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		Il cinema Olimpia in Castellamare Adriatico  | 
     
    
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		di Luciana D'Annunzio  | 
     
  
    
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				Castellamare Adriatico, nei primi anni successivi all’unità 
				d’Italia, epoca della costruzione della linea ferroviaria 
				adriatica, era un borgo collinare ed agricolo del circondario di 
				Città S. Angelo, in provincia di Teramo, gravitante attorno alla 
				chiesa della Madonna dei Sette Dolori e, successivamente unito a 
				Pescara a seguito della costituzione della nuova provincia, 
				avvenuta il 2 gennaio 1927. L'economia del piccolo centro rimase 
				a lungo del tutto legata alla realtà rurale fino al
				
				1863 
				quando, alla presenza del
				
				re
				
				Vittorio 
				Emanuele II, fu inaugurata la 
				
				stazione ferroviaria 
				della quale 
				quest’anno ricorre il 150° anniversario.  
				
				La presenza dello scalo ferroviario favorì la libera nascita di 
				un mercato giornaliero tanto che l’amministrazione comunale 
				decise di trasferire, nei pressi della stazione, il mercato 
				domenicale che si teneva a Villa Muzii. Si costituì in tal modo 
				il primo insediamento di quella che sarà successivamente 
				definita Piazza del Mercato e poi del Sacro Cuore, a seguito 
				della costruzione della chiesa, aperta 
				al culto nel 1900 ancora incompleta, per sostituire la piccola 
				chiesa di S. Anna, sita all'interno di Villa Muzii, 
				diventata ormai insufficiente a fronte di una comunità che 
				cresceva rapidamente. 
				
				Nell’arco di qualche decennio la zona compresa tra la stazione 
				ed il mare prosperò notevolmente e fu ampiamente edificata 
				determinando sia una veloce e non pianificata urbanizzazione del 
				territorio, quanto il decisivo impulso dello sviluppo 
				commerciale, residenziale e turistico con l’organizzazione dei 
				primi impianti balneari. 
				
				Tale fermento fece sì che si pensasse anche alla realizzazione 
				di una seppur ridotta struttura teatrale. A questo proposito il 
				settimanale Il Faro del 27 gennaio 1910 riportava la seguente 
				notizia: "Procedono alacremente i lavori della nuova ed ampia 
				sala per cinematografo e per concerto, che sorgerà al lato est 
				della Piazza del Sacro Cuore in Castellamare, a cura dei signori 
				Di Silvestro e Di Michele. La magnifica sala sarà decorata con 
				la ben nota abilità dal distinto prof. Di Silvestro. E’ 
				provvista di un comodo foyer, ove sarà collocato un 
				bar; in fondo vi è un gran palcoscenico e intorno alle 
				pareti interne corre una balconata, che sarà adibita a galleria. 
				Vanno le migliori lodi ai signori Di Silvestro e Di Michele per 
				la loro iniziativa, e facciamo ad essi i più fervidi auguri. La 
				sala sarà probabilmente inaugurata nel prossimo mese"(1). 
				
				Difatti il 28 febbraio viene inaugurato il nuovo 
				cinematografo Iris con un banchetto, allestito nei 
				medesimi locali, al quale parteciparono molti invitati che con 
				affettuose parole augurali e brindisi approvarono allegramente 
				l’evento ed ai quali si aggiunse il Concertino di Pescara 
				che allietò il festeggiamento eseguendo scelti brani da ballo. 
				
				Il prof. Antonio Di Silvestro ringraziò tutti con "un vibrante e 
				poetico discorso, nel quale accennò all’utile insegnamento che 
				il popolo ritraeva dal cinematografo", discorso che era stato 
				fatto stampare dalla tipografia Verrocchio in un elegante 
				cartoncino e distribuito come ricordo a tutti i commensali (2). 
				
					
						
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							 Il cinematografo 
							Iris in una cartolina d'epoca  | 
						 
					 
				 
				
					
						
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							La 
							cronaca, nei mesi successivi, registra un grande 
							successo di pubblico per la scelta e per la qualità 
							delle prime proiezioni cinematografiche, definite 
							"di una fissità e lucentezza inappuntabili", per le 
							operette e per gli spettacoli musicali come quello 
							tenuto dalla Scuola Orchestrale intercomunale di 
							Pescara-Castellamare, istituita e diretta dal 
							maestro Rodolfo Luise e che, tra l’altro, era stata 
							lodata da Gabriele D’Annunzio. Il gradimento 
							popolare era dovuto anche alla centrale posizione 
							della sala Iris in Piazza Sacro Cuore che, 
							quale ritrovo "veramente delizioso", contribuiva ad 
							accrescere il decoro della cittadina nel suo pieno 
							sviluppo demografico. 
							
							Durante 
							l’estate dello stesso anno veniva riaperta anche la 
							sala Eden, ubicata nel rione marino, ed 
							entrambe le sale offrivano spettacoli di varietà e 
							rivista con la Compagnia comica napoletana 
							Donizetti-Cafaro, con le chanteuses, il 
							macchiettista D’Ambrosio e con la troupe 
							Florents (3). 
							
							Dalla stagione 
							autunnale del 1910 l’attività della sala Iris 
							ha una battuta d’arresto poiché non si rilevano 
							notizie sino al 4 giugno del 1911 quando si 
							ripropone al pubblico con il nuovo nome di Sala 
							Margherita. Vi operavano compagnie di prosa, di 
							varietà, contorsionisti, saltatori, illusionisti ed 
							artisti dai generi più differenti mentre, per la 
							stagione di Carnevale del 1912 vi si organizzavano 
							molti veglioni. Le rosee aspettative degli esordi 
							sembrano però essere svanite ed anche se la 
							partecipazione della cittadinanza è sempre numerosa, 
							la caratteristica degli spettacoli era divenuta 
							qualitativamente meno rilevante e non si parlava più 
							di proiezioni cinematografiche. L’interesse del 
							prof. Di Silvestro si era diretto ad altro, dapprima 
							alla sala  Eden ed in seguito al teatro 
							Excelsior che si imporrà per il suo maggior 
							livello artistico. 
							
							È il 6 
							febbraio del 1913 quando, dalle pagine della cronaca 
							de’ Il Popolo Abruzzese si apprende che, "rimessa 
							completamente a nuovo ed ampliata in modo ammirabile 
							a cura di una benemerita società cittadina con a 
							capo il dott. Pandolfi" è stata riaperta al pubblico 
							la Sala Margherita col nuovo nome di 
							Teatro Sociale (4). 
							
							A questo 
							punto è opportuno aprire una breve parentesi circa 
							la predetta impresa teatrale della quale faceva 
							parte Carlo De Filippis Delfico, figlio del 
							musicista e geniale pittore caricaturista Melchiorre 
							(Teramo, 26 marzo 1825 - Portici, 22 dicembre1895) e 
							di Concetta Sposito (Napoli, 9 dicembre 1843 - 
							Portici, 8 dicembre 1889). Carlo, terzogenito di 
							dieci fratelli, era nato a Portici il 24 gennaio 
							1867, aveva sposato a Napoli il 2 aprile 1885 
							Vincenza Catena (Napoli, 6 marzo 1867 - Pescara, 20 
							dicembre 1944) e dal matrimonio erano nati 
							Melchiorre, Concetta e Giuseppe Mario e, a 
							Montesilvano, Ettore, Orazio, Fernando e Armando 
							(5). Carlo, infatti, tra la fine del 1891 e l’inizio 
							del 1892, come risulta dalle liste elettorali, con 
							tutta la sua famiglia e con la sorella Celeste era 
							partito da Napoli alla volta di Montesilvano, dove 
							vivevano i fratelli del padre, Troiano e Filippo De 
							Filippis Delfico ed altri numerosi parenti. Non si 
							conosce per quale causa Carlo abbia lasciato Napoli, 
							è ipotizzabile però che il motivo potrebbe essere 
							stato quello di occuparsi dei beni che il padre 
							Melchiorre aveva ereditato alla morte dei genitori 
							Gregorio De Filippis e Marina Delfico e che, in 
							massima parte, si trovavano nella cittadina 
							abruzzese. Tale ipotesi è supportata dal fatto che 
							Carlo, negli atti dello stato civile dei figli che 
							nascono a Montesilvano, è definito "gentiluomo 
							proprietario". Non si hanno notizie sulla giovinezza 
							di Carlo ma, l’aver aderito ad una società teatrale, 
							fa pensare che a Napoli avesse maturato una qualche 
							esperienza in questo campo o avesse ereditato dalla 
							ecletticità del padre Melchiorre l’interesse per 
							l’arte e per la musica. Ora, come già si è asserito, 
							nel 1913 entra a far parte della società che 
							amministrava il Teatro Sociale, attività che 
							si avvia subito con un buon successo. La cronaca 
							della stagione di carnevale ci riferisce di 
							animatissimi veglioni e del debutto della valente 
							compagnia romana di operette "Alfredo Fabrini" con
							La vedova allegra (6). La stessa compagnia 
							rappresenta quindi La mascotte, un'opera 
							buffa di Edmond Audran, applauditissima per ilarità,
							I Granatieri, operetta del M° Vincenzo 
							Valente, le Campane di Corneville, opera 
							comica di Clairville e Gabet, musicata da R. 
							Planquette, il Sogno di un valzer di Oscar 
							Strauss, La Geisha di S. Jones ed infine 
							Il Conte di Lussemburgo di Franz Lehar. 
							Il teatro era sempre gremito ed il pubblico 
							apprezzava con entusiasmo sia i protagonisti, tra i 
							quali il soprano Z. Fabrini, il tenore V. Trabucco e 
							il baritono C. Corti, sia il gradevole allestimento 
							scenico e l’orchestra. Unica nota stonata scrive, 
							meravigliandosi, il cronista era "…l’assenza della 
							parte migliore di Castellamare, la quale dovrebbe 
							aiutare moralmente e materialmente una istituzione 
							diretta a dare una necessaria educazione artistica 
							alla cittadinanza" (7). Le programmazioni proseguono 
							tra serate dedicate alla musica lirica con le 
							esibizioni della coppia Gargano o con spettacoli di 
							più facile ascolto rappresentati dal trio Flores, 
							alternate a proiezioni cinematografiche di 
							lungometraggio e di assoluta novità.(8). Nel mese di 
							maggio del 1913 si esibisce in teatro la compagnia 
							drammatica Rossi-Girola che, all’epoca, doveva avere 
							una certa notorietà considerando gli elogi della 
							stampa rivolti non solo a tutti i protagonisti, ma 
							anche "all’ottima messa in scena ed allo splendido 
							vestiario". Il repertorio ritenuto "modernissimo" 
							era costituito dalla tragedia La Fiaccola sotto 
							il moggio di Gabriele D’Annunzio, dai drammi 
							Il cardinale di Louis Napoleon Parker, La 
							moglie del dottore di Silvio Zambaldi e La 
							Fiammata di Henry Kistemaekers. 
							
							Nella 
							serata d’onore della prima attrice Adalgisa Rossi 
							Girola il teatro, gremito da un "pubblico scelto", 
							applaude  con entusiasmo La figlia di Iorio, 
							tragedia in tre atti di G. D’Annunzio. L’attrice nel 
							ruolo di Mila di Codra, "eseguì con stupenda 
							assimilazione e commovente maestria le difficoltà 
							della parte, per la quale il pubblico restava 
							addirittura suggestionato… I modi attraenti, la 
							naturalezza d’espressione, che è sublime negli 
							scatti di dolore, di gelosia e di ripugnanza 
							conquistavano l’animo dell’uditorio…" scrive il 
							giornalista che non risparmia plausi agli altri 
							interpreti tra i quali Felice Girola nel ruolo di 
							Aligi. All’inizio della stagione estiva arrivano 
							al Teatro Sociale Les Mayer, eccentrica e 
							giovane coppia esibitasi nei primissimi 
							caffè-concerto dotata di talento che, arricchita da 
							splendidi costumi, presentava ogni sera un nuovo 
							repertorio di canzonette, macchiette e duetti 
							accompagnata al pianoforte dal M° Ugo Palombi. 
							Naturalmente non mancavano le proiezioni 
							cinematografiche, anch’esse originali con le quali, 
							il cronista si augurava che il pubblico di 
							Castellamare "scacci l’inerzia e si desti dal 
							letargico sonno da cui per la lunga invernata è 
							rimasto oppresso" (9). 
							
							L’impegno 
							della società amministratrice del teatro era sempre 
							diretto a dare spettacoli sorprendenti ed 
							allettanti. E’ la volta, nel pieno dell’estate, del 
							Trio Marchetti-Cacini con romanze, melodie e duetti. 
							I momenti comici di Gustavo Cacini riuscivano 
							spassosi mentre le esibizioni della "canzonettista" 
							Mirra Principi erano molto apprezzate. Le serate si 
							concludevano con programmi cinematografici che 
							avevano raggiunto un buon livello, grazie al giovane 
							operatore anconetano Carlo Casaretto il quale 
							"possiede una tale raffinatezza nell’arte che 
							guardando il quadro è come guardare il vero: 
							l’occhio non si stanca affatto poiché il quadro è 
							fermo e pieno di luce" commenta sempre N. Onined 
							sulle pagine de’ Il Popolo Abruzzese (10). 
							 
							
							
							Trascorrono alcuni mesi e il 24 novembre 1913 il 
							giovane Carlo Casaretto sposa Maria Concetta De 
							Filippis Delfico figlia di Carlo, una cerimonia 
							molto partecipata dalla cittadinanza di Castellamare 
							con un grande tributo di simpatia (11). Intanto il 
							primo dicembre al Teatro Sociale va in scena, 
							dopo una lunga attesa, la primaria Compagnia di 
							operette diretta da Gaetano Martinez che si era 
							esibita nei migliori teatri. Rappresentano La 
							casta Susanna di Jean Gilbert, una nuovissima e 
							applaudita produzione nella quale si distinguono, 
							tra gli altri, i soprani Edwige Warney, Teresa 
							Fulignoli e Ida Venturi, i tenori Gino Zelaschi e 
							Trabucco e gli affiatati cori, l’unica critica era 
							rivolta all’orchestra perché composta, a dire del 
							cronista, da pochi elementi ma che aveva assolto 
							comunque, in maniera soddisfacente, il proprio 
							ruolo. Il repertorio delle successive serate 
							prevedeva La principessa dei dollari di Leo 
							Fall, Il conte di Lussemburgo di Franz Lehar 
							e La reginetta delle rose di Ruggero 
							Leoncavallo. Il successo degli spettacoli e 
							l’indubbio talento della compagnia, che poi si 
							sarebbe diretta al Teatro Comunale di Teramo, 
							permettono alla Società teatrale di ricevere molti 
							consensi (12). Le testimonianze relative 
							all’attività del Teatro Sociale per l’anno 
							1914 sono veramente poche. La prima, riportata da Il 
							Popolo Abruzzese il 14 luglio ci riferisce che la 
							società amministratrice del teatro si è sciolta e 
							Carlo De Filippis Delfico è rimasto unico 
							socio-proprietario, notizia questa che fa intendere 
							una qualche difficoltà nella gestione del pubblico 
							locale. Il cronista comunque scrive che "questo 
							ottimo ritrovo è sempre popolato di canzonettiste, 
							macchiettisti, duettisti, oltre alle splendide 
							pellicole cinematografiche presentate ed apprezzate 
							dal pubblico…". In quel periodo vi operavano le 
							sorelle Bonheur e si aspettava, nelle sere 
							successive, il debutto della celebre Renata Carpi 
							definita "una stella del firmamento del varietà" di 
							primo Novecento (13).  
		Il 6 gennaio del 1915 la 
		cronaca del giornale riferisce dello strepitoso successo riscosso dalla 
		proiezione delle pellicole Peppeniello, ispirata ad un episodio 
		della rivoluzione napoletana del 1820 e Senza famiglia, tratta 
		dal romanzo di Hector Malot.  
		
		Ma il 17 gennaio 1915 le 
		pagine de’ Il Popolo Abruzzese sono in gran parte occupate dalla notizia 
		del terribile terremoto che, alcuni giorni prima, precisamente il 13, 
		aveva distrutto Avezzano e tantissimi altri centri della Marsica 
		causando oltre 30.000 vittime. Molti feriti erano giunti in treno anche 
		a Castellamare dove tutta la popolazione si era prodigata 
		nell’accogliere e curare i terremotati. La villa De Felici veniva 
		trasformata in un comodo ospedale come pure il padiglione marino, gli 
		alberghi e le case private. Ammirevoli per i soccorsi, oltre a tutti i 
		medici del luogo, erano stati molti giovani e tra questi viene elogiato 
		per l’opera infaticabile Melchiorre, primogenito di Carlo De Filippis 
		Delfico che, a sua volta, destinava alla causa umanitaria l’incasso 
		raccolto nelle tre serate in cui, presso il suo locale, si sarebbero 
		proiettate alcune pellicole cinematografiche tra le quali Il delitto 
		dell’altro.  
		
		Seppur il doloroso evento 
		sismico continuava a turbare gli animi della popolazione, l’attività 
		teatrale prosegue tra veglioni, operette e proiezioni di film mentre, 
		per la gestione degli spettacoli, il dott. Pandolfi torna ad affiancare 
		il De Filippis Delfico. Nel maggio dello stesso anno si ripropone a 
		Castellamare la Compagnia Martinez con l’allestimento dell’operetta 
		Eva di Franz Lehar ed anche questa volta, composta da valenti 
		artisti tra i quali la protagonista Amelia Ferruccio, ottiene numerosi 
		consensi soprattutto da parte del pubblico più competente (14). 
		 
		
		Il 23 maggio del 1915 
		l’Italia entra nel conflitto mondiale e sarà l’inizio di un lungo 
		periodo denso di difficoltà  e di sofferenza. 
		
		Mancano informazioni su 
		quanto avviene nel Teatro Sociale sino al 25 luglio quando un 
		trafiletto del giornale reca il seguente annuncio: "Come già si sapeva, 
		la nuova impresa, formata esclusivamente dal Sig. Carlo De Filippis 
		Delfico, ha voluto cambiare il nome al suo teatrino in Cinema 
		Teatro Olympia dappoichè, allontanatisi tutti gli altri soci, 
		era rimasto solo. Questa sera vi è l’insuperabile film di m. 1200 dal 
		titolo La grande guerra europea divisa in tre parti" (15).                                    
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		Il cinematografo Olympia in una cartolina d'epoca | 
     
    
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		Pur in mancanza di notizie è 
		possibile supporre che presso l’Olympia si continuino a dare 
		spettacoli e proiezioni ma si dovrà attendere il 19 marzo 1916 per 
		leggere sulle pagine del settimanale Vita Abruzzese l’avviso che presso 
		il teatro "… gentilmente concesso avrà luogo la pesca di beneficenza del 
		Posto di Ristoro per i militari malati o feriti di passaggio nella 
		stazione di Castellamare Adriatico … tra i doni pervenuti al Comitato 
		primeggiavano quelli delle LL. Maestà la Regina e la Regina Madre che 
		costituivano una tale attrattiva da assicurare la buona riuscita della 
		festa …". 
		
		A maggio dello stesso anno la 
		stampa reca tale annuncio: "All’Olympia, il proprietario Sig. 
		Carlo Delfico, per rompere la grande monotonia che invadeva questa 
		città, ha chiamata l’ottima e conosciuta Compagnia drammatica italiana 
		Fratelli Marchesini, che vi agisce da diverse sere riscuotendo 
		seralmente calorosi e meritati applausi…" soprattutto con la messa in 
		scena di Fedora, dramma del francese Victorien Sardou 
		(16). 
		
		La guerra faceva sentire i 
		suoi effetti tanto che per il 1917, dalle cronache locali, si ha 
		un’unica notizia riguardo all’attività dell’Olympia. E’ estate e 
		in teatro va in scena una brava Compagnia di varietà guidata "dal comico 
		Brugnoletto, un tipo romano autentico - scrive l’articolista - e diretta 
		con perfetto senso d’arte dal valente cav. prof. Morale, profugo 
		triestino ed autore di un magnifico Inno di guerra molto gradito 
		da S. M. il Re, … A questi fanno degna corona eleganti canzonettiste fra 
		le quali primeggia Grisette fine melodista e poi la De Giorgis, la 
		Ginette, la Berger quest’ultima professoressa di uno strumento delicato 
		e poco comune alle signorine, il flauto che suona in modo 
		impareggiabile. L’orchestrina sotto la magica bacchetta del prof. Morale 
		fa prodigi, e nell’insieme lo spettacolo merita di essere onorato di un 
		pubblico più numeroso". Nel contempo si da l’annuncio che in teatro, 
		nelle successive serate, si proietterà Il cuore d’Italia – Visioni e 
		palpiti, un film che a Roma aveva destato del fanatismo (17). 
		Proseguendo nel racconto delle vicende del cinema teatro Olympia 
		nel febbraio del 1918 si pubblicizza un "capolavoro di F. Russo della 
		Fausta - Film" dal titolo Le memorie di un pazzo mentre 
		per aprile lo spettacolo prevede il film La sposa della morte ed 
		un Concerto-varietà della Tournée Lepri - Ortiz. Nel mese di luglio 
		sulle pagine del giornale Vita Abruzzese si legge che "il Sig. Broglia 
		ha risollevato le sorti del ritrovo pubblico e sotto la gestione estiva 
		dell’avvenente e brava artista La Genovesi fa sì che ogni sera la sala 
		teatrale sia meta di tutta la cittadinanza che ama prendersi un po’ di 
		svago tra tante trepidazioni e tanti sacrifici". Dopo le recite della 
		Compagnia Rossi - Girola, i programmi della Tournée Riccio e le 
		proiezioni di vari film si fa pubblicità, a piena pagina, alla valente e 
		spettacolare Compagnia in musica di Felice Paccot. 
		
		In ottobre, infine, debutta 
		la Compagnia di varietà e commedie musicali Rambaldi - Gargano (18). 
		Siamo nel 1919. Dalla lettura dei periodici d’epoca si nota che le 
		proiezioni cinematografiche più o meno spettacolari e di interesse 
		artistico si stanno ormai affermando. Proseguono comunque le 
		rappresentazioni dal vivo seppur di mediocre qualità: in febbraio 
		"furoreggiano" la divette Gigetta e il trio danzante Corno d’Oro, 
		in aprile sarà la volta della Compagnia di operette Lepri - Ortiz che 
		propone Addio giovinezza e La vedova allegra. I commenti 
		del cronista non sono esaltanti. Scrive infatti: "E’ andata in scena 
		La vedova allegra ed ha fatto male perché la vedova Clavari tutto 
		aveva fuorché la voce, dote indispensabile per i lavori in musica. Di 
		buono vi è la signora Pia Ortiz e qualche elemento maschile. L’egregio 
		sig. Spartaco Lepri, poi, sarà un bravo caratterista ma ormai gli anni 
		anche per lui… diminuiscono come… i denti e le sue funzioni si 
		dovrebbero limitare a quella di ottimo Direttore". Per agosto, infine, 
		si attendeva il debutto della compagnia napoletana Franchi – Urciuoli le 
		cui aspettative erano notevoli (19). 
		
		L’undici gennaio 1920 ritorna 
		a Castellamare, nel teatro Olympia, la compagnia di prosa diretta 
		da Edoardo Marchesini, che debutta con La Volata di Dario 
		Nicodemi per eseguire nelle successive sere Il padrone delle ferriere 
		di George Ohnet, Il cardinale e La Fiammata, spettacoli 
		che, come precisa il cronista, divertono con diletto e moralità di cui 
		"la crescente gioventù ne sente in verità troppo il bisogno". Si era 
		precipitati, infatti, all’indomani della guerra in una profonda crisi 
		economica e il cosiddetto teatro di rivista un misto di
		
		prosa,
		
		musica,
		
		danza 
		e scenette umoristiche ispirate alla semplice attualità e ai 
		tradizionali cliché erotico-sentimentali, uniti da un sottile filo 
		conduttore e dalla presenza di personaggi fissi come la 
		
		soubrette, 
		era alquanto decaduto. Complice ne era la veloce affermazione del cinema 
		cosicché il varietà, per sopravvivere, andava modificandosi in 
		avanspettacolo ossia in quelle brevi rappresentazioni, non prive di 
		brio, che anticipavano le proiezioni. A tal proposito, nel febbraio del 
		1920, si annunciano una serie di film interpretati dalle "più avvenenti 
		e preferite regine della scena muta", tra i quali emerge "l’emozionante 
		capolavoro drammatico" L’agguato della morte. 
		
		Il 15 marzo, per la stagione 
		primaverile di prosa, Luigi Ballerini, direttore del settimanale Vita 
		Abruzzese, nel comunicare con enfasi l’arrivo della Compagnia Drammatica 
		Italiana di Armando Pizzigati esclama: "Finalmente respiro! Dopo molti 
		mesi di parecchie Tournée di varietà e di attrazioni più o meno 
		decenti, di gruppi dialettali più o meno… castigati e digeribili, ecco 
		che sul palcoscenico del Teatro Olympia si presenta una valente, 
		simpatica ed elegante Compagnia di prosa italiana. E ne era tempo, 
		perché ormai di lazzi e di oscenità, di dialoghi sgrammaticati a 
		soggetto, di prodezze da bascio puorto e di fischi e di 
		pernacchie – mi si permetta il vocabolo sconcio – il pubblico di 
		Castellamare ne era ormai arcistufo e stanco, tanto che le migliori 
		famiglie della città da tempo avevano totalmente disertato il teatro…". 
		Passa quindi ad esaltare la Compagnia costituita da un gruppo affiatato 
		di artisti, provenienti dalla dotta Bologna che, per la loro 
		preparazione sin dalla prima recita, hanno destato viva ammirazione 
		ristabilendo sul palcoscenico "…la nobile missione di educare, 
		ingentilire, commuovere e divertire in forma degna il pubblico…". Il 
		programma che prevedeva L’Avvocato difensore, commedia di Mario 
		Morais, Scampolo di Nicodemi, La morte civile dramma di 
		Paolo Giacometti, ebbe grande successo e non si risparmiano parole di 
		elogio per tutti gli artisti tra i quali oltre al Pizzigati, le signore 
		G. Venezze e Nardi ed i signori M. Micarelli, F. Fucigna e Ventura (20). 
		 Le proiezioni cinematografiche prevedevano invece il dramma siciliano a 
		forti tinte Feudalismo e Il diritto di uccidere. Per 
		aprile la cronaca ripropone il ritorno del geniale e popolare artista 
		Brugnoletto col suo originale spettacolo di varietà e per maggio la 
		rinomata e valente Compagnia Drammatica Ravielli – Martini. Ma, sulla 
		stampa, risalta la nota critica del cronista che sottolinea la scarsezza 
		di pubblico presente agli spettacoli, quel pubblico che sarebbe invece 
		accorso numeroso se "… quattro chanteuse sguaiate e scollate" 
		avessero calcato la scena. Per la stagione estiva del 1920 si propongono 
		le proiezioni delle spettacolari avventure del ladro gentiluomo 
		Rocambole tratte dai romanzi del francese di Ponson du Terrail e le 
		comiche dell’attore Max Linder nel caffè Philibert, lavoro 
		parigino che si proiettava con successo nei cinema dei grandi centri. 
		Per l’inizio dell’autunno l’Olympia ha in programma La 
		canaglia di Parigi e L’inferriata della morte interpretato 
		dall’avvenente attrice del cinema muto Italia Almirante Manzini 
		realizzando il cosiddetto "pienone". La mancanza di fonti non permette 
		di conoscere l’attività del teatro sino al 4 giugno 1921 quando si 
		annuncia il debutto della Compagnia di operette L’Unica guidata 
		dall’esuberante e bravo artista Felice Paccot, già noto a Castellamare, 
		accompagnata dall’orchestra diretta dal maestro De Marco di Francavilla 
		con l’esecuzione, tra le altre, di Parigi mia. Tanti i consensi 
		del pubblico che dimostra di apprezzare le doti dei diversi interpreti 
		tra i quali il soprano Carmen Storari e il tenore Tommaso Cisternino. 
		Oltre ai commenti teatrali, tra le note del giornale si legge che Carlo 
		Delfico (sic ma De Filippis Delfico) ha in programma il restauro 
		dell’Olympia per renderlo più elegante e più comodo, dotandolo 
		anche di un eccellente buffet dove il pubblico potrà trascorrere 
		allegre serate così da evitare la "monotonia del cinematografo". Il 
		Panzini nel riportare la notizia si congratula col Delfico per l’ottima 
		idea che spera di vedere realizzata nel più breve tempo possibile (21). 
		
		Com’è ormai consuetudine non 
		mancano i film, sono in visione Le isole insanguinate e le due 
		serie delle Notti Rosse mentre si attende il varietà del Duo 
		Felios. "Ma gli affari sono magri - scrive il cronista - sia all’Excelsior 
		che all’Olympia … il caldo tropicale non invoglia né i cittadini 
		né i forestieri a frequentare i teatri tanto più che la musica al mare 
		attrae la popolazione all’aperto. - Ed aggiunge …ma ora che inizierà le 
		sue rappresentazioni il Circo equestre in piazza, saranno tre i ritrovi 
		che si danneggeranno a vicenda e, francamente, si poteva benissimo 
		evitare dall’autorità locale tale spietata concorrenza, specie quando 
		non va a beneficio di nessuno". Nel settembre del 1921 ritorna in teatro 
		la Compagnia Drammatica dei fratelli Luigi e Sante Marchesini con Il 
		Beffardo di Nino Berrini che ottiene sempre un notevole successo 
		seguita da quella di Giovanni Grasso Junior che, circondato da attori di 
		talento, ogni sera conquista il pubblico sia nel dramma che nella 
		commedia. 
		
		La mancanza di informazioni 
		non rende possibile sapere cosa avviene nel 1922. L’unica notizia è 
		quella del 29 ottobre quando su Vita Abruzzese si legge che la Compagnia 
		Napoletana Trengi - Petito - Bonandi ha rappresentato la brillante 
		commedia Il medico dei pazzi, farsa in tre atti di Eduardo 
		Scarpetta, proprio una settimana successiva alla marcia su Roma (22 
		ottobre) che segnerà l’inizio del ventennio fascista che tanto influenzò 
		il ruolo e lo sviluppo del cinema. 
		
		Nell’aprile del 1923, dopo le 
		recite musicali de’ La Nova, arriva all’Olympia la compagnia 
		comica di prosa Tina Paterno che porta in scena nuovi spettacoli per 
		Castellamare mentre in ottobre la Compagnia Lirica Castelmonte, 
		proveniente dalle esibizioni nel teatro Marrucino di Chieti, eseguirà 
		tre opere liriche Lucia di Lammermoor e La favorita di 
		Gaetano Donizetti e Norma di Vincenzo Bellini. Mancano notizie 
		intorno all’attività del teatro sino all’estate del 1924, un’estate che, 
		come scrive il cronista, vede pochi "bagnanti" a Castellamare a causa 
		sia della crisi economica sia dei prezzi troppo elevati in una cittadina 
		ancora priva di grandi e comodi alberghi, di pensioni convenienti, di 
		moderne e organizzate attrattive atte a richiamare i turisti ed a 
		conferma di ciò, per quanto riguarda gli spettacoli, rende noto che all’Olympia 
		e all’Excelsior si susseguono divertenti serate di varietà, di 
		prosa e film non meglio specificati. Intanto, il 15 agosto dello stesso 
		anno, Carlo De Filippis Delfico si iscrive alla Camera di Commercio di 
		Teramo col n.5199 come impresa di "Spettacoli cinematografici e 
		teatrali" in conseguenza delle nuove norme che disciplinano tali 
		attività e, da questa data, scende un lungo silenzio su quanto avviene 
		nel teatro Olympia.  
		
		Sono questi gli anni in cui, 
		sopite le annose discordie tra Castellamare Adriatico in provincia di 
		Teramo e Pescara in provincia di Chieti, negli amministratori del tempo 
		matura l’idea di riunire i due comuni, divisi nel 1806 durante 
		l’amministrazione napoleonica, per avere maggiori possibilità di 
		sviluppo soprattutto dal punto di vista economico. Così con il sostegno 
		dell'autorità politica del ministro abruzzese
		
		Giacomo Acerbo 
		e del prestigio di
		
		Gabriele 
		D'Annunzio il 2 gennaio 1927 Pescara viene elevata a 
		provincia annettendo Castellamare Adriatico che perderà il comune e il 
		toponimo. In questa nuova realtà l’11 settembre 1927 è il settimanale 
		L’Adriatico ad annunciare brevemente che "l’Olympia, tornato 
		sotto la gestione di Carlo Delfico dà sempre spettacoli cinematografici" 
		e da questo momento in poi, difatti, stando alle programmazioni 
		riportate sul citato settimanale, si annunceranno esclusivamente 
		proiezioni di film allora in voga: dai western ai mitologici, da quelli 
		di guerra ai comici (22). 
		
		Nell’edizione del 26 gennaio 
		del 1930 de’ L’Adriatico si legge che la sezione provinciale di Pescara 
		dell’Opera Nazionale Dopolavoro, associazione creata nel
		
		1925 
		dal
		
		regime fascista 
		col compito di occuparsi e programmare il tempo libero dei lavoratori, 
		ha stipulato una convenzione con la Federazione Industriale Fascista 
		della provincia di Pescara concernente la riduzione da accordarsi ai 
		"dopolavoristi" nei teatri e nei cinematografi esistenti nel comune pari 
		al 30% sul costo del biglietto col seguente calendario: lunedì e venerdì
		all’Excelsior, martedì  e giovedì al Pomponi, mercoledì e 
		sabato all’Olimpia, lunedì e giovedì al Michetti con 
		l’obbligo, per le ditte associate, di rispettare quanto convenuto (23). 
		D’altra parte è noto che il Fascismo pose grande attenzione al controllo 
		della cultura e in particolar modo del cinema, considerato un ottimo 
		mezzo di propaganda e un efficace sistema per il controllo della 
		popolazione. Si moltiplicarono le aperture di sale cinematografiche ed 
		anche la loro stretta vigilanza con periodici monitoraggi sulla 
		gestione, sugli spettacoli, sugli orari. In un documento conservato 
		presso l’Archivio di Stato di Pescara nel fondo Prefettura e 
		datato 24 ottobre 1935, sono elencati tutti i teatri della provincia, il 
		nome della sala, il gestore, la categoria e il numero dei posti (24). In 
		questo atto si legge che l’Olimpia è sempre di Carlo Delfico, è 
		di terza categoria ed ha 328 posti, mentre dal Catasto si evince 
		che l’edificio, situato in Piazza Vittorio Emanuele al n. 20, costruito 
		da Panfilo Di Michele viene acquistato nel 1928 da Giovanni e Tullio 
		Cecamore di Achille, con atto del notaio Fusilli di Pescara (25). 
		 
		
		Da questo momento non si 
		hanno più  notizie circa la gestione del cineteatro e se, dopo la 
		scomparsa di Carlo De Filippis Delfico nel 1940, sia stata portata 
		avanti da qualche familiare.  
		
		Per concludere la narrazione 
		delle "vicissitudini" del teatro Olimpia si riporta uno stralcio, 
		tratto dall’articolo di Giuseppe Quieti, pubblicato su Il Messaggero 
		dell’8 settembre 1988 dal titolo "Formidabili quegli anni". 
		L’autore ripercorre col pensiero i tempi andati, luoghi, situazioni e 
		personaggi della Pescara degli anni trascorsi e scrive "… Siamo diretti 
		al cinema Olimpia meglio conosciuto come ‘il Pidocchietto’… ma vi 
		avevo promesso un’altra specialità a buon mercato, e allora, prima di 
		entrare, compriamo qualcosa alla bancarella (un carrettino) della 
		vecchietta che, davanti al cinema, vende ceci e fave abbrustolite… 
		squisite. Ma bisogna consumarle dentro il cinema, c’è più gusto, mentre 
		si guardano due films (uno è certamente un western con Buster Crabbe). 
		Una raccomandazione importantissima: o andate in galleria o, se questa è 
		piena, come accade normalmente, e siete costretti a stare in platea, non 
		vi sedete in quelle due file vuote al centro della sala. Come vedete c’è 
		il pienone, molti spettatori stanno in piedi ma due file sono vuote. 
		Sono quelle sotto la balconata della galleria da dove piovono, senza 
		sosta, bucce di fave e qualcos’altro degli spettatori delle prime file 
		della galleria. Se, uscendo dal cinema avete sete (ceci e fave mettono 
		sete) c’è, a pochi passi, l’osteria dei ‘Sette nani’… Quell’angolo di 
		Pescara intorno alla chiesa del Sacro Cuore resiste ancora in parte. La 
		vecchietta (Genoveffa si chiamava?) dei ceci e delle fave è scomparsa da 
		molti anni; l’osteria dei ‘Sette nani’ più di recente, ma il cinema c’è 
		ancora. Oggi si chiama Centrale. E’ un cinema rinnovato ma con 
		una certa aria di dolci nostalgie. Ne è passato di tempo…"(26). E, sulle ceneri del 
		Centrale, abbattuto nell’estate del 2001, sorgerà un palazzetto di 
		vetro che, oggi, ospita la libreria Feltrinelli.            
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		Il palazzetto che ospitava il cinema Centrale | 
     
     
   
  
 
  
      
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		(1) Biblioteca 
		Provinciale "M. Delfico" Teramo, (d’ora in poi B.P.M.D.), Il Faro, 27 
		gennaio 1910. 
		
		(2) B.P.M.D.,
		Ibidem, 6 marzo 1910. 
		
		(3) B.P.M.D., 
		Ibidem agosto-settembre 1910. 
		
		(4) B.P.M.D. 
		Il Popolo Abruzzese, 6 febbraio 1913, a. II, n.50. 
		
		(5) Per 
		maggiori dettagli sulla discendenza genealogica di Carlo De Filippis 
		Delfico cfr. www.defilippis-delfico.it 
		
		(6) B.P.M.D., 
		Il Popolo Abruzzese, 22 febbraio 1913, a. II, n.54. 
		
		(7) B.P.M.D., 
		Ibidem, 26 febbraio e 1 marzo 1913. 
		
		(8) B.P.M.D., 
		Ibidem, 19 aprile 1913.  
		
		(9) B.P.M.D.,
		Ibidem, 11 giugno 1913. 
		
		(10) B.P.M.D.,
		Ibidem, 15 luglio 1913. 
		
		(11) B.P.M.D.,
		Ibidem, 3 dicembre 1913. 
		
		(12) B.P.M.D.,
		Ibidem,17 dicembre 1913. 
		
		(13) Una immagine di Renata Carpi trovasi sul sito 
		www.avellinesi.it/RENATA%20CARPI.htm  
		
		(14) B.P.M.D., 
		Il Popolo Abruzzese, 13 maggio 1915. 
		
		(15) B.P.M.D.,
		Ibidem, 31 luglio 1915. 
		
		(16) B.P.M.D.,
		Ibidem,13 maggio 1916. 
		
		(17) B.P.M.D., 
		Vita Abruzzese, 11 luglio 1917. 
		
		(18) B.P.M.D.,
		Ibidem,21 luglio 1918. 
		
		(19) B.P.M.D.,
		Ibidem, febbraio-aprile-agosto 1919. 
		
		(20) B.P.M.D., 
		Vita Abruzzese, 11 luglio 1920. 
		
		(21) B.P.M.D.,
		Ibidem, 11 luglio 1921. 
		
		(22) 
		Biblioteca Provinciale "G. D’Annunzio" Pescara, L’Adriatico, 11 
		settembre 1927. 
		
		(23) 
		Biblioteca Provinciale "G. D’Annunzio" Pescara, Ibidem, 26 
		gennaio 1930. 
		
		(24) Archivio 
		di Stato Pescara, Prefettura, b.63. 
		
		(25) Archivio 
		di Stato Pescara, Ufficio Tecnico Erariale 
		Pescara - Catasti. 
		
		(26) B.P.M.D., 
		Il Messaggero, 8 settembre 1988.   | 
       
   
 
  
    
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		Un sentito grazie per la preziosa collaborazione a Fausto Eugeni e 
		Franca Saraullo.  | 
     
     
     
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