De Filippis

 

De Filippis-Delfico

 

(Teramo, 1820)

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Stemma famiglia De Filippis-Delfico, Teramo, 1820

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Delfico

(Napoli, sec. XVIII)

(Teramo, sec. XV)

Stemma famiglia De Filippis, Napoli, sec.XVIII

Stemma famiglia Delfico, Teramo, sec.XV

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G. Bernardino Delfico Deputato al Parlamento

Ricordanze cittadine

di Giacinto Pannella

In "Rivista Abruzzese di Scienze, Lettere ed Arti", a. IV, 1889, pp. 46-50

 

10 e 11 marzo del 1811

Un altro attestato di benemerenza pubblica (1) è dato a G. Bernardino Delfico dal Governo Napoleonico e dagli elettori della Provincia. Quello lo nomina Presidente del Collegio elettorale, questi lo eleggono a Deputato al Parlamento Nazionale in Napoli (2).

Il ministro degli affari interiori, G. Zurlo, ai presidenti dei collegi elettorali indirizza parole calde d’amor di patria nel 2 febbraio del 1911, lette, insieme con le istruzioni dal capo della Provincia Augusto Turgis, nella galleria del Vescovado il 10 marzo del 1811:

«Niente di più nobile ed augusto quanto il grande oggetto che ci riunisce. Un Sovrano benefico vi chiama a concorrere alla grande opera della prosperità nazionale. Egli vuole che i suoi popoli godano del prezioso dono di una costituzione e desidera che ne sentano gli effetti salutari. Quindi riunisce intorno di sé il Parlamento Nazionale, dove voi dovete inviare i rappresentanti del vostro ceto (3). Quanto questa scelta sia importante non ho bisogno d’indicarvelo. Il Sovrano aspetta dai lavori di coloro che son chiamati nei sedili di ciascun ceto le nozioni utili, tutti gli schiarimenti necessarii per conoscere le piaghe che affliggono ancora lo Stato e rimarginarle. La nazione presso di cui era spenta ogni idea liberale, sorpresa di vedersi per la prima volta consultata per mezzo dei suoi rappresentanti su de’ grandi oggetti che interessano tutti gli ordini dello Stato, ne attende avidamente i risultati. Che sì giuste speranze non siano dunque deluse! Che i generosi sforzi del Sovrano, gli interessi più cari della nazione, i vostri, non siano traditi! Riuniti per lo stesso oggetto, animati dagli stessi principii, spinti dalla  stessa impulsione, voi non avete che un voto inanime, e questa cadrà su coloro che circondati dalla stima pubblica san forzare le opinioni e comandare i cuori. Come sarà dolce per voi il potersi dire: Io ho scelto chi sa degnamente rappresentare la provincia ed esporne i bisogni. Io ho fatto il mio dovere…».

A queste comunicazioni dell’Intendente, oggi Prefetto, il Delfico prendendo posto di Presidente del Collegio Elettorale rivolge al capo della Provincia parole di ringraziamento, piene di profonda dottrina ed improntate a sensi magnanimi di nobile cittadino:

«Ferma, signore, ferma per un istante il passo che alle gravi cure dello Stato frettolosamente rivolgi. Se di notte e di giorno te stesso consacri al servizio del re ed al bene dei suoi sudditi, i voti ora e di questo augusto congresso degnate ascoltare. Al dotto tuo e sublime ragionamento a me nulla rimane che aggiungere: Tanto ben espresse hai le alte idee del benefico Sovrano, ed i sacri doveri di questi consiglieri elettori nella nomina d’un deputato al Parlamento nazionale. Ma chiunque sia questo deputato, ch’eletto verrà a coprire sì alte funzioni col rappresentare all’augusto Monarca i disastri pubblici e gli opportuni rimedii politici, non potrà egli adempiere mai sì importanti e delicate operazioni senza l’appoggio de’ tuoi lumi, della tua saviezza e dell’alta tua autorità. In te dunque, o Signore, ed i deputati e la provincia intera rifilano e sicuramente riposano per questa grande opera. Al primo genio del mondo, nelle cui mani sono i destini della nazione, è tenuto questo regno della fausta sorte di veder dopo tanti secoli risorgere questi popoli siculi al grado di una nazione d’Europa. Il Normanno, lo Svevo, l’Aragonese piantarono le prime basi nazionali, che vacillarono e caddero; ma all’immortale Napoleone ed al vittorioso Gioacchino è dovuta la gloria di una stabile e ferma costituzione, che ci richiama ad essere una nazione, ed a noi fedelissimi sudditi riverbera i beni di goderne i frutti col mezzo delle deputazioni di tutte le provincie del regno al Parlamento Generale. Soggetti degnissimi da S. M. nominati a questo rispettabile collegio elettorale conoscono perfettamente i loro doveri inverso il Re, inverso la patria e loro stessi, e quindi è sicuro il Parlamento che il tutto adempiono con la massima religiosità ed esattezza».

Nella galleria del Vescovado furono pertanto convocati dall’Intendente i 63 elettori della provincia il 10 marzo a prestarvi giuramento e ricevervi istruzioni, e nel dì seguente, sotto la presidenza del Delfico, eleggervi il deputato al Parlamento.

Dei 63 elettori furono presenti:

G. Bernardino Delfico, Presidente – Gianluca Ciotti – Vincenzo Comi – Gregorio Marcozzi – Giammichele Thaulero – Francesco Saverio Tullij – Sigismondo Montani – Giacomo Gaspari – Francesco Saverio Pallotta – Francesco De Mattheis – Gian Valerio Sorricchio – Domenico Massimi – Gregorio Fanella – Pietro Giovanetti – Simone Aielli – Luigi Rozzi – Giacinto Severini – Giampalma Palma – Mercurio Frisanti – Luigi Iannetti – Camillo Potrei – Francesco Ciafardoni – Pietro Macozzi – Emidio Mezzoprete – Gian Vincenzo Spinozzi – Agostino Michetti – Ferdinando Brandarelli – Pasquale Scorpioni – Giacinto Abati – Concezio Leopardi – Tommaso Torres – Giuseppe Florio – Carlo Caruso – Paolo Guanciale – Francescantonio Chiola – Pietro Todesco – Gesualdo d Felici – Giacinto Firmani – Angelo Vannelli – Francesco Saverio de Flamminii – Domenico Mapei – Minandro Iannelli – Bartolomeo De Amicis – Giuseppe De Albentiis – Nemesio Fasciani – Giantomaso Rosa - Pier Luigi Tartaglia.

Ed assenti:

Eugenio Michitelli – Giuseppe Maria Albii – Andrea Gaudiosi – Donatantonio Franceschelli – Luigi Forcella – Vincenzo Treccia – Emanuele Presbiteri – Pasquale Pallantani – Giambattista Leognani Ferramosca – Vincenzo De Pompei – Saverio Ferri – Giuseppangelo de Angelis.

Furono eletti: scrutatori, Luigi Iannetti, Giacinto Firmani e Gesualdo de Felici; segretario, Pietro Todesco.

Infine i cinquantuno elettori ad unanimi voti elessero «Deputato al Parlamento Nazionale a Napoli Gian Bernardino Delfico dell’età di anni settantadue, di famiglia nobile e benestante, senza essere stato verun altro nominato o proposto (4)».

Ma in quegli anni battaglieri la toga cedeva alle armi, e i Deputati non furono raccolti a parlamento. Solo dopo la pace di Parigi, quando ancora nel Congresso di Vienna agitavansi le sorti dei popoli e dei re pei compensi e le restituzioni delle terre occupate, Gioacchino in Napoli veniva la prima volta richiamato per alquanti de’ suoi generali, Pepe, Carascosa, D’Ambrosio, Strongoli, nei consigli e nei campi, allo Statuto di Bajona da lui giurato, né mai adempito (5). Ma il governo di Gioacchino venne meno, e con esso ogni disegno di costituzione. Però G. Bernardino Delfico non poté dalla tribuna del Parlamento spendere il tesoro delle sue dottrine giuridiche e sociali, che grandi erano, a pro della sua patria. In quella vece si raccolse nei suoi studi prediletti e nel 1812 diede alla luce la maggiore delle sue opere: INTERAMNIA PRETUZIA.

Anche in vita il governo napoleonico e convocato il Parlamento, egli non avrebbe a lungo preso parte all’Assemblea nazionale, ché morte lo spense il 17 gennaio del 1814.

Dell'Interamnia Pretuzia

Dell'Interamnia Pretuzia

Dell'Interamnia Pretuzia (indice)

Dell'Interamnia Pretuzia (indice)

Dell'Interamnia Pretuzia (osservazioni di Orazio Delfico)

Dell'Interamnia Pretuzia (osservazioni di Orazio Delfico)

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(1) Con decreto del 18 febbraio del 1810 il Delfico era stato nominato Presidente della Società d’Agricoltura. V. Rivista Abruzzese, anno III, fasc. Ve VI.

(2) V. Collezione degli edili, determinazioni, decreti e leggi, Napoli nella Stamperia Simoniana; e Bollettino delle leggi del Regno di Napoli, in Napoli nella Stamperia francese, 20 giugno 1808, 9 novembre 1809, e 2 febbraio 1811.

(3) Secondo lo Statuto Costituzionale, detto di Bajona dal luogo ove fu dato nel 1808, vi dovevano essere rappresentanti del ceto dei nobili, degli ecclesiastici, dei commercianti e dei possidenti. Dei rappresentanti di questi ultimi si faceva l’elezione dagli elettori delle provincie.

(4) Atti dell’Intendenza della Provincia di Teramo. Marzo 1811.

(5) G Pepe. Memorie.