Durante la guerra di successione austriaca (1741-1748) alla quale
parteciparono molti stati europei, tra essi il regno di Napoli retto
dall’illuminato re Carlo III di Borbone, la città di Teramo si trovò
coinvolta in un evento per il quale subì una rigorosa "punizione"
sovrana.
Nella primavera del 1744, mentre l’esercito spagnolo-napoletano con la
battaglia di Velletri arrestava e respingeva l’ingresso nel regno di
Napoli delle truppe austriache comandate dal generale Lobkowitz, mille
Micheletti e cinquecento Ussari guidati dal nemico Conte di Soro
entravano a Teramo, per la via di Ascoli. Era il 7 giugno.
Disgrazia volle che Pietro Carlei di Montorio, avvocato fiscale della
Regia Udienza di Teramo, fosse segreto partigiano degli Austriaci e
come tale si preoccupò molto di accogliere quell’ufficiale con esagerate
dimostrazioni di onore. Pretese, infatti, che il sindaco Giuseppe
Onorato Ricci predisponesse per il Soro un adeguato alloggio, allestisse
i quartieri per la truppa e che si recasse poi ad incontrarlo fuori
Porta S. Giorgio utilizzando la carrozza offerta dal vescovo Tommaso
Alessio De Rossi il quale, scrive lo storico Niccola Palma, " … dal
balcone gl’ indirizzò alcune parole più di acclamazione che di
complimento, delle quali si ebbe indi a poco a pentire moltissimo". Il
giorno seguente si cantò il Te Deum nella chiesa di S. Maria
delle Grazie e si prestò giuramento dalle autorità provinciali, tranne
che dall’uditore dell’Udienza, Francesco Salazar, che era fuggito.
Durante la permanenza a Teramo il Conte di Soro, come se già fosse in
possesso del Regno, formò un elenco dei teramani più notabili e li
assegnò chi a cariche civili, chi a quelle militari. Proseguì poi la
marcia per Penne e per L’Aquila ben presto respinto verso la Marca dal
colonnello Emanuele De Leon, tenente del Re nella piazza di Pescara. Il
De Leon avanzò quindi verso Teramo dove, tutti quelli che dal Soro erano
stati designati ad impieghi furono presi dal panico e fuggirono. In
effetti il colonnello era molto prevenuto sui teramani. L’incontro però
con una deputazione che lo aveva ricevuto a Forcella, le acclamazioni
avute nell’entrare in città, gli addobbi messi alle finestre ed ai
balconi da Porta Reale sino al palazzo del Tribunale, magnificamente
addobbato per l’accoglienza, avevano attenuato i pregiudizi e dopo aver
rilevato lo svolgimento dei fatti, cercò di difendere la città scrivendo
favorevoli relazioni ai Ministeri. Nonostante ciò il Sovrano non fu
clemente nell’emanare alcuni provvedimenti: esiliò il vescovo De Rossi,
pose sotto sequestro i beni di coloro che erano fuggiti e non pochi
cittadini furono arrestati ma, soprattutto, con dispaccio del febbraio
1745 privò la città aprutina del Tribunale collegiato, vicenda nota come
"riduzione della Regia Udienza". Emanuele De Leon venne nominato
comandante e primo preside dell’Udienza teramana (dal 1684, infatti,
anno dell’istituzione della provincia di Teramo e del Tribunale, il
preside era stato in comune con Chieti) con facoltà di procedere nelle
cause sia civili che criminali con il consiglio e il voto di un solo
assessore ed era autorizzato a procedere ad modum belli.
Da questo momento trascorreranno circa quarantatre anni di imperfetta
amministrazione della giustizia poiché i presidi, essendo di estrazione
militare, lasciavano fare tutto all’assessore dal quale non poteva che
derivarne l’arbitrio nel decidere ed il ritardo nei giudizi. Il
ristabilimento del Tribunale collegiato si ebbe nel 1787 a seguito della
supplica indirizzata alla regina Maria Carolina d’Asburgo Lorena da
Melchiorre Delfico che, val la pena ricordare, nacque in Leognano, nella
Valle Siciliana, il 1 agosto 1744 proprio nel momento dello scontro
municipale tra i partigiani dei Borbone e i partigiani degli Austriaci.
Tale conflitto aveva indotto, infatti, i genitori Berardo Delfico e
Margherita Civico ad abbandonare Teramo per dimostrare al sovrano Carlo
III la loro fedeltà.
Il manoscritto autografo (supplica) di Melchiorre Delfico, di seguito trascritto,
dal titolo Memoria per il ristabilimento del Tribunale Collegiato
nella Provincia di Teramo (1786, data presunta della supplica) si conserva nel Fondo Delfico
della Biblioteca Provinciale "M. Delfico" di Teramo.
A S. M. la Regina
La Provincia di Teramo avendo rappresentato alla Maestà del Re la
dura condizione nella quale si trova relativamente all’Amministrazione
della Giustizia implora similmente il pietoso sguardo della Madre de’
suoi popoli che sempre sensibile alla compassione, ed attiva alla
Beneficienza, non sdegnerà di aver presenti i principali motivi che
devono muovere la Sovrana Pietà e Giustizia a consolare e sollevare
quella non piccola parte del vostro Regno.
E’ noto a V. M. che
tutte le Provincie del Regno hanno un Tribunale o Udienza, composto da
un Preside Militare, e quattro Ministri legali; ma la provincia di
Teramo senza propria colpa perdé nel 1744 questa comune forma di
Tribunale Provinciale e vi fu destinato internamente un Preside con un
solo Ministro togato per assessore. I disordini che dovevano seguirne
non tardarono a manifestarsi; onde dopo lunga sofferenza di mali quella
Provincia espose a piè del Trono i danni che ne soffriva. Ed essendone
stato commesso alla Real Camera l’esame ed il parere questo col più
maturo consiglio rappresentò al Re che vere e qualificate erano le
doglianze, e, giusta la domanda, di ripristinarsi in Teramo il Tribunale
Collegiato essendo dalla clemenza del Principe, che tutti egualmente i
suoi Sudditi debbano godere della uniforme Amministrazione della
Giustizia. Ma in quel tempo essendo nella minore età il nostro adorabile
Sovrano, niuna risoluzione volle prendere la Reggenza, risolvendo solo
di riservare al Re questa grande opera di Beneficienza. E che tale era,
dai susseguenti principali motivi la M. V. lo potrà agevolmente
rilevare.
1. Le Corti di
Giustizia, quelle specialmente che appartengono ad una numerosa
popolazione o ad una intiera Provincia, non possono essere costituite da
un Magistrato unico, poicché (sic) manca assolutamente il tempo
necessario alla cognizione e spedizione degli affari, che tutti in un
sol capo si vanno a riunire, e quando per infermità, o per necessarie
assenze della Presidenza resta sospesa l’attività del Magistrato, resta
ancora interrotto il corso de’ Giudizj, impedita la Giustizia, ed
insoluti gli affari con grandissimo danno della Giustizia istessa e
dello Stato. Ma dove i Ministri sono più, lo impedimento di uno non
apporta alcun pregiudizio ai progressi della Causa.
2. I Magistrati
unici sono più agevolmente portati all’abuso del potere, e più
facilmente ancora possono occultare gli effetti delle oppressioni. E’
poi per natural ragione conosciuto, che le verità giudiziali, o sorgano
dai fatti oppure dal dritto, non possono facilmente venire a luce senza
scrutinio, ed esame; ciocché non può farsi quando è uno il Giudicante.
3. Quindi è che
tutti i Tribunali, che non straordinariamente ma colla facoltà ordinaria
devono procedere e giudicare, sono tutti composti di più Ministri, che
scambievolmente si possono illuminare nella ricerca del vero, e del
giusto. Perciò in questo istesso anno abbiamo pur veduto, per effetto di
Sovrana Saviezza, che due Magistrati unici (l’Alcade e l’Uditore degli
Eserciti) erano stati ridotti in Tribunale Collegiato.
4. Le passioni de’
Ministri possono facilmente essere contenute dalla reciproca
osservazione, dall’emulazione, dal timore, e dagli altri sentimenti che
reggono l’animo umano; ma il Magistrato unico non avrà queste remore. e
correrà alla naturale inclinazione del dispotismo con infinito
svantaggio della giustizia e di coloro che ne abbisognano.
5. La mancanza del
tempo produce naturalmente ritardo ed oblio negli affari; quindi secondo
il diverso carattere di essi le liti civili diventano più rovinose, e le
cause criminali mancano di sicurezza, e della necessaria sollecitudine.
Le Carceri devono essere sempre piene e spesso gl’Inquisiti muojono
prima di sapersi se erano rei o innocenti.
6. In quella forma
irregolare di Tribunale i vostri sudditi non possono godere di quei
beneficj della legge, che riguardano l’ordine giudiziario, e che
costituisce in gran parte la sicurezza de’ dritti e la lealtà de’
Giudizj. In tutt’i Tribunali per effetto del Decreto del Commessario si
porta il gravame alla Ruota, cioè al Tribunale intero, ma in quello di
Teramo, Commessario Tribunale e Ruota sono l’ostessa cosa nel giudicare,
perché il giudice è sempre il solo Assessore.
7. I privilegj di
Foro, che le leggi ed il Principe per favore, e per Giustizia accordano
a coloro che colla propria industria accrescono la ricchezza nazionale
ed i fondi dei Reale Erario, quali sono i Doganati non esistono
ch’illusoriamente in quella Provincia, perché l’istesso Assessore è il
loro giudice, e così restano defraudati di questo legalissimo
privilegio. Altrettanto sarebbe avvenuto del privilegio militare se il
savio Ministro della Guerra non avesse rappresentato l Re
l’inconvenienza della cosa, e riparatovi collo stabilirvi un Assessore
particolare per la Milizia.
8. Troppo evidente è
poi il pregiudizio, che ricevono la Giustizia, e i Popoli dall’esenzione
dal Sindacato che per una necessità contraria alla ragione è stata
accordata all’Assessore di Teramo. Se si fosse obbligato al Sindacato
non vi sarebbe stato che avesse reso giustizia nell’intervallo che il
Giudice rimane sospeso dalle sue funzioni, e dall’altra parte più degli
altri dovrebbe esservi sottoposto, perché essendo solo, più facilmente
può trascorrere a qualunque mancanza. L’esenzione dal Sindacato dunque,
necessaria perché è solo, accresce ancora più la facilità all’abuso del
potere, e del dispotismo, e rende sempre più miserabile la condizione di
quei vostri sudditi.
9. In tutti gli
altri Tribunali del Regno l’esercizio della Magistratura è Biennale,
avendo le leggi avuto riguardo tanto alla facilità delle affezioni, o
favorevoli o contrarie, che si contraggono col lungo soggiorno dei
Magistrati nelle Provincie: quanto anche acciò le passioni già contratte
non influissero o gravitassero in pregiudizio della Giustizia.
L’Assessore di Teramo se non perpetuo, è nondimeno a tempo
indeterminato, che spesso lungamente si produce; e questa incertezza è
forse più dannosa, che non sarebbe una stabilita perpetuità.
10. L’essere inoltre
quella Magistratura l’ultima nelle Provincie passandosi da esse
immediatamente a Giudice di Vicaria fa che si abbia più di mira il
sodisfacimento della propria ambizione che l’adempimento della
Giustizia.
11. In quel
Tribunale essendovi un solo Ministro, manca il Fiscale, cioè il
difensore delle leggi, delle verità e de’ dritti del Sovrano, che tanto
utilmente è stabilito in tutt’i Tribunali Collegiati.
12. Le Cause
privilegiate, che richiedono assolutamente Collegio, e numero di
Ministri, ivi non si possono fare, e vi è bisogno di una dispensa
abusiva, contraria alla pubblica sicurezza.
13. Si aggiunga a
tutto questo, che per tale irregolarità di stabilimento la Provincia è
quasi priva del beneficio legale di poter ricusare un Giudice, o per
inimicizia, o per imperizia, perché non essendovi nel Tribunale altri
Ministri fa uopo portar la Causa nella Gran Corte della Vicaria dove gli
affari di maggiore importanza fanno obliare gli affari straordinari ed
il dispendio considerevole rende impotenti i poveri litiganti ad
avvalersi di questo beneficio della legge.
14. Arrossisco quasi
infine di dover dire, che con poche Centinaja si ripara a tanti
disordini e si restituisce nella sua integrità l’Amministrazione della
Giustizia ad una Provincia, che per tale grazia duplicherà le
espressioni della gratitudine e della riconoscenza. La Pietà, la
Giustizia e la Clemenza che albergano nel vostro cuore e del vostro
Augusto Sovrano fondano la speranza di un’intiera Provincia di potere
guardare questa grazia come una nuova Epoca di Felicità e d’iscrivere i
nomi Augusti di Ferdinando e Carolina a perpetua memoria di preclara
Beneficienza alle future generazioni. |