De Filippis

 

De Filippis-Delfico

 

(Teramo, 1820)

biblioteca - archivio virtuale

Stemma famiglia De Filippis-Delfico, Teramo, 1820

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Delfico

(Napoli, sec. XVIII)

(Teramo, sec. XV)

Stemma famiglia De Filippis, Napoli, sec.XVIII

Stemma famiglia Delfico, Teramo, sec.XV

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Melchiorre Delfico e Giuseppe Maria Giovene

(Lettere inedite di Melchiorre Delfico)

di Antonino Tripepi

In Rivista Abruzzese di Scienze Lettere ed Arti, a. XIX, 1904, pag. 57

Due amici, due figure altissime.

«Volere le stesse cose, non volere le stesse cose, questa in fondo è la vera amicizia», ci insegnò Sallustio: e veri amici furono Melchiorre Delfico, l’illustre figlio della terra d’Abruzzo, e Giuseppe M.a Giovene, amici avvinti da reciprocanza di affetti e di nobili sensi, irradiati dal chiaro lume intellettuale di amore intenso al bello nelle arti e nelle lettere, di profondo culto alle scienze.

Fra i manoscritti della biblioteca Sagarriga-Visconti in Bari, è una preziosa serie, non breve, di lettere del conte Delfico all’arciprete Giovene.

Ne pubblico alcune, che certo non andranno per neglette vie: sono lo specchio di una grande anima, sono nuovi documenti di qualche interesse. Se ragioni del mio ufficio non mi avessero costretto a sospendere il modesto lavoro di indagini nella biblioteca barese, e se altre difficoltà non mi avessero reso impossibile il completamento della raccolta delle lettere, qui in Potenza, avrei pubblicato intero il voluminoso carteggio, ignorato forse sin’adesso da altri, che ora molto meglio di me potrà fecondarlo e dargli vita.

Ai lettori di questa Rivista non dirò io chi sia stato Melchiorre Delfico; sarebbe vana presunzione, ed anche ridicola, la mia. Ma dell’arciprete Giovene tanti potranno domandare: Chi era costui? Non è male quindi che se ne faccia una solenne presentazione, con le norme di reverente etichetta che l’uomo richiede.

Nato in Molfetta il 23 gennaio 1793, Giuseppe M.a Giovene fu un dotto, nel più ampio significato della parola. Giusperito, sì che notai, cittadini, deputati di capitoli e di comunità religiose non mancavano di consultarlo nelle più astruse quistioni giuridiche; maestro di discipline ecclesiastiche, teologo ed oratore sacro eloquentissimo, archeologo e filologo, coltivò specialmente le scienze naturali.

Negli «opuscoli scelti» di Milano, nel «Giornale letterario» di Napoli e negli «Atti della Società italiana delle scienze» - dove il Giovene occupò, fra quaranta socî, il posto tenuto dallo Spanlanzani [sic ma Spallanzani], - videro la luce dieci discorsi meteorico-campestri, ricchi di osservazioni e di precetti, e molte dissertazioni scientifiche ed economiche. Una sua memoria sulla nitrosità generale delle Puglie fu riprodotta in francese dallo Zimmermann, e la sua opera Kalendaria Vetera MSS. destò l’ammirazione dei dotti e di papa Gregorio XVI. Gli «Annali civili del Regno di Napoli» così scrivevano di questo lavoro: «…se si ponga mente a quanta suppellettile di cognizioni «ecclesiastiche, di scrittori, di svariate opinioni, di sottili ragionari aveva d’uopo l’autore; quanta «oscuratezza di Storia doveva chiarire, come doveva immergersi nelle tenebre del medio evo e colla «guida di finissimo giudizio e di maravigliosa erudizione uscirne con felice successo, sembrerà, «com’è di certo, lavoro di archeologo allevato alla vecchia scuola di profonda meditazione e di «accurata incessante fatica. Il Mazzocchi fece lo stesso per i calendari della chiesa napoletana e di «simil genere è quello delle tavole eraclesi, per il quale fu salutato a nome dell’Accademia reale «delle Scienze di Parigi dal segretario Carlo Le-bean col titolo di miracolo della letteraria Europa. «Solamente avvertiremo che pregevolissime sono le notizie storiche e liturgiche ricavate dal codice «di S. Sepolcro: quelle intorno alla discesa del fuoco sacro nella chiesa di Gerusalemme: la «discettazione intorno all’autore della Guerra sacra: le annotazioni sui luoghi attraversati da «S.Niccolò Pellegrino nel suo viaggio di Otranto in Trani: commentarî storici intorno a S. Corrado «Bavaro patrono di Molfetta, all’apparizione di S. Michele Arcangelo, alla edificazione di S. Maria «de’ Martiri: i capitoli intorno ai vescovi, all’origine ed al nome della città di Molfetta; e «conchiuderemo esser quest’opera ubertosissimo campo a chi raccoglier volesse esatte notizie «intorno alla storia ed alla liturgia ecclesiastica di que’ tempi».

Dall’arciprete Giovene il seminario di Molfetta ebbe dono di una ricca biblioteca, con un assegno al sopraintendente-bibliotecario, di un museo di storia naturale, di una raccolta numismatica e di vasi italo-greci.

Sulla sua tomba, nella chiesa di S. Corrado, si legge la seguente epigrafe, che egli stesso aveva dettato:

 

ARCHIPRESBYTER IOSEPHUS MARIA GIOVENE

QUI IN FIDE FILIJ DEI VIXIT

IPSUM SALVATOREM

QUI REFORMABIT CORPUS HUMILITATIS NOSTRAE

HIC EXPECTAT

 

Questi fu l’amico al quale Melchiorre Delfico scriveva le sue lettere:

Lett.a I

Napoli 8 del [gennaio] 1791

 

Carissimo e stimatissimo amico,

Doveva credere senza fallo che Fortis (1), cui non ho mancato mai di scrivere o far scrivere, vi avesse notiziato dello stato di mia salute, ma forse è stato meglio così. Non sono ancora fuori di casa, perché la ferita non è del tutto rimarginata, il tempo è sempre piovoso e sto facendo una piccola cura di salsa e di latte per corrigere, per quanto la stagione permette, i fluidi depravati.

Potrebbe essere che in questa settimana venisse la licenza per Fortis, ma in qualunque modo io lo spero almeno per la ventura, come scriverò più distintamente.

Sento la curiosa nuova delle conchiglie (2), e ci vuol pazienza in tanta poca buona fede e corruzione generale: ma mi dispiace del vostro incomodo e disturbo.

Con D. Ciro (3), che mi ha favorito qualche volta in questo mio ritiro, avendo parlato di voi e di Molfetta, siamo ricaduti sul discorso della feudalità, per la quale mi ha dato conto dei passi da lui avanzati e delle varie circostanze, dalle quali ho potuto rilevare che se faceste la risoluzione d’inviare qui un deputato con tutte le facoltà e con mezzi l’affare si potrebbe ravviare felicemente. Oh se questo deputato fosse chi ha l’anima libera ed il cuore virtuoso! (4).

I nostri sovrani ci faranno sospirare ancora per un pezzo il loro ritorno, poiché dopo la ratifica della cessione della Toscana, per la quale vi era stato qualche disturbo, si sono determinati a non partire da Vienna che a marzo.

Pazienza se i miei desiderj numismatici restano inariditi, e mi rifido in tutto su la vostra amichevole diligenza.

Prendete mille saluti etc.

Devotissimo ed obbl.mo

MELCHIORRE DELFICO

Lett.a II

Napoli 12 Marzo 1791

 

Mio amatissimo amico,

Eccovi finalmente nuove proprie del Fortis. La Dalmazia lo tenne 18 giorni; ma Venezia gli aveva fatto già dimenticare – La noia e ‘l mal della passata via. – Sia felice e contento, che è quello che importa.

Siccome dalla vostra della passata pensai che chiedevate notizie dei luoghi saliferi in generale, così mi promisi di far delle ricerche fra alcuni viaggiatori che mi trovo; ma avendo poi veduto dalla lettera di questa settimana, che le notizie le desiderate del Regno, ho sospeso di far quel notamento, che sarà del resto sempre a vostra disposizione, se volete. Intanto per la Calabria troverete tutto nel Barrio (5), il quale fu diligentissimo; ma per gli altri luoghi del regno le notizie che si hanno sono molto superficiali. Se avete avuto il quarto tomo del sig. Galante (6), vi troverete: pag. 267, che parla di una miniera di sale nelle vicinanze di Montefuscoli, la quale fu chiusa quarant’anni addietro; pag. 282, che nella campagna di Avellino vi sono molti pozzi di sale; e pag. 287, che nelle vicinanze di Rocca S. Felice, nel luogo detto Palombara, vi è una sorgente che dà molto sale. Per le provincie di Apruzzo, pregherò il padre Cermelli (7) acciò dal viaggio fatto per quelle provincie, e che stamperà, m’indichi i luoghi saliferi che ha veduti ed osservati,se non avrà difficoltà di far tal favore che non sarebbe poi grande.

I quesiti sono molti, ma alcuni mi sono parsi anche superflui, ed altri che possono meritare delle risposte generali. La ricerca nella sua generalità può diventare però interessantissima, e sarà curioso il trovare perché la natura ha salati esorbitantemente alcuni luoghi, mentre ha lasciati alcuni altri nella totale insipidezza. La Siberia p. e. è la regione la più salifera, e nell’Irlanda poi non si trova vestigio di sale. Si trova, credo, in tutte le specie di terre o pietre, ed in diverse maniere.

Per la Sicilia non ho libri, ma mi ricordo benissimo che nel viaggio del sig. Swinburne (8) vi sono diverse indicazioni.

Queste ricerche uscendo dalla vostra penna e dal vostro sagacissimo ingegno, saranno della massima importanza.

Le conchiglie, meritata che avran la vostra approvazione, potrete indirizzarle all’Ill.mo  sig. Paolo Tonati, Venezia, contrada di S. Vidal, che io avviserò contemporaneamente, ma dovete indicarmi la barca e ‘l padrone.

Mio nipote (9) non potè eseguir nulla a proposito per mancanza di numero necessario di crogiuoli dei quali si doveva servire. La Chimica è poco esercitabile senza comodi e danari.

Mi lusingo che per le medaglie siate stato favorito e che io possa godere di qualche bello acquisto per mezzo della vostra amicizia.

La voce che si alzò dal Concordato sembra ora verificata. Si è ceduto finanche alla Ghinea, colla sola restrizione di prestarsi ad ogni nuovo papato, ciocchè la rende anche più clamorosa.

I Sovrani scrivono confermando la parola di volersi trovare qui per martedì di Pasqua.

Fa gran freddo, ma finisco caldamente abbracciandovi etc.

Vostro dev.mo ed aff.mo

MELCHIORRE DELFICO

Lett.a III

Napoli 16 aprile 1791

 

Carissimo, - Le lettere dell’amico (10) sono sempre consolanti per nuove della sua buona salute e disposizione degli affari; ma questi, e le riflessioni, sempre migliori ad animo tranquillo, l’ànno ritenuto d’andare a Venezia nel tempo delle feste: (11) ciocchè, a parer mio, è stato lodevole.

Se poi si sia presentato ai Sovrani al loro passaggio per Padova, lo sentirò dalle lettere venture.

L’altro ieri arrivò il corriere spedito da Firenze, col quale viene confermato il rimpatriamento dei padroni pel giorno stabilito della terza festa di Pasqua, se non vi sarà altra remora in Roma.

Vi acchiudo il cartellino datomi dal P. Cirmelli (12) con molti saluti, ma non parmi che vi possa essere di molto profitto.

L’opera del sig. de la Metherie (13) non l’ho qui, ma in Teramo, e scriverò perché siate servito.

Conservatevi etc.

V. div.mo ed aff.

MELCHIORRE DELFICO

Lett.a IV

Napoli 30 Aprile 1791

 

Dilettissimo amico, - Eccovi una lettera riboccante dell’amico nostro (14), il quale, appena partita la Corte da Padova, si era ritirato ai suoi monti.

Avendo finalmente veduto il cav. Gioeni (15), e propostigli i vostri desideri, mi disse che essendo questo un oggetto sul quale egli aveva travagliato, e pel quale pensava lavorare e pubblicare qualche cosa, si rimetteva alla mia delicatezza, se doveva eseguire i vostri comandi. Potete immaginare, che io non insistei ulteriormente.

Avendo riveduto il nostro signor Casella, non mancai di sollecitarlo, a pubblicare almeno un piccolo piano per la Società Meteorologica, che possa servire nel tempo stesso d’eccitamento e d’istruzione; ma la di lui lentezza ha bisogno di più solleciti sproni. Mi disse però che ne aveva parlato al sig. Generale (16), il quale non è mai lontano dalle buone cose. Ma se voi venite, potrete essere più efficace, come sicuramente siete più attivo.

Ho letto con infinito piacere la vostra preziosa Memoria, favoritami da D. Ciro (17), modesta, sobria, istruttivissima, e senza lasciar alcuna vista su gli agenti i più importanti di sanità e di riproduzione. Chi sa che un giorno, con più lunghe osservazioni non si troverà anche una decisa influenza meteorologica su i rapporti morali.

Questo parmi sicuro, ma il difficile sarà determinarli. E’ ben curiosa veramente la venuta costì dell’utile Padrona e forse avrà trasentito qualche cosa.

Qui dietro troverete trascritto il luogo di M. de la Metherie rimessomi da mio nipote.

Conservatevi etc.

Dev.mo servo ed amico obbl.mo

MELCHIORRE DELFICO

Lett.a V

Napoli 14 Maggio 1791

 

Carissimo. – Questa viene col ritardo di una settimana, ma non per mia colpa.

Mi stimerei molto onorato con una deputazione per la causa pubblica di codesta città; ma se l’accettassi sarei un ladroncello di onori, che non potrei effettivamente meritare. Credo avervi scritto antecedentemente, che io a tutto Giugno conto essere fuori di Napoli, senza alcuna fissa determinazione di ritorno, avendo anche rimandato in Teramo i miei libri. Sicchè non potrei accettare una deputazione per lasciarla subito vacante. Crederei poi, che eleggendo i vostri due bravi concittadini, si dovesse lasciare loro la scelta di un altro compagno, se lo stimeranno opportuno. Se anche poi si desse il caso, che io restassi, ciocchè non sarà, vorrei che rifletteste, se non sarebbe troppo m’afficher, comparendo per un tal affare, ciocchè in questo paese potrebbe far male alla cosa stessa (18).

Non è che io tema per me, perché i miei sentimenti ha sempre piacere che sieno conosciuti, e mi lusingo, che se non mi produrranno del bene, neppure mi potranno far male.

Sto anzi ora stampando il mio biglietto di congedo dalla capitale, e come un poco lungo e più lunghi ed impuntuali sono gli stampatori, così non so se potrà essere finito per la metà di Giugno.

Qui nulla di nuovo. Mille voci per i vescovadi, ma tutto in mistero ciocchè m’indispettisce al punto di togliermi ogni curiosità.

Conservatevi etc.

Vostro div.mo ed obbl.mo

MELCHIORRE DELFICO

 

Quanta semplicità in queste lettere e che dolce riflesso di modestia e di grandi virtù civili!

La salda amicizia inter pares di Melchiorre Delfico e di Giuseppe Ma Giovene non mutò mai.

 

Potenza, Ottobre 1903

A. TRIPEPI

Archivista di Stato

_______________

(1) L’abate Alberto Fortis di Padova (1741-1805), illustre scienziato che il Denina chiama "il primo naturalista d’Italia ed uno dei primi d’Europa", fu tra’ compilatori del Giornale Enciclopedico di Vicenza; viaggiò, nel 1771, per la Dalmazia, con l’insigne Symonds e con Cirillo, fu bibliotecario dell’Istituto delle scienze in Bologna e membro dell’Istituto nazionale italiano, Scr.: Saggio di osservazioni sulle isole di Cherso ed Osero; Viaggio in Dalmazia; Sui pesci impietriti del monte Bolca, nel Veronese; Sulla cava di nitro al Pulo di Molfetta. In un viaggio nell’Italia settentrionale, per condurre il nipote agli studi di Pavia il Delfico aveva conosciuto in Toscana, in Lombardia, in Piemonte, l’abate Valperga di Caluso, Ippolito Pindemonte, Cesare Beccaria, Alessandro e Carlo Verri, Melchiorre Cesarotti, l’abate Frisi, il Toaldo, il marchese G. Giacomo Trivulzio e l’abate Fortis. Con tutti serbò salda, ininterrotta amicizia e con molti di essi il carteggio fu frequentissimo.

(2) V. lettera del 12 marzo.

(3) Ciro Saverio Minervini di Molfetta (1734-1805). Cultore insigne di lettere, di scienze naturali e di giurisprudenza. Segretario di ruota di monsignor Arpurù, a Roma; vice direttore e professore di storia e geografia, nel collegio della Nunziatella, a Napoli, socio della Reale Accademia di scienze e lettere, di Napoli, e di molte altre d’Italia. Nel 1768, il marchese Du Gillot, lo invitava ad occupare la cattedra di dritto pubblico nell’Università di Parma. Scrisse: Dell’etimologia del Monte Volture; Dell’origine e corso del fiume Meandro; Memorie pel voto dei secolari della città di Molfetta; Sulla natura laicale di alcuni benefici di Molfetta; saggio sulla religione dei Pagani; Memorie degli scrittori di storia naturale del regno di Napoli etc. etc.

(4) Cfr. anche lettera V- L’augurio del conte Delfico pare che si fosse avverato. Nel 1797, il Giovene venne in Napoli, deputato dalla università di Molfetta, affinché, unitamente a un Tommaso Filioli, avesse fatto ogni opera per riscattar la città dal conte Scotti di Milano, erede degli Spinola di Genova, che s’intitolava principe di Molfetta, quantunque negli archivi non si trovassero documenti di investitura con tale titolo.

(5) Barrio. De Antiquitate et situ Calabriae.

(6) Il quarto volume della Descrizione storica e geografica dell’Italia fu pubblicato appunto ne’ primi mesi del 1791.

(7) Di questo P. Cermelli non mi è riuscito di trovar cenno in alcun dizionario biografico. Ho forte dubbio che si tratti del P. Ludovico Gemelli, invece, calabrese, il quale, - dopo il tremuoto delle Calabrie, nel 1783 – fu dato compagno al Pignatari "per fare investigazioni intorno a quel lagrimevol fenomeno, onde risolvere il problema proposto dall’Accademia di Napoli, se l’elettricità atmosferica potesse essere considerata come una delle ragioni del tremuoto". Cfr. Dizionario biografico universale. Firenze, 1832. – Soppressi i cappuccini in Calabria, il Gemelli passò come professore in Castellamare.

(8) Viaggio nelle due Sicilie, tradotto in francese da G. B. de La Borde.

(9) Il marchese Orazio Delfico.

(10) Fortis. Cfr. lettere precedenti.

(11) Dopo il matrimonio del Principe imperiale d’Austria e del Gran Duca di Toscana con le due principesse reali di Napoli, la corte rimase lungo tempo a Vienna. Al suo ritorno ed al passaggio per Venezia non mancarono naturalmente le luminarie ed i festeggiamenti.

(12) V. lettera precedente.

(13) Anche nel 1791 vide la luce La teoria della terra.

(14) Sempre Fortis.

(15) Il cav. Giuseppe Gioeni scrisse un "Saggio di litologia vesuviana. Napoli 1790".

(16) Forse il generale Francesco Pignatelli.

(17) Ciro Minervini. Cfr. lettera I.

(18) Cfr. lettera I.