De Filippis

 

De Filippis-Delfico

 

(Teramo, 1820)

biblioteca - archivio virtuale

Stemma famiglia De Filippis-Delfico, Teramo, 1820

family web site

Delfico

(Napoli, sec. XVIII)

(Teramo, sec. XV)

Stemma famiglia De Filippis, Napoli, sec.XVIII

Stemma famiglia Delfico, Teramo, sec.XV

Homa page 

La "riduzione" della Regia Udienza nella città di Teramo

e il memoriale di Melchiorre Delfico

di Luciana D'Annunzio

Durante la guerra di successione austriaca (1741-1748) alla quale parteciparono molti stati europei, tra essi il regno di Napoli retto dall’illuminato re Carlo III di Borbone, la città di Teramo si trovò coinvolta in un evento per il quale subì una rigorosa "punizione" sovrana.

Nella primavera del 1744, mentre l’esercito spagnolo-napoletano con la battaglia di Velletri arrestava e respingeva l’ingresso nel regno di Napoli delle truppe austriache comandate dal generale Lobkowitz, mille Micheletti e cinquecento Ussari guidati dal nemico Conte di Soro entravano a Teramo, per la via di Ascoli. Era il 7 giugno.

Disgrazia volle che Pietro Carlei di Montorio, avvocato fiscale della Regia Udienza di Teramo, fosse segreto partigiano degli Austriaci  e come tale si preoccupò molto di accogliere quell’ufficiale con esagerate dimostrazioni di onore. Pretese, infatti, che il sindaco Giuseppe Onorato Ricci predisponesse per il Soro un adeguato alloggio, allestisse i quartieri per la truppa e che si recasse poi ad incontrarlo fuori Porta S. Giorgio utilizzando la carrozza offerta dal vescovo Tommaso Alessio De Rossi il quale, scrive lo storico Niccola Palma, " … dal balcone gl’ indirizzò alcune parole più di acclamazione che di complimento, delle quali si ebbe indi a poco a pentire moltissimo". Il giorno seguente si cantò il Te Deum nella chiesa di S. Maria delle Grazie e si prestò giuramento dalle autorità provinciali, tranne che dall’uditore dell’Udienza, Francesco Salazar, che era fuggito. Durante la permanenza a Teramo il Conte di Soro, come se già fosse in possesso del Regno, formò un elenco dei teramani più notabili e li assegnò chi a cariche civili, chi a quelle militari. Proseguì poi la marcia per Penne e per L’Aquila ben presto respinto verso la Marca dal colonnello Emanuele De Leon, tenente del Re nella piazza di Pescara. Il De Leon avanzò quindi verso Teramo dove, tutti quelli che dal Soro erano stati designati ad impieghi furono presi dal panico e fuggirono. In effetti il colonnello era molto prevenuto sui teramani. L’incontro però con una deputazione che lo aveva ricevuto a Forcella, le acclamazioni avute nell’entrare in città, gli addobbi messi alle finestre ed ai balconi da Porta Reale sino al palazzo del Tribunale, magnificamente addobbato per l’accoglienza, avevano attenuato i pregiudizi e dopo aver rilevato lo svolgimento dei fatti, cercò di difendere la città scrivendo favorevoli relazioni ai Ministeri.  Nonostante ciò il Sovrano non fu clemente nell’emanare alcuni provvedimenti: esiliò il vescovo De Rossi, pose sotto sequestro i beni di coloro che erano fuggiti e non pochi cittadini furono arrestati ma, soprattutto, con dispaccio del febbraio 1745 privò la città aprutina del Tribunale collegiato, vicenda nota come "riduzione della Regia Udienza". Emanuele De Leon venne nominato comandante e primo preside dell’Udienza teramana (dal 1684, infatti, anno dell’istituzione della provincia di Teramo e del Tribunale, il preside era stato in comune con Chieti) con facoltà di procedere nelle cause sia civili che criminali con il consiglio e il voto di un solo assessore ed era autorizzato a procedere ad modum belli.

Da questo momento trascorreranno circa quarantatre anni di imperfetta amministrazione della giustizia poiché i presidi, essendo di estrazione militare, lasciavano fare tutto all’assessore dal quale non poteva che derivarne l’arbitrio nel decidere ed il ritardo nei giudizi. Il ristabilimento del Tribunale collegiato si ebbe nel 1787 a seguito della supplica indirizzata alla regina Maria Carolina d’Asburgo Lorena da Melchiorre Delfico che, val la pena ricordare, nacque in Leognano, nella Valle Siciliana, il 1 agosto 1744 proprio nel momento dello scontro municipale tra i partigiani dei Borbone e i partigiani degli Austriaci. Tale conflitto aveva indotto, infatti, i genitori Berardo Delfico e Margherita Civico ad abbandonare Teramo per dimostrare al sovrano Carlo III la loro fedeltà.

Il manoscritto autografo (supplica) di Melchiorre Delfico, di seguito trascritto, dal titolo Memoria per il ristabilimento del Tribunale Collegiato nella Provincia di Teramo (1786, data presunta della supplica) si conserva nel Fondo Delfico della Biblioteca Provinciale "M. Delfico" di Teramo.

 

A S. M. la Regina

 

La Provincia di Teramo avendo rappresentato alla Maestà del Re la dura condizione nella quale si trova relativamente all’Amministrazione della Giustizia implora similmente il pietoso sguardo della Madre de’ suoi popoli che sempre sensibile alla compassione, ed attiva alla Beneficienza, non sdegnerà di aver presenti i principali motivi che devono muovere la Sovrana Pietà e Giustizia a consolare e sollevare quella non piccola parte del vostro Regno.

E’ noto a V. M. che tutte le Provincie del Regno hanno un Tribunale o Udienza, composto da un Preside Militare, e quattro Ministri legali; ma la provincia di Teramo senza propria colpa perdé nel 1744 questa comune forma di Tribunale Provinciale e vi fu destinato internamente un Preside con un solo Ministro togato per assessore. I disordini che dovevano seguirne non tardarono a manifestarsi; onde dopo lunga sofferenza di mali quella Provincia espose a piè del Trono i danni che ne soffriva. Ed essendone stato commesso alla Real Camera l’esame ed il parere questo col più maturo consiglio rappresentò al Re che vere e qualificate erano le doglianze, e, giusta la domanda, di ripristinarsi in Teramo il Tribunale Collegiato essendo dalla clemenza del Principe, che tutti egualmente i suoi Sudditi debbano godere della uniforme Amministrazione della Giustizia. Ma in quel tempo essendo nella minore età il nostro adorabile Sovrano, niuna risoluzione volle prendere la Reggenza, risolvendo solo di riservare al Re questa grande opera di Beneficienza. E che tale era, dai susseguenti principali motivi la M. V. lo potrà agevolmente rilevare. 

1. Le Corti di Giustizia, quelle specialmente che appartengono ad una numerosa popolazione o ad una intiera Provincia, non possono essere costituite da un Magistrato unico, poicché (sic) manca assolutamente il tempo necessario alla cognizione e spedizione degli affari, che tutti in un sol capo si vanno a riunire, e quando per infermità, o per necessarie assenze della Presidenza resta sospesa l’attività del Magistrato, resta ancora interrotto il corso de’ Giudizj, impedita la Giustizia, ed insoluti gli affari con grandissimo danno della Giustizia istessa e dello Stato. Ma dove i Ministri sono più, lo impedimento di uno non apporta alcun pregiudizio ai progressi della Causa. 

2. I Magistrati unici sono più agevolmente portati all’abuso del potere, e più facilmente ancora possono occultare gli effetti delle oppressioni. E’ poi per natural ragione conosciuto, che le verità giudiziali, o sorgano dai fatti oppure dal dritto, non possono facilmente venire a luce senza scrutinio, ed esame; ciocché non può farsi quando è uno il Giudicante. 

3. Quindi è che tutti i Tribunali, che non straordinariamente ma colla facoltà ordinaria devono procedere e giudicare, sono tutti composti di più Ministri, che scambievolmente si possono illuminare nella ricerca del vero, e del giusto. Perciò in questo istesso anno abbiamo pur veduto, per effetto di Sovrana Saviezza, che due Magistrati unici (l’Alcade e l’Uditore degli Eserciti) erano stati ridotti in Tribunale Collegiato. 

4. Le passioni de’ Ministri possono facilmente essere contenute dalla reciproca osservazione, dall’emulazione, dal timore, e dagli altri sentimenti che reggono l’animo umano; ma il Magistrato unico non avrà queste remore. e correrà alla naturale inclinazione del dispotismo con infinito svantaggio della giustizia e di coloro che ne abbisognano. 

5. La mancanza del tempo produce naturalmente ritardo ed oblio negli affari; quindi secondo il diverso carattere di essi le liti civili diventano più rovinose, e le cause criminali mancano di sicurezza, e della necessaria sollecitudine. Le Carceri devono essere sempre piene e spesso gl’Inquisiti muojono prima di sapersi se erano rei o innocenti. 

6.  In quella forma irregolare di Tribunale i vostri sudditi non possono godere di quei beneficj della legge, che riguardano l’ordine giudiziario, e che costituisce in gran parte la sicurezza de’ dritti e la lealtà de’ Giudizj. In tutt’i Tribunali per effetto del Decreto del Commessario si porta il gravame alla Ruota, cioè al Tribunale intero, ma in quello di Teramo, Commessario Tribunale e Ruota sono l’ostessa cosa nel giudicare, perché il giudice è sempre il solo Assessore. 

7. I privilegj di Foro, che le leggi ed il Principe per favore, e per Giustizia accordano a coloro che colla propria industria accrescono la ricchezza nazionale ed i fondi dei Reale Erario, quali sono i Doganati non esistono ch’illusoriamente in quella Provincia, perché l’istesso Assessore è il loro giudice, e così restano defraudati di questo legalissimo privilegio. Altrettanto sarebbe avvenuto del privilegio militare se il savio Ministro della Guerra non avesse rappresentato l Re l’inconvenienza della cosa, e riparatovi collo stabilirvi un Assessore particolare per la Milizia. 

8. Troppo evidente è poi il pregiudizio, che ricevono la Giustizia, e i Popoli dall’esenzione dal Sindacato che per una necessità contraria alla ragione è stata accordata all’Assessore di Teramo. Se si fosse obbligato al Sindacato non vi sarebbe stato che avesse reso giustizia nell’intervallo che il Giudice rimane sospeso dalle sue funzioni, e dall’altra parte più degli altri dovrebbe esservi sottoposto, perché essendo solo, più facilmente può trascorrere a qualunque mancanza. L’esenzione dal Sindacato dunque, necessaria perché è solo, accresce ancora più la facilità all’abuso del potere, e del dispotismo, e rende sempre più miserabile la condizione di quei vostri sudditi. 

9. In tutti gli altri Tribunali del Regno l’esercizio della Magistratura è Biennale, avendo le leggi avuto riguardo tanto alla facilità delle affezioni, o favorevoli o contrarie, che si contraggono col lungo soggiorno dei Magistrati nelle Provincie: quanto anche acciò le passioni già contratte non influissero o gravitassero in pregiudizio della Giustizia. L’Assessore di Teramo se non perpetuo, è nondimeno a tempo indeterminato, che spesso lungamente si produce; e questa incertezza è forse più dannosa, che non sarebbe una stabilita perpetuità. 

10. L’essere inoltre quella Magistratura l’ultima nelle Provincie passandosi da esse immediatamente a Giudice di Vicaria fa che si abbia più di mira il sodisfacimento della propria ambizione che l’adempimento della Giustizia. 

11. In quel Tribunale essendovi un solo Ministro, manca il Fiscale, cioè il difensore delle leggi, delle verità e de’ dritti del Sovrano, che tanto utilmente è stabilito in tutt’i Tribunali Collegiati. 

12. Le Cause privilegiate, che richiedono assolutamente Collegio, e numero di Ministri, ivi non si possono fare, e vi è bisogno di una dispensa abusiva, contraria alla pubblica sicurezza. 

13. Si aggiunga a tutto questo, che per tale irregolarità di stabilimento la Provincia è quasi priva del beneficio legale di poter ricusare un Giudice, o per inimicizia, o per imperizia, perché non essendovi nel Tribunale altri Ministri fa uopo portar la Causa nella Gran Corte della Vicaria dove gli affari di maggiore importanza fanno obliare gli affari straordinari ed il dispendio considerevole rende impotenti i poveri litiganti ad avvalersi di questo beneficio della legge. 

14. Arrossisco quasi infine di dover dire, che con poche Centinaja si ripara a tanti disordini e si restituisce nella sua integrità l’Amministrazione della Giustizia ad una Provincia, che per tale grazia duplicherà le espressioni della gratitudine e della riconoscenza. La Pietà, la Giustizia e la Clemenza che albergano nel vostro cuore e del vostro Augusto Sovrano fondano la speranza di un’intiera Provincia di potere guardare questa grazia come una nuova Epoca di Felicità e d’iscrivere i nomi Augusti di Ferdinando e Carolina a perpetua memoria di preclara Beneficienza alle future generazioni.