario aprutino.

La scelta del Consiglio provinciale cadde sul Palombieri, perché "fornito di tutte le doti richieste a tale impiego" (come si ricava dalla relazione del 6.7.1841). Era favorevole al Palombieri anche la Commissione amministrativa del Collegio, che, riunitasi il 9.6.1841, decideva di nominarlo in via provvisoria. Ma si opponeva a tale nomina il Rettore Barbarotta, il quale sosteneva che, a norma degli Statuti pe' i Reali Licei e Collegi del 14.2.1816, l'ufficio di bibliotecario sarebbe spettato al Vice-Rettore (11). Ma la Commissione amministrativa riuscì a prevalere sul parere del Rettore, con le seguenti osservazioni volte ad aggirare gli impedimenti opposti dagli Statuti: "imperocché non rimanendo detta biblioteca di solo, esclusivo uso del Real Collegio, come per lo addietro, ma diventando pubblica, ove il predetto Vice-Rettore dovesse esercitare le funzioni di bibliotecario per tre, o quattro ore del mattino, verrebbe distratto dai suoi più importanti doveri, che sono quelli di sorvegliare le scuole, gli alunni, l'ordine, con cui ogni cosa procede nell'interno del Collegio, non eccettuando il dovere di far scuola in taluni casi, o di rimpiazzare il Rettore in quelli di impedimento, o di assenza".

Il Palombieri fu nominato il 15.12.1841 e assunse servizio il 21.12.1841 (ma senza essere retribuito).

La Biblioteca fu così in condizioni di poter funzionare. Fu aperta il 1°.1.1841, dietro decreto del Ministero dell'Interno, al quale l'Intendente si era rivolto per l'autorizzazione il 15.12.1841. Non sappiamo quale orario osservasse; è lecito supporre che, se fu accolta la proposta della Commissione amministrativa del 6.9.1841, la biblioteca era aperta solo al mattino, per tre ore durante l'inverno, per quattro ore durante l'estate. Faceva parte del primo organico della biblioteca anche un servente o manuale, come si desume dalla nota storica (12). E' probabile che il primo servente sia stato Sebastiano Mancini, che in data 26.12.1841 ne aveva fatto richiesta all'Intendente di Teramo.

Il Palombieri, del quale si è detto sopra, fu in servizio come "bibliotecario provvisorio" e senza retribuzione (13) (come si apprende da una sua lettera di protesta inviata all'Intendente il 18.10.1844) dal dicembre 1841 all'agosto del 1845. Il Consiglio provinciale già dal gennaio 1843 aveva chiesto al Sovrano l'autorizzazione a convertire il Palombieri in "bibliotecario effettivo" (cioè di ruolo). Il Sovrano non fu contrario alla richiesta, ma rispose che per concedere l'autorizzazione era necessaria l'approvazione del Decurionato. Poiché questo nell'assemblea del 5.2.1844 deliberò che il Palombieri era soggetto idoneo a ricoprire l'incarico, l'Intendente poté procedere alla nomina definitiva in virtù del regio rescritto del 13 agosto 1845 (Palombieri prestò giuramento il 17.11.1845). Nel frattempo il Consiglio decurionale, nella stessa seduta, approvava tre persone indicate dal Consiglio provinciale per la formazione di una Commissione preposta all'acquisto dei libri: si trattava di Gregorio De Filippis Delfico, Pancrazio Palma, Emidio De Marinis (nominati tutti tra l'agosto e il settembre 1845), i quali disponevano di un fondo di ducati 52 annui.

Il Palombieri coprì il posto fino a quando passò a rivestire l'ufficio di Vice-Rettore del Collegio, come risulta da una lettera del 7.9.1848 inviata dall'Intendente al Ministro dell'Istruzione pubblica. E' probabile che abbia rassegnato le dimissioni ai primi di dicembre del 1846, se il 16 dicembre dello stesso anno l'Intendente scriveva al Rettore, pregandolo di indicargli "un individuo idoneo ed abile a poter sostenere provvisoriamente la carica di bibliotecario in questo Real Collegio". Al Palombieri subentrò Stefano De Martinis a partire dal gennaio del 1847, come risulta da una lettera inviata dallo stesso al Presidente del Consiglio provinciale il 2 maggio 1847, nella quale tra l'altro chiedeva di essere trasformato in impiegato effettivo e di essere retribuito con ducati 12 al mese. Il Consiglio provinciale, riunitosi il 9 maggio 1847 nel palazzo dell'Intendenza, sotto la presidenza di Nemesio Ricci, accolse la prima istanza e in parte anche la seconda, deliberando di rendere bibliotecario stabile il De Martinis con la gratificazione annua di ducati 100, da ascriversi però nei fondi del Collegio, non della Provincia (in considerazione del fatto che "questa spesa è più giusto che sia a carico del Collegio istesso"). Ma affinché la deliberazione diventasse esecutiva, occorreva la ratifica del Sovrano, come si ricava da una lettera dell'8.11.1848 indirizzata all'Intendente di Teramo dal Ministro dell'Istruzione pubblica. Il quale faceva notare che "fino a quando S. M. non approva il voto espresso dal Consiglio provinciale, da me non potrà darsi nessun provvedimento all'oggetto", e aggiungeva che il fondo fissato per il compenso al De Martinis non doveva gravare per intero sul Collegio, "godendo del beneficio della Biblioteca anche la Provincia". Ma l'approvazione del Re non arrivò, se dalle carte d'archivio, come scrive Savorini, "non risulta ch'egli riuscisse ad ottenere, come il Palombieri, la proprietà della piazza di Bibliotecario"(14).Da quanto è venuto a nostra conoscenza, emerge che il 30.12.1848 il Ministro della Istruzione pubblica prescriveva all'Intendente quanto segue: 1) la nomina del De Martinis a bibliotecario effettivo poteva aver luogo se fosse stata di gradimento anche del Consiglio decurionale (del quale si attendeva quindi decisione in merito); 2) i fondi relativi alla retribuzione del Bibliotecario non dovevano gravare sul bilancio del Real Collegio. Non sappiamo quale fosse il parere del Decurionato e neppure se la Provincia avesse deciso ad accollarsi la spesa per il mantenimento del bibliotecario. Fatto è che il De Martinis restò "provvisorio" fino al dicembre del 1849, allorché fu licenziato per effetto del r.d. 6.11.1849 n. 1336, che conferiva la direzione, amministrazione e disciplina del Collegio ai PP. Barnabiti della Provincia napoletana, a decorrere dal 1°.1.1850 (15). Con la gestione barnabitica, che durò fino al settembre del 1861 (16), la biblioteca fu chiusa al pubblico e adibita solo ad uso dei collegiali e dei professori, come era avvenuto prima del 1842 (17). Subito dopo la proclamazione del Regno d'Italia (avvenuta a Torino il 17.3.1861), il Ministero della Pubblica Istruzione provvide a decretare il riordino e la sistemazione di tutte le biblioteche scolastiche e pubbliche dell'ex Regno delle due Sicilie. In applicazione a quanto richiesto dal Ministero, il Governatore di Teramo in data 24 maggio 1861 comunicava al Rettore del Liceo, il Barnabita Luigi Aguilar, che il Segretario generale incaricato dal Dicastero della Pubblica Istruzione aveva chiesto, con ministeriale del 18.5.1861, informazioni sulle biblioteche esistenti nella provincia al fine di provvedere alla loro revisione e ristrutturazione. Dopo aver acquisito le opportune notizie, il Governatore il 31.5.1861 rispose al Segretario generale, dicendo che la sola biblioteca esistente a Teramo era quella del Liceo e precisando che avrebbe provveduto al più presto a formulare un elenco dei libri per soggetto, poiché era sprovvista di un regolare catalogo generale. Il Rettore il 4.6.1861 fornì al Governatore i seguenti dati: il patrimonio librario ammontava a n. 503 opere (per un totale di volumi 1535) così ripartite: n. 13 di letteratura sacra, n. 58 di scienze naturali, n. 114 di storia, n. 38 di archeologia e n. 63 di miscellanea. Dopo aver ricevuto i dati richiesti, il Segretario generale della Pubblica Istruzione (L. Settembrini) in data 18.6.1861 scrisse al Governatore di Teramo, per sapere da lui "se la biblioteca suddetta è posta in modo da poter esser pubblica".

Il Governatore replicò al Segretario generale con lettera del 26.6.1861, in cui lamentava lo stato di inadeguatezza del locale, ove era ubicata la biblioteca, senza però rispondere al quesito sopra ricordato; faceva altresì notare che la stanza era così angusta da non essere più atta a contenere altri libri e ad offrire "alle persone che vi recherebbero a studiare la necessaria comodità", avanzando la proposta di impiegare un altro locale dopo i lavori di ampliamento del Liceo. Il Segretario il 5.7.1861 si dichiarava d'accordo con le proposte fatte, ordinandogli di ascrivere nel capitolo di spesa della Provincia la somma occorrente per i lavori sopra detti: "Bramerei infine che ella procurasse di stabilire una somma sui fondi provinciali per l'ingrandimento e la manutenzione dello stabilimento suddetto". Non abbiamo la lettera di risposta del Governatore, al quale il Settembrini si rivolse il 19.7.1861, ribadendogli che l'intenzione del Governo era quella di rendere pubblica la Biblioteca, come già il Consiglio provinciale sapeva: "E' mestieri che codesto Consiglio [provinciale], conoscendo questa intenzione del governo, e non disconoscendo punto l'utilità della cosa stabilisca una somma perché la biblioteca che ora è in codesta provincia sia resa pubblica e ben fornita di libri, e una somma annuale per il soldo degli ufficiali, e il materiale suo mantenimento e incremento". Il desiderio del Settembrini fu esaudito, se il Governatore il 23.7.1861 ordinò al Rettore che la biblioteca doveva restare aperta al pubblico tutti i giorni, nelle ore che il Rettore stesso meglio giudicasse opportuno; e se la Deputazione provinciale il 24.7.1861 avvertiva il Governatore che sarebbero stati stanziati i fondi richiesti dal Segretario generale nel bilancio da sottoporsi all'esame del Consiglio provinciale: "Signore, la Deputazione provinciale allorché preparerà il bilancio annuale per sottoporlo al Consiglio, non mancherà di stabilire una somma, onde questa pubblica biblioteca venga ben fornita di libri, e una somma per gli ufficiali e pel materiale di mantenimento della spesa". La Deputazione, però, faceva presente che al momento non avrebbe potuto far conoscere la sua decisione, poiché il Consiglio si sarebbe riunito in settembre.

Poiché non disponiamo della documentazione, non siamo in grado di sapere quale fosse stata la deliberazione del Consiglio provinciale. Probabilmente dovette essere positiva. Però prima che la biblioteca funzionasse, dovè attendersi parecchio, se L. Vinciguerra in una lettera del 13.6. 1862 inviata al Prefetto diceva che essa doveva aprirsi, e chiedeva al regio funzionario il catalogo dei libri che "fa mestieri per aprire la mentovata biblioteca, ad uso non meno di questo Istituto che del pubblico". La notizia tramandata dal Mezucelli (18) e poi ripresa dal Savorini (19), secondo cui la biblioteca fosse stata aperta l'8.4.1862, appare infondata da quanto sopra riportato. Fissare una data precisa è impossibile; si può solo supporre come probabile il periodo compreso tra la seconda metà di giugno e luglio 1862 (20).

Nel concludere queste note, occorre ricordare che il Governo aveva provveduto al miglioramento della biblioteca prima che il Liceo fosse abbandonato dai Barnabiti. Il 3.8.1861 Gaetano Jandelli, Ispettore degli Studi di Penne (poi primo Preside del R. Liceo Ginnasio nell'anno scolastico 1861-1862), aveva stilato un elenco di opere storiche e filosofiche, che mancavano nel catalogo della biblioteca, affinché fossero acquistate dall'Amministrazione provinciale di Teramo. Jandelli così scriveva in una relazione inviata al Consigliere (facente funzione di Governatore) di Teramo: "Non prima d'oggi ho potuto compiere l'onorevole incarico che ella m'ha affidato, con lettera del 24 luglio – 4° uff., III carico n. 95  e troverà in seno di questa un notamento di libri ch'io stimo più utili ad acquistare con la minuta messa a sua disposizione dal Dicastero di Pubblica Istruzione. Veramente la modica somma non basterà neppure a cotale acquisto; ma ella scelga, fra le categorie da me segnate, gli autori meno conosciuti e le opere meno volgari. Le restituisco il catalogo de' libri esistenti nella biblioteca del R. Liceo, il qual ho tenuto presente".

Riportiamo gli autori segnalati dal Jandelli: Leibniz (opera omnia), Kant (opera omnia tradotta in italiano o in francese), Fichte, Schelling ed Hegel (tutte le opere), Jouffrey (Melanges philosophiques, pubblicate dal Danieron), Bruno e Campanella (tutte le opere), Vico (Principi di una scienza nuova, De universi juris uno principio et fine uno, De nostri temporis studio rum ratione, De antiquissima Italorum sapientia ex latinae origini bus eruenda: liber metaphisicus), Rosmini (Del supremo principio della metodica e di alcune sue applicazioni, Teodicea, Aristotele esposto ed esaminato, Teosofia), Cicognara (Storia della cultura dal suo Risorgimento in Italia fino al secolo di Canova), Lanzi (Storia pittorica d'Italia), J.Ch.L.De Sismonde (Histoire des republiques italiennes du Moyen Age), Leo (Storia delle città italiane nel Medio Evo), Giannone (Istoria civile del Regno di Napoli), Botta (Storia d'Italia continuata da quella del Guicciardini), Troya (Storia d'Italia nel Medio Evo), Balbo (Sommario della storia d'Italia).

Provoca un certo stupore oggi trovare autori della filosofia italiana, come Vico, di quella tedesca, come Kant ed Hegel (le cui opere erano abbastanza diffuse nel Regno di Napoli e note attorno agli anni '50 del XIX sec. Per il tramite di Colecchi e Spaventa). L'assenza dalla biblioteca del Collegio di questi ultimi non può essere tuttavia imputata ad ignoranza dei professori (tra i quali figuravano filosofi e teologi insigni, come l'Aguilar) (21), sibbene all'indirizzo filosofico seguito dai PP. Barnabiti e instaurato nella loro decennale direzione della scuola: il quale essendo metafisico, nella direzione scolastico-aristotelica, non poteva non avversare e respingere i testi del criticismo e dell'idealismo tedesco, ritenuti perniciosi per la formazione di una dottrina avente finalità nettamente religiosa e teologica.

Il "Gabinetto Delfico" nel 1910

Il "Gabinetto Delfico" nel 1910

Una sala della "Delfico" a S. Matteo in una fotografia dei tardi anni '20

Una sala della "Delfico" a S. Matteo in una fotografia dei tardi anni '20

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(1) Il Real Collegio di Teramo fu progettato dalla legge 30.5.1807, n. 140 e regolato dal r.d.29.11.1811 n. 1146 e dagli Statuti pe' Collegi e per le scuole secondarie del 14.2.1816. Il r.d. 16.5.1913 n. 1767 stabiliva l'erezione in Teramo di un Collegio senza convitto (art.1) e predisponeva le seguenti cattedre: grammatica inferiore e media, grammatica superiore, umanità e retorica, filosofia e matematica ma, nell'atto di apertura del Collegio, avvenuta il 20.1.1814, e per tutto l'anno sc. 1814-15 ne funzionarono solo tre: grammatica inferiore, umanità e retorica, filosofia e matematica, coperte rispettivamente da Giuseppe Luciani (destituito nel 1815: cfr. Archivio di Stato di Teramo, Intendenza Francese, b. 108, f. 2390), Fulgenzio Lattanzi (destituito nel 1821: cfr. G. Di Giannatale, I Barnabiti nel Real Collegio "San Matteo" di Teramo, in "Notizie dell'economia teramana", nn. 3-4, 1983, p. 70, nota 4), Giacinto Chiarizia (destituito nel 1815: cfr. Archivio di Stato di Teramo, Intendenza Francese, b. 108, f. 2392). Da principio la scuola fu sistemata presso i locali dell'ex convento di S. Francesco; poi dal 1816 presso l'ex Monastero delle Benedettine di San Matteo. Il Convitto cominciò a funzionare nel 1818 e fino al 1820 ebbe come sede il palazzo Ippoliti, ubicato nei pressi dell'attuale Prefettura (cfr. Archivio di Stato di Teramo, Intendenza Borbonica, b. 44, f. 153), passando poi nei locali dell'ex Monastero di San Matteo.

(2) Cfr. l'interessante e preziosa relazione, dal titolo "Per la sistemazione giuridica della Biblioteca M. Delfico", redatta da Luigi Savorini per il Sindaco e il Consiglio comunale di Teramo in data 4.1.1909, in Archivio storico del Comune di Teramo, b. 443, f. 28, cat. IX, classe X. [il testo della relazione è stato pubblicato a cura di G. Palmieri in "Notizie dalla Delfico" 2/1989, pp. 21-27]. Per avere un'idea delle opere acquistate dal Collegio dal 1814 al 1849, previa autorizzazione della Commissione amministrativa, rinvio al carteggio contenuto nel seguente fondo dell'Archivio di Stato di Teramo, Intendenza Borbonica, b. 40, ff. 138-151. I libri donati dal Ministero della Pubblica Istruzione di Napoli furono pochi, come si evince da un "questionario per la statistica delle biblioteche", in cui si dice che "il primo nucleo di volumi inviati per lo più dal Dicastero della P.I. di Napoli fu esiguo" (cfr. Archivio storico del Comune di Teramo, b. 443, f. 34). – Qualche cenno sulle origini della biblioteca in G. Palmieri, L. Savorini e la "M. Delfico", in "Notizie dalla Delfico", n. 3, 1987, p. 3; l'autore scrive che la biblioteca sorse come "libreria scolastica in seguito alle riforme francesi sull'istruzione pubblica", citando a proposito come riscontro l'art.15 del r.d. n. 1146/1811, ove però non si parla di "libreria scolastica" né si fa cenno alcuno all'istituzione di biblioteche nei R. Collegi. Neppure gli altri decreti francesi sull'istruzione pubblica nel napoletano fanno riferimento alle biblioteche (evidentemente la loro attivazione era considerata ex silentio conseguenziale alla fondazione di una qualsiasi scuola pubblica).

(3) Cfr. Archivio di Stato di Teramo, Fondo Notarile, protocolli del Notaio G. Grue, b. 1424, not.482, vol.5, ff. 192-193. All'atto segue, ai ff. 194-206, il catalogo dei libri, disposti in ordine alfabetico. La donazione fu approvata dal Sovrano con r.d. 27.1.1827 (vedi PALMA, Storia, vol.IV, Teramo 1834, p. 335). La collezione fu consegnata al Collegio il 7.4.1827 con strumento di consegna e quietanza rogato dal notaio Grue (vedi. PALMA, Storia, Ibidem, p. 335). A. Marino in un recente studio sulla biblioteca di Melchiorre Delfico (Scritti inediti di M. Delfico, Chieti 1986, p. 144, n. 4) incorre in un'imprecisione, in quanto ritiene che i libri donati al R. Collegio sono quelli contenuti in un altro elenco, che si può consultare presso l'Archivio di Stato di Teramo (Fondo Delfico, b. 20, f. 285, ff. 54). Tali opere, che non corrispondono a quelle riportate nel catalogo sopra detto, appartengono molto probabilmente alla libreria privata del Delfico. Noto, infine, un'altra imprecisione, quando Marino scrive che il Delfico donò i suoi libri al Comune di Teramo e non al Real Collegio (p. 144).

(4) Il Delfico stabiliva, tra l'altro, che in caso di soppressione del Collegio la fondazione sarebbe passata al Comune di Teramo, che perciò avrebbe contratto l'obbligo di assicurarne l'uso secondo i Regolamenti prescritti per le biblioteche del Regno di Napoli: "Avvenendo però che il Collegio predetto fosse abolito, allora detta condizione debba rimanere a questo Comune di Teramo, il quale sarà tenuto a conservarla, a darne l'uso, sempre in conformità dei regolamenti in vigore nelle biblioteche". Sappiamo che il Decurionato di Teramo accettò la condizione posta dal Delfico, previa autorizzazione del sovrano rescritto del 22.6.1830 (cfr. Archivio storico del Comune di Teramo, b. 43, f. 28, cat. IX, classe X). Ma poiché l'ipotesi della soppressione non si verificò, il Comune quindi non fu mai in grado di poter acquisire il diritto prescritto dal Delfico.

(5) Il testo della lettera è riportato parzialmente e commentato dal Savorini nel saggio L'uso pubblico della Biblioteca "M. Delfico" di Teramo dal 1826 al 1908, Teramo 1909, pp. 3-6. L'originale è reperibile nel "Fondo Delfico" della Biblioteca provinciale di Teramo (presso la quale esiste anche una copia, di mano del Savorini, esposta ora in una parete del corridoio d'ingresso). Occorre compiere qualche osservazione sul modo in cui il Savorini interpreta sia l'atto Grue che la lettera del 1826, in quanto ritiene che i due documenti offrono la prova che la biblioteca, per volontà del Delfico, fosse stata destinata al pubblico. Savorini scrive, infatti, che nell'atto rogato dal Grue si fissa come "obbligo principale che la biblioteca dovev'essere conservata e mantenuta ad uso pubblico" (op. cit., p. 3), ovvero che la donazione del Delfico dava "carattere pubblico alla biblioteca" (cfr. Relazione del 4.12.1909, citata alla nota 2). Meravigliano non poco queste affermazioni, perché l'atto non fa parola alcuna dell'uso pubblico della biblioteca, prescrivendo a chiare lettere, come s'è visto dal passo da noi riportato, che i libri dovevano essere utilizzati solo da docenti e allievi del Real Collegio. Come spiegare questa arbitraria deduzione? E' probabile che il Savorini, impegnato negli ultimi anni 1908-1909 a difendere la tesi del carattere pubblico della biblioteca (onde attribuire l'onere finanziario al Comune di Teramo), fosse indotto, per conseguire il suo fine, a compiere le illazioni sopra riportate, attribuendo al Delfico le intenzioni espresse nella lettera del 2 aprile 1826, come dire che leggesse l'atto Grue alla luce di quest'ultima. Senonché, se si vuole essere rigorosi, neppure la lettera permette di fondare e comprovare la tesi del Savorini. Eccone la ragione. Se l'ammissione degli esterni in biblioteca doveva essere subordinata al parere e al gradimento delle autorità scolastiche (Rettore o Vice-Rettore), e se il prestito dei libri era concesso solo ai "pubblici funzionari", ne consegue che non si può parlare di un uso pubblico della biblioteca, ma semmai "semi-pubblico", giacchè essa, a motivo delle due condizioni enunciate dal Delfico, non era destinata indifferentemente a tutti i cittadini, ma agli impiegati governativi e a quei pochi privati che avessero avuto il permesso di accedervi (sicché non si può parlare di "biblioteca pubblica" nel senso pieno del termine).

(6) Archivio di Stato di Teramo, Atti del Consiglio provinciale, vol. IV, dal 1837 al 1841, seduta del 4.5.1839, f. 102. A tale deliberazione accenna il Savorini (L'uso pubblico della Biblioteca ecc., op. cit., p. 7), osservando che "il Consiglio provinciale proponeva che si aprisse almeno provvisoriamente la "Melchiorre Dèlfico"". Anche in tal caso il Savorini legge nel documento qualcosa che non c'è: infatti il consesso provinciale chiede al Sovrano semplicemente l'apertura al pubblico e non l'apertura provvisoria, di cui non si fa menzione alcuna al punto 2° della deliberazione ("che i libri di detta biblioteca siano all'uso non solo de' Collegiali, ma del pubblico…").

(7) Archivio di Stato di Napoli, Pubblica Istruzione, stanza 136, fasc.202: "Il parere del Ministro d'allora fu, che ad esempio degli altri capoluoghi di provincia, poteva approvarsi che la biblioteca nel pianterreno del Collegio di Teramo co' libri, che aveva, e con quelli che si sarebbero andati ad acquistare, ma che bisognava però che il Consiglio e il Decurionato di Teramo deliberassero per i fondi da assegnarsi annualmente per la dotazione della biblioteca, parte a carico del Comune capoluogo".

(8) Archivio di Stato di Napoli, Ibidem, stanza 136, fasc.203.

(9) Archivio di Stato di Teramo, Intendenza Borbonica, p. 64. Avverto il lettore che tutte le altre notizie relative alla biblioteca e ai bibliotecari sino al 1861 sono desunte dal citato fondo, provvedendo a segnalare, ove ne sia fatto l'uso, le altre fonti adoperate.

(10) Il Palombieri insegnò, a titolo di "maestro aggiunto" (cioè provvisorio), lingua italiana nel R. Collegio di Teramo, in sostituzione del can. Timoteo Wagnon di Castagneto (già docente di sacra scrittura nel Seminario aprutino e titolare di grammatica italiana nel R. Collegio, per vincita del concorso, in virtù del r.d. 3.3.1819) deceduto nel 1839. Fu nominato "proprietario", cioè professore di ruolo, con r.d. 4.7.1845 e fu in servizio fino al 31.12.1849, giacchè il 1.1.1850 il Collegio passò sotto la direzione e l'insegnamento dei PP. Barnabiti della Provincia napoletana (rimando, per tale aspetto, ai miei saggi I Barnabiti nel Real Collegio "San Matteo" di Teramo, 1850-1861, in Atti del V Convegno L'Abruzzo e il teramano nella seconda metà dell'‘800, Teramo 1984, pp. 181-196, e  I Barnabiti nel Real Collegio San Matteo, II parte, in "Notizie dell'economia teramana", nn. 7-8, 1983, pp. 54-63).

(11) Camillo Barbarotta fu nominato Rettore del Collegio di Teramo dal r.d. 7.4.1828 e messo in funzione con regio rescritto 1.7.1829. Morì nell'agosto 1845 e fu sostituito da don Liborio Manca. Ebbe come Vice Rettore dapprima don Nicola Miceli (dal 1829 al 1837) e poi don Francescantonio Cundari (dal 1838 al 1845), già Prefetto d'ordine nel Collegio di Cosenza. Per questi dati cfr. Archivio di Stato di Teramo, Intendenza Borbonica, p. 52, f. 97. – Il Barbarotta invocava l'art.52, tit.VI, degli Statuti pe' i Reali Licei del Regno di Napoli (cfr. Collezione delle leggi e dei decreti reali del Regno di Napoli, a. 1816, Napoli 1816, pp. 2-72), il Regolamento della Presidenza della Giunta di P.I., formato il31.5.1826, che attribuivano gli uffici e le competenze di bibliotecario al Vice Rettore.

(12) Archivio di Stato di Napoli, Pubblica Istruzione, stanza 136, fasc.202.

(13) Sebbene la Provincia avesse stanziato per il bibliotecario un compenso di ducati 36 annui, a partire dal 1842 (come si evince da un sovrano rescritto del 5.3.1843), il Palombieri di fatto non percepì nessun compenso.

(14) Cfr. L. Savorini, L'uso pubblico della biblioteca…,op.cit., p. 9.

(15) Sul passaggio del Collegio ai PP. Barnabiti rimando ai saggi indicati alla nota 10.

(16) I Barnabiti lasciarono il Collegio-Convitto che nel 1857 (in virtù del r.d. 20.8.1857 n. 4356, art.1) era stato elevato al rango di "Real Liceo" (istituto di carattere universitario con 2 facoltà: di medicina-chirurgia e legge), il 21.10.1861, allorché firmarono, nella persona del Rettore Luigi M. Aguilar, il verbale di consegna dei locali e di tutti i beni appartenenti alla scuola. Sulla soppressione dei Licei borbonici e sulla loro conversione in R. Licei Ginnasiali, determinata dall'estensione della legge (13.11.1859, n. 3725) nell'ex Regno delle due Sicilie, rinvio al mio saggio Il Real Liceo "S. Matteo" (1857-1861) – breve esistenza di una Università degli Studi a Teramo, in "Notizie dell'economia teramana", nn. 1-2-34, 1984, pp. 82 e ss, -  Sulla consegna della scuola alla Commissione provvisoria di Amministrazione del R. Liceo-Convitto da parte del rettore Aguilar vd. I Barnabiti nel Real Collegio San Matteo di Teramo, in Atti del V Convegno…,op.cit., p. 189, nota 23.

(17) Cfr. B. Mezucelli, Istruzione secondaria dal 1750 al 1860, in Monografia della Provincia di Teramo, Teramo 1982, pp. 207-213.

(18) B. Mezucelli, op. cit., p. 212.

(19) L. Savorini, L'uso pubblico della Biblioteca…op.cit., p. 11.

(20) Il patrimonio già considerevole della biblioteca del Liceo Ginnasio si accrebbe con la legge 7.7.1866 n. 3036, che soppresse e incamerò i beni delle Congregazioni religiose. Il Ministro della P.I. d'accordo col Ministro guardasigilli e con l'Amministrazione del demanio, cedeva al Comune di Teramo per uso della biblioteca le collezioni librarie dei seguenti Conventi: ex Cappuccini di Civitella del Tronto (di ignota entità), Minori delle Grazie di Teramo (1604 voll.), ex Benedettine di Teramo (317 voll.), ex Benedettine di Campli (di ignota entità). Cfr. Archivio storico del Comune di Teramo, b. 443, cat.IX, classe X.

(21) Sulla figura di questo insigne Barnabita, nominato nel 1879 vescovo di Brindisi e Ostuni da Pio IX, vd. il mio saggio I Barnabiti nel Real Collegio "San Matteo" di Teramo, in "Notizie dell'economia teramana", nn. 7-8, 1983, pp. 58-69.