De Filippis

 

De Filippis-Delfico

 

(Teramo, 1820)

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Stemma famiglia De Filippis-Delfico, Teramo, 1820

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Delfico

(Napoli, sec. XVIII)

(Teramo, sec. XV)

Stemma famiglia De Filippis, Napoli, sec.XVIII

Stemma famiglia Delfico, Teramo, sec.XV

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La nobiltà a San Marino: passato, presente, prospettive per il futuro

di Michele Broccoli

Attuale Legislazione Nobiliare - Araldica nella Repubblica di San Marino

La Repubblica di San Marino, la più antica Repubblica del mondo, costituisce un caso davvero singolare nel panorama degli stati europei ed extraeuropei (Monarchie, Principati, Granducati,ecc.) che hanno avuto o hanno tuttora una legislazione che, in qualche modo, tutela lo status o l'appartenenza nobiliare.

La singolarità consiste nel fatto che San Marino ha unito, nella sua millenaria storia, una "impalcatura" giuridico-amministrativa tipica appunto di Stati repubblicani (il Consiglio Grande e Generale, titolare della funzione legislativa), il Consiglio dei XII (con funzioni civili, penali, amministrative, ecc)a un'altra invece che contraddistingue le Monarchie e che riguarda sia la capacità di conferimenti nobiliari, che di Ordini cavallereschi (Ordine di San Marino, di Santa Agata, ecc) (1).

La nobiltà Sammarinese, comunque, ha origine extra-legislativa, ed è difficile se non impossibile, individuare una sua precisa origine cronologica (2).

Sebbene i più antichi atti del Consiglio Principe e Sovrano (ora Consiglio Grande e Generale) risalgano alla fine del tredicesimo secolo, bisogna aspettare l'ottobre 1646 per rinvenire accanto al nome dei Capitani Reggenti (supreme cariche dello Stato) l'aggettivo "Nobilibus Sanmarinensibus" (3).

Sempre verso la seconda metà del Seicento deve avere avuto luogo la dichiarazione di nobiltà chiusa cioè patriziale; datano infatti da allora e più precisamente dal 23 giugno 1669 e 14 settembre 1670, le prime aggregazioni "in numero nostrorum civium nobilium" che comportano il conferimento della cittadinanza nobile ereditaria. E' questo l'atto di nascita, anche se non ufficiale, del patriziato sammarinese. Il concetto di Nobiltà chiusa (o Patriziale) è di facile spiegazione; esso indica infatti il riconoscimento "de facto"della esistenza e legittimità del ceto patrizio, proprio da parte del supremo organo legislativo della Repubblica.

E' interessante notare che questo nuovo ceto tentò di ottenere la precedenza sul quello popolare e riuscì anche a raggiungerla; ne è testimonianza la deliberazione consiliare del 28 ottobre 1756 che infatti statuisce: "Tra il nobile e il non nobile sia disuguaglianza, la quale colla sopravvenienza della dignità di Capitano non viene mai ad appareggiarli e che sia conveniente ammettere quelle distinzioni praticate sin qui verso i nobili".

Nel corso del tempo, numerose furono le disposizioni rivolte in tal senso; tra le principali ricordiamo quella che attribuiva ai nobili un terzo del Consiglio, e soprattutto quella secondo la quale uno dei Capitani Reggenti doveva necessariamente appartenere al ceto patrizio.

Sottolineamo ora un importante aspetto: San Marino, pur godendo di piena autonomia e indipendenza per la sua posizione di centralità, non solo geografica, nella Penisola Italiana, ha assorbito tutte le correnti, i movimenti e le istanze di rinnovamento provenienti sia dall'Italia che dagli altri Stati Europei.

Per esempio, la Rivoluzione Francese con le sue idee di Libertà ed Uguaglianza influì così profondamente nella vita politica interna della Repubblica del Titano da determinare una sorta di scontento popolare, a seguito del quale i cittadini chiesero "la soppressione o l'abolizione della Nobiltà".

Tutto ciò, pertanto, costrinse l'organo legislativo di San Marino a deliberare nella seduta del 12 giugno 1797: "che i cosiddetti nobili di buon grado rinunziavano volontariamente alla pretesa aristocrazia, per mettersi al livello degli altri signori consiglieri".

Cessata poi la ventata rivoluzionaria, venne nel 1807 ripristinata nel Consiglio la distinzione dei gradi primigeni (nobile e non nobile) ma sicuramente non si giunse ancora ad una composizione definitiva della intricata questione.

Questa alternanza di luci ed ombre continuò a sussistere fino ai giorni nostri e di certo fu influenzata dal susseguirsi delle amministrazioni Sammarinesi, conservatrici o progressiste che fossero (4).

L'attuale status della legislazione nobiliare in Repubblica è disciplinato dalla Legge del 13 Febbraio 1980; essa statuisce che: "la concessione dei titoli nobiliari è vietata". In precedenza, e sempre nella stessa direzione, un altro testo legislativo aveva anche precluso "ogni tipo di azione giudiziaria, diretta a far riconoscere lo stato nobiliare " (art 2 l.1 Dicembre 1949).

Nonostante l'importanza in materia di queste norme, probabilmente quella più completa e interessante risale al 29 Settembre 1931 e presenta la seguente titolatura: "Legge sull'Ordinamento dello Stato Nobiliare".

Al suo interno, dapprima, vengono indicate le varie tipologie di provvedimenti nobiliari (concessione, conferma, rinnovazione, sanatoria) e poi, successivamente, dopo un breve elenco dei titoli ammissibili (duca, marchese, conte, visconte, barone, patrizio, nobile), con dovizia di particolari e con chiari riferimenti alla legislazione allora vigente nel Regno d'Italia, è presente una disamina delle modalità di trasmissione di questi ultimi.

La differenza tra l'elencazione "gerarchica" dei titoli nobiliari Sammarinesi e la normativa vigente all'epoca in Italia, mette in evidenza un importante aspetto.

Il titolo di patrizio era considerato di maggior rilievo rispetto a quello di nobile. Ecco quindi che non appare inutile una disanima di questo interessante conferimento onorifico.

Il Patriziato, in Italia, ha origini antichissime; a Roma infatti i cittadini erano distinti in Patrizi (Patres-Conscripti) e Plebei; coloro poi che erano figli o comunque discendevano da Patrizi godevano degli stessi diritti e delle stesse prerogative dei genitori (Patres maiorum gentium). Nelle Repubbliche Italiane del Medioevo i cittadini che più emergevano sugli altri e che avevano in mano il Governo della Cosa pubblica, erano notati in un libro speciale che fu detto Libro d'Oro comunale ed erano chiamati Patrizi ed anche Nobili Patrizi.

Tale distinzione che rappresenta il grado più elevato di Nobiltà municipale, è riconosciuta anche come titolo per l'ammissione a certi Ordini militari, religiosi ed equestri che risultano tuttora esistenti (ricordiamo ad esempio Il Sovrano Militare Ordine Di Malta) (5).

San Marino, quindi, nella regolamentazione giuridico-nobiliare del Suo insigne patriziato si atteggia in due diverse posizioni: da una parte si riallaccia alla antica tradizione italiana in materia e dall'altra ha regolamentato in maniera propria ed innovativa, specialmente dal punto di vista araldico e da quello del diritto nobiliare.

Analizziamo entrambi questi aspetti.

Dal punto di vista strettamente araldico le Corone connesse ai titoli Patriziali Sammarinesi sono quattro.

La prima è definita come "corona antica di Patrizio" e risulta così composta: "un cerchio d'oro rabescato e tempestato di gemme sostenente quattro fioroni d'oro (3 visibili) e altrettante basse punte (2 visibili) sormontate ciascuna da una perla" (Fig.1).

La seconda è composta da: "un cerchio d'oro liscio sormontato da quattro punte di lancia (3 visibili) alternate con quattro (2 visibili) globetti simili a perle, il tutto d'oro"; questa corona fu ideata dalla Consulta Araldica del Regno d'Italia, la quale ritenne, infatti, che l'antica corona patriziale fosse troppo somigliante a quella di marchese (Fig.2)

La terza è un cerchio d'oro rabescato, smaltato e brunito ai margini sostenente dodici grosse perle (7 visibili) collocate su altrettante punte (Fig.3)

Questa è molto simile a quella dei nobili del Veneto e dei conti palatini in Romagna.

Infine c'è l'ultima che presenta un "cerchio d'oro rabescato, smaltato e brunito ai margini sostenente otto grosse perle (5 visibili) collocate su altrettante punte"; essa è molto simile a quella dei nobili d'Italia non Patrizi (Fig.4).

Le corone III e IV furono ricavate da monumenti funebri nella Repubblica di San Marino (6).

Se analizziamo, invece, il profilo del diritto nobiliare dobbiamo ricordare che il patriziato poteva essere concesso "ad personam" oppure avere carattere ereditario-trasmissibile (7).

Questo fu un riconoscimento nobiliare dotato di particolare prestigio e fortemente ambito; ne è dimostrazione il fatto che ne furono insigniti alcune tra le più importanti personalità dei secoli passati, attive in tutti i campi dell'ingegno umano.

Furono infatti patrizi di San Marino, tra gli altri, il sommo Giuseppe Verdi e il "Cigno di Pesaro" Gioacchino Rossini.

Ora proprio nell'ambito dello studio di questi antichi riconoscimenti onorifici, come si è già scritto, rivestono un'importanza peculiare gli atti del Consiglio Principe e Sovrano della Repubblica, conservati nell'Archivio di Stato.

Questi documenti contengono la copia integrale di tutte le sedute dell'organo legislativo della millenaria Repubblica, nonché l'elenco di tutti gli insigniti, seduta per seduta, degli ordini Cavallereschi.

Intendo qui sottolineare che, per motivi di carattere eminentemente familiare, ho studiato in maniera approfondita questi atti. La mia famiglia, infatti, nella seduta consiliare dell'otto marzo 1869, venne insignita del riconoscimento patriziale ereditario nella persona del mio avo Avv. Francesco Broccoli (1813-1894).

Prendendo le mosse proprio dalla mia esperienza personale e dal materiale documentario che ho potuto (non senza difficoltà…) consultare, sono giunto ad alcune conclusioni che vorrei qui esporre:

vi è una notevole difficoltà nel distinguere negli atti consiliari Sammarinesi, i conferimenti ereditari o trasmissibili da quelli viceversa personali; le formule usate in un caso o nell'altro appaiono le più varie e non gettano la benché minima luce.

Carlo Padiglione, insigne araldista e profondo conoscitore del diritto nobiliare sammarinese nella Sua opera dal titolo "Delle Livree e Del modo di comporle" scrive : "Di San Marino quattro formole abbiamo sott'occhi. Con una è detto "te….in albo nostrorum Nobilium Civium describere statuimus una cum natis et ex eis in perpetuum nascitur inter Reipublicae nostrae Patritios connumeramu". Con l'altra "……l'aggregazione alla nobiltà ed al Patriziato della nostra Repubblica, dichiarando Nobili e patrizi di essa con tutti i loro discendenti legittimi e naturali dell'uno e dell'altro sesso procreati e procreandi per perpetua successione, con la partecipazione di tutti i diritti, onori e privilegii inerenti alla Nobiltà, al Patriziato ed alla cittadinanza Sammarinese". Con la terza "….Che voi con tutta la vostra discendenza siate ascritto al Patriziato Sammarinese e partecipiate a tutti i diritti, onori e privilegi della nostra cittadinanza". La quarta infine ".che Egli,con tutti i suoi discendenti resti ascritto al Patriziato della nostra Repubblica, con la partecipazione a tutti i diritti, onori e privilegi della nostra Cittadinanza" (8).

Bisogna ribadirlo: in questa delicata questione, anche la legislazione nobiliare di San Marino è di poca utilità; l'unico riferimento è costituito dall'art.4 comm.4 della Legge n. 5 del 1931 sull'Ordinamento dello Stato Nobiliare; questo comma testualmente recita: "il provvedimento del Principe e Sovrano Consiglio dei 60 determinerà se la distinzione nobiliare è concessa ad personam o è trasmissibile".

Ora il problema che sorge è il seguente: questa norma, non avendo efficacia retroattiva, regolamenta le concessioni nobiliari successive all'entrata in vigore della stessa (30 Settembre 1931) ma, quid iuris, per le tantissime anteriori come quella che riguarda la mia famiglia?

Ritengo che sia il caso di trattare questo aspetto in maniera più approfondita.

Nella seduta Consiliare dell'otto marzo 1869 furono tre i cittadini, non Sammarinesi, che vennero insigniti del patriziato: innanzitutto il Nobile Francesco Broccoli di Napoli, il Sig. Luigi Padiglione ed infine il Marchese Ernesto De Ville. Nel testo di questa delibera, infine, un ultimo inciso ricorda che: "al Comm. Carlo De Ferraris è concesso il patriziato estensivo a tutta la sua discendenza".

Proprio sulla base di questo riferimento ad una "qualifica nobiliare estensiva a tutta la discendenza", inciso che è, invece, assente nei conferimenti patriziali della stessa seduta Consiliare, sono sorte dispute per quanto riguarda il carattere ereditario o meno dei conferimenti medesimi, con particolare riferimento a quello che riguarda il mio Avo Francesco.

C'è infatti chi ritiene che in mancanza di un esplicito riferimento in senso contrario tutti i conferimenti devono ritenersi personali; e quindi, nel caso specifico, tale carattere avrebbero le qualifiche spettanti al mio avo Francesco Broccoli, al sig. Padiglione e al Marchese De Ville.

Vi è invece un diverso orientamento (Spreti - Facchinetti Pulazzini), che si fa portavoce della tesi opposta: hanno carattere ereditario tutti quei provvedimenti patriziali che non sono espressamente definiti, in atti ufficiali, come "personali" (9).

Una soluzione definitiva potrebbe venire dallo studio delle originali patenti di nomina di conferimenti nobiliari che, nell'antichità, venivano inviate ai diretti interessati. È chiaro che ciò è possibile solo per quelle poche Famiglie che hanno conservato questa documentazione; per tutte le altre (che costituiscono la maggioranza), resta solo la possibilità di affidarsi ai ricordi o a memorie di altro genere (come i classici repertori o Annuari nobiliari, ad es. il Libro d'oro della Nobiltà Italiana).

Mi si permetta, ora, una piccola riflessione personale:

Nel corso delle mie ricerche mi sono imbattuto, di frequente, in una certa diffidenza da parte dei titolari di importanti uffici pubblici Sammarinesi; forse una spiegazione di questo atteggiamento si può rinvenire nella seguente considerazione: il titolo di patrizio, nell'antichità, era connesso, per il suo destinatario, a quello di Cittadino Sammarinese, cioè permetteva di acquistare la cittadinanza.

I più recenti e completi elenchi dei conferimenti patriziali (tra i quali non si può fare a meno di citare quello dell'esimio Prof. Buscarini, già direttore dell'Archivio di Stato) sono infatti stati redatti con lo scopo prevalente di accertare, caso per caso, la sussistenza o meno di eventuali diritti di Cittadinanza (10).

Ecco che allora si può spiegare la diffidenza della quale ho parlato.

In passato, infatti, vi sono state persone, magari discendenti di antichi patrizi della Repubblica, che, con il patrocinio di consulenti legali, hanno instaurato vertenze giudiziali tese a ottenere, più che fantomatici riconoscimenti nobiliari, la cittadinanza della Repubblica del Titano.

Ricordo, infatti, che questa comportava, e comporta tuttora, particolari privilegi nell'ambito fiscale e tributario, anche in considerazione del piena Sovranità ed Indipendenza della Repubblica.

Riprendendo le fila del discorso, e tornando all'esame degli atti consiliari e della struttura dell'Archivio che li contiene, dobbiamo specificare che la più completa e precisa catalogazione del materiale documentario, conservato nell'attuale Archivio di Stato, spetta all'illustre studioso Carlo Malagola che ne fu anche direttore.

Secondo questo fondamentale lavoro (11) nell'Archivio sono conservati:

- Registri dei conferimenti di nobiltà, titoli, cittadinanze e gradi militari 1622–1886

- Attestati relativi alla nobiltà sammarinese 1793-1841

- Registri dei decorati dell'Ordine Equestre di San Marino 1859-1886

- Progetti per l'istituzione di Ordini Equestri 1858-1865

- Minute di diplomi spediti per titoli nobiliari, per cittadinanze, medaglie e gradi militari 1776-1875

- Registro delle vidimazioni 1892–1894

- Registri di protocollo 1918

- Carteggi 1918

Interesse peculiare rivestono le Minute dei diplomi nobiliari e ciò per un duplice ordine di motivi: innanzitutto perché il periodo di tempo che esse trattano è particolarmente ampio (in pratica un secolo); e successivamente anche per il ruolo di salvaguardia delle memorie storiche dei nuclei familiari.

E' il caso, infatti, di ricordare che non tutti gli attuali membri delle famiglie che ricevettero una distinzione nobiliare da parte di San Marino hanno conservato del materiale documentario che possa costituire testimonianza di un antico "status" illustre.

Le ragioni che hanno portato ad una tale dispersione sono tante: guerre (tra le più recenti ricordiamo il primo e il secondo conflitto mondiale), furti, oppure semplicemente alienazioni. Tuttavia,anche per coloro che hanno avuto la fortuna (o il merito) di custodire e tramandare un "archivio storico familiare", la situazione non è sempre agevole.

Spesso, infatti, tra i documenti conservati non c'è l'originale patente di nomina del conferimento onorifico.

Questa situazione comporta spesso delle difficoltà proprio perché solo l'originale del diploma costituisce prova inconfutabile di uno status aristocratico.

Di solito, infatti, questi attestati, particolarmente curati anche nell'aspetto estetico, erano sottoscritti dai Capitani Reggenti, e in virtù di questa loro peculiare caratteristica, erano tra i pochi documenti considerati "solenni", da un punto di vista puramente diplomatico.

Come già detto la carenza di documenti ufficiali costituisce una situazione purtroppo assai diffusa, ed è causa di numerose difficoltà nelle ricostruzioni storiche e genealogiche.

Quale potrebbe essere la soluzione ?

Ne propongo una: la creazione di un "Fondo Araldico", cioè una raccolta che abbia il compito di comprendere tutto il materiale specificamente dedicato alle scienze documentarie della Storia.

È chiaro che detta raccolta, da creare e custodire in seno all'Archivio di Stato Sammarinese, dovrebbe avere comunque dei caratteri peculiari che mi sembra il caso di elencare:

- Sarebbe auspicabile, innanzi tutto, che fosse collocata in un locale apposito e dedicato, con personale a disposizione.

- Gli orari di apertura della sezione che la contiene dovrebbero essere i più ampi possibili, anche eventualmente più "comodi" rispetto a quelli del resto dell'Archivio.

- Sarebbe inoltre auspicabile che, nel corso del tempo, si possa arricchire di donazioni, anche provenienti da privati, che abbiano il compito di integrare il corpus di documenti originari.

In questo impegnativo lavoro, l'opera di Carlo Malagola può certamente costituire un validissimo ed imprescindibile punto di partenza, ma come è comprensibile, dovrà essere integrata da un studio più capillare, specifico e soprattutto affidato a personale esperto nel campo delle Scienze documentarie della storia.

Solo così la Repubblica di San Marino, assai illustre per storia, cultura e tradizioni, riacquisterà, il prestigio che le è dovuto; quel prestigio che ha fatto della Sua nobiltà una di quelle più prestigiose nel panorama non solo italiano ma anche in quello delle monarchie europee ed extra-europee.

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(1) P. Degli Uberti, Ordini Cavallereschi e Onorificenze, Milano, De Vecchi, 1993

(2) V. Spreti-C.Facchinetti Pulazzini, la nobiltà e gli Ordini equestri della Repubblica di San Marino, Milano, Stirpe, 1935

(3) C. Malagola, L'Archivio Governativo della Repubblica di San Marino, Bologna, Tip. Fava e Garagnani, 1891, p .66

(4) Questi brevi cenni storici sono liberamente tratti dall'opera di Carlo Mistruzzi De Frisinga, Trattato di Diritto Nobiliare Italiano, vol. 2 pp. 159-166

(5) De Liveri Di Valdausa, Libro d'Oro della Repubblica di San Marino, Foligno, Campitelli,, 1911 (rist. anast.,  RSM, Della Torre, 2001)

(6) L. De Montalbo – A. Astraudo – A. G. Di Riella, Dizionario Bibliografico Iconografico della Repubblica di S. Marino, Paris, Daragon , 1911 (rist. anast , Rsm, Pazzini, 1999)

(7) Vedi L.29 Settembre 1931

(8) Delibere Consiglio Principe e Sovrano della Repubblica di San Marino, in C. Padiglione, Delle Livree e Del modo di comporle- Programma, Pisa, 1888

(9) V.Spreti - .Facchinetti Pulazzini, la nobiltà e gli Ordini equestri della Repubblica di San Marino, Milano, Stirpe, 1935.

(10) A.Borella, Annuario della Nobiltà Italiana, libro III sezione, VI Edizione XXX, Milano, 2006

(11) C.Malagola, L'Archivio governativo della Repubblica di San Marino-aggiunti gli Statuti sammarinesi dal 1295 alla metà del secolo XIV - Bologna, Tip Fava e Garagnani, 1891

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Testo tratto da "Nobiltà", Settembre-Ottobre 2006, num.74, Pag. 445-454