De Filippis

 

De Filippis-Delfico

 

(Teramo, 1820)

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Stemma famiglia De Filippis-Delfico, Teramo, 1820

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Delfico

(Napoli, sec. XVIII)

(Teramo, sec. XV)

Stemma famiglia De Filippis, Napoli, sec.XVIII

Stemma famiglia Delfico, Teramo, sec.XV

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Fiera franca in Pescara

di Melchiorre Delfico

Scritto del 1823, pubblicato nelle Opere complete, Teramo, Fabbri, 1901-1904, a cura di G. Pannella e L. Savorini, vol. IV, pp. 293-305

Le provincie in Abruzzo, occupate dagli Appennini e dalla loro numerosa famiglia fino alla spiaggia dell’Adriatico, non presentano allo sguardo vaghezze di aspetto, e fertilità di suolo; non facilità di comunicazioni commerciali e civili, non ricchezze spontanee della natura; ma in tali poco felici circostanze, le pregevoli qualità degli abitatori le rendono degne di qualche particolare sguardo, onde migliorare la loro condizione nelle stesse circostanze in cui furono collocate dalla provvidenza. E poiché ognuno dev’essere persuaso, che non sono ignote quelle teorie, dalle quali la scienza delle pubbliche cose trasse i principj fondamentali della politica economia, e delle grandi operazioni della medesima; sarebbe inutile ed importuno il riportar ad esame le tante quistioni fatte su l’uso delle famiglie in materie di finanze, poiché ciascuno intende, che non le massime generali o i principj assoluti, ma le condizioni delle circostanze di luogo, di tempo, di persone possono influire sul bene o il male della cosa immaginata.

Ma, le cognizioni particolari a tal uopo necessarie, non potendo essere facilmente presenti a coloro che non hanno fatto particolari osservazioni sopra un qualche oggetto, sarà bene discorrere a fare aperto, e chiaro lo stato delle cose. I naturali progressi del civilizzamento de’ popoli fece presto provar loro nuovi bisogni, a soddisfare i quali o si negava il proprio suolo, o non era sufficiente la loro industria. Fu d’uopo perciò rivolgersi altrove; quindi successivamente la necessità de’ mercati, degli Emporj, delle Fiere, dove riuscire facile il provvedersene.

Or in tutto l’esteso litorale di queste provincie benché abbondino tali stabilimenti, non sono però in grado di soddisfare tutti i bisogni. In tale stato di cose, non essendovi in tutta questa parte d’Italia altro grande Emporio o fiera franca che quello di Sinigaglia nello stato della Chiesa, stabilito da secoli; esso attrae di necessità il concorso di tutti i negozianti, mercadanti, e molti proprietarj ancora delle nostre provincie, benché la fiera sia sul colmo della stagione estiva, ed il luogo di aria sospetta, se non malsana.

Tanto basta, per comprendere, quanto debba esser dannosa per questi popoli non meno che pel Reale Erario, questa annuale emigrazione, la quale sotto l’apparenza di funzioni commerciali depaupera queste provincie; dove n’è tanto scarsa la circolazione. Comprendo, che se si trattasse di generi o di merci esotiche, solamente, all’Europa, o di qualche paese privilegiato, l’uscita del numerario potrebb’essere presso a poco la stessa; ma il trasportarsi da luogo assai lontano dalla patria, e far i trasporti delle persone e delle merci o per terra, o per mare, e ciò sopra legni stranieri, e tutte le spese che porta seco il non breve soggiorno in tali luoghi, dove il concorso rende caro il mantenimento; e le seduzioni a spendere oltre il bisogno sono di tante sorte; si riconoscerà manifestamente, che la straregnazione del numerario debba esser maggiore assai di quella occorrente per i generi, per i quali colà sono spinti i compratori. Dal che ne siegue, che tanto per questi, quanto per gli altri generi, il prezzo di rivendita debba essere più grave, accrescendosi sul prezzo naturale tutte le altre spese, le quali del resto possono essere maggiori o minori in tutto, riguardo alle particolari circostanze locali. Ma se questo aumento si verifica pei negoziati di prima e seconda mano, molto più sarà manifesto in quello de’ rivenditori, e quindi assai più caro ai compratori.

Or se questo semplice prospetto mostra abbastanza, quanto e quale sia il danno che deriva da un Emporio lontano e fuori del proprio stato, che diremo al conoscere, che in seguito di quello di Sinigaglia, vi sono altre due fiere simili più prossime al regno, le quali finiscono di attrarre qualche ducato residuale dalle borse de’ poveri vicini? Tali sono le fiere della città di Fermo, e di quella di Ascoli, tanto a noi vicina, che fu quistione fra i geografi, se al regno o allo stato della Chiesa si appartenesse. Per tal modo, spoglie di numerario queste popolazioni, qual meraviglia, se riesce ad esse sì difficile il prestar al real Erario i tributi della loro fedeltà e divozione?

Dovere tanto più difficile ad adempiersi dalle due provincie confinanti, in quanto che nell’epoca dell’attuale imposta territoriale, o per l’imperfezione dei metodi, o per troppa sollecitudine nell’applicazione, esse furono straordinariamente gravate, tanto nella valutazione arbitraria delle terre, quanto nei valori assegnati ai prodotti delle medesime, onde ne sono un imponibile assi superiore alle proporzioni indicate dalla giustizia; e disgraziatamente mai furono ascoltati i giusti reclami.

Ma, lasciando per ora questo soggetto, ritorno ai rapporti commerciali, ai quali per tanti modi è legata la finanza, e specialmente per i dazj d’immissione tanto interessanti per l’Erario. Per i quali, dopo quanto ho accennato, non ci farà più meraviglia, se gli ordinarj prodotti doganali sono molto scarsi nelle due provincie limitrofe, per le potenti efficacissime cagioni, le quali concorrono a produrre questo fenomeno così contrario al sistema. Ed a volerne considerare soltanto alcuni, cioè 1. Il lunghissimo confine facile a tramandarsi nello stimolo del lucro, e nella speranza della impunità. 2. La confinazione marittima, che immediatamente seguita quella del continente, e che si estende per molte miglia. 3. La posizione prossima delle merci straniere, e l’impossibilità di poterle assicurare, acciò non passino il confine, senza prestare il debito alla sovranità; si riconoscerà subito la cagione dell’attuale disordine. Or se il concorso dagli indicati motivi è la causa naturale e positiva di quelle frodi ai dritti doganali, cui si dà volgarmente il nome contro bandi, per cui di tanto resta diminuita l’entrata delle reali finanze; fa uopo spingere l’attenzione ed indicare i mezzi, per potersene liberare.

Come ovviare a quello della lunghezza del confine, che serpeggia in continuazione fra gli orridi Appennini, e le loro forse più malagevoli appendici? I muri cinesi non sono di moda: i cordoni militari sono consacrati alla salute pubblica, ed inapplicabili alla desiderata custodia: una masnada inquisitoria com’era quella del Tribunale della Grascia è rigettata dai principj di giustizia e di umanità, per cui fu abolito: ed il fatto continuo, prova che le quadre permanenti de’ custodi, o sia della forza armata, benché numerose e zelanti, sono inefficaci contro coloro che, forniti di sagacità e di arditezza, affrontano i più gravi perigli per qualche tenue lucro, che, in regolari modi pur potrebbero ottenere: e piaccia al cielo che la morale del volgo di ogni specie non contribuisca a questa strana bizzarria.

Or se l’intelligenza e vigilanza finanziera ha riconosciuti inutili i tentativi e gli sperimenti fatti finora, per liberarsi da questa razza di frodatori, veggiano se con altro mezzo giusto e regolare si possa a tal fine soddisfare.

E poiché è osservato, che la fiera di Sinigaglia e le altre più vicine dopo aver provveduto ai bisogni di quello stato, lasciano pure una quantità di generi e merci come un deposito, desideroso di passare in questo vicino Stato; si rileverà facilmente, che se questo deposito si facesse all’interno del regno, per mezzo di una fiera franca; ciò potrebbe non solo liberarci in gran parte dalle frodi e contro bandi, ma riparare ancora alla rovinosa esportazione del numerario, che riguarda meno le merci che le condizioni dell’acquisto, e che certamente resterebbe nel Regno in accrescimento de’ capitali, de’ quali tanto abbisogna la nostra agricoltura, ed alla quale non importa che i capitali siano tenui, purché molti. Forse in riguardo a simili vedute fu qualche anno addietro stabilita la fiera di Giulia in questa provincia, ma non occorrendo in tal paese le circostanze e le condizioni opportune, non ne risultò alcun effetto felice, corrispondente alle idee della finanza, o della pubblica economia; ciò non accadrebbe n Pescara.

Se questa città fosse fornita di un comodo porto, potrebbe desiderar la grazia di esser dichiarata scala franca; ma poiché pel comodo della navigazione non ha che un canale in cui il fiume è ristretto, i pubblici voti si devono ridurre ad una fiera per un tempo determinato, e sufficiente agli affari commerciali. Sinigaglia similmente non ha che un canale, e la città pure è ristretta da un breve ambito di mura, ed è intanto la maggior fiera dell’Italia dalla parte dell’Adriatico. Pescara però essendo una fortezza con stabile guarnigione, gode di un maggior grado di custodia, ciò che è massimamente importante in tali istituzioni, imperciocchè la franchigia consistendo specialmente nella libera introduzione delle merci straniere senz’alcun dazio di Finanze, e solo col semplice tenuissimo diritto di stellaggio e magazzino; e poter di nuovo esportare liberamente la parte invenduta, quella che rimane dentro le mura, o ne’ magazzeni di dogana, resta naturalmente sottoposta; e sicuramente onnopia alle ragioni della Finanza.

Per tal modo dunque restando le merci in una sicura custodia, i diritti non potranno essere facilmente frodati, ed i contro bandi quasi impossibili; e tanto più per essere un paese, nel quale non ve n’è stato mai né il gusto né l’abitudine. Tale è infatti di tali stabilimenti il vantaggio cioè di combinare la libertà coll’ordine, senz’alcuna vessazione.

Così da quanto si è proposto, con poche indicazioni par dimostrato, che colla fiera franca in Pescara sarebbe pienamente risoluto il problema, cioè come senza impedire la soddisfazione del bisogno delle straniere merci si può fare capace la straordinaria esportazione del numerario, ed assicurare l’introito dei diritti doganali dell’Erario? E qui giova osservare, che la generazione del bene essendo naturalmente feconda, altri preziosi vantaggi sorgere ne dovranno a’ popoli ed allo Stato.. E principalmente è ben certo quel dire, non doversi spatriare con perigli e dispendio, per gli affari commerciali di qualunque sorte. Basta dare uno sguardo sulla nostra carta geografica, per vedere che le due provincie marittime confinano per lungo tratto col fiume Pescara, e fino alla città ed al mere, e quella dell’Aquila, oltre di essere pur bagnata da questo fiume, si è pur ravvicinata alla città colla costruzione delle regie strade, per cui dalla parte marittima può trarre facilmente i doni di Minerva e di Bacco, da spandersi dove scarseggiano. Tutte e tre le provincie dunque saranno in grado di godere di questo benefico stabilimento quasi centrale per esse.

Ma, se ciò che riguarda il comodo dei cittadini, ed il sicuro risparmio del loro tempo e de’ mezzi, non è di lieve importanza molto maggiore è quella che ai comodi commerciali appartiene,poiché il poter trattare questi affari, quasi da propria casa, dà una nuova vita al commercio, ne moltiplica gli agenti, ne accresce i prodotti, e ne fa quasi nascere di nuovi. Così queste provincie, che ora scarseggiano in fabbriche, manifatture ed arti, saranno pur contente nel veder migliorate ed accresciute quelle che vi sono, per soddisfare senz’aiuto straniero ai nazionali bisogni. E l’accrescimento delle opere d’industria, portando quello della popolazione, i prodotti dell’agricoltura andranno pure all’aumento cui le forze dell’industria e della natura debbono condurli.

Tali sono gli effetti delle grandi operazioni della politica Economia; poiché eccitandosi nuovi e più estesi movimenti nella macchina sociale, va a sorgervi quasi una vita novella, una nuova circolazione di opere, che dalle più materiali si estende fino a quelle degli organi del pensiero. Ma accrescere l’attività propria non è escludere l’altrui, o volerci rendere indipendenti, in mezzo alle tante vessazioni, da’ progressi sociali. Il cielo mi guardi dall’essere assertore e promotore del dominante sistema esclusivo, quasi non si potesse far il proprio bene senza l’altrui danno. Una istituzione utile non s’introduce o promuove per emulazione, ma perché nella identità de’ bisogni e delle circostanze si sente la necessità di fare simili stabilimenti.

Quando più gli uomini saranno esseri simili, tanto più saranno ancora ragionevoli ed umani – e se le forme politiche prendessero pure questa uniformità o somiglianza, il flagello della guerra sarebbe assai raro fra i popoli. Ma, ritornando al nostro particolare oggetto, se abbiamo osservato il bene assoluto, ed i relativi vantaggi; ben è giusto l’osservare, se ostacoli di qualche sorta si potessero incontrare, per deviarli, o allontanarli del tutto. Per quanto però la mia breve vista si estende, io non so riconoscere di quelli, che politici si sogliono nominare, soliti a sorgere o per malintesa ambizione de’ popoli, o per simili rivalità di rapporti commerciali. Ed in verità la concessione di una fiera nel proprio Regno, dove a ciascuno sarà libero di andare, on può offendere gl’interessi e le vedute de’ gabinetti lontani, e molto meno quelli del vicino, portano dai principj motori del Governo al bene della umanità.

Molto meno penso, che possa essere un ostacolo il trovarsi la città di Pescara nella condizione di fortezza e piazza di armi con una permanente guarnigione; anzi sono nella idea che ciò debba farne un particolar pregio, per essere in una fiera maggiore il bisogno di una custodia, tanto per la sicurezza delle reali Finanze, quanto per la conservazione dell’ordine pubblico, più importante nel corso di gente straniera. L’esempio poi di altre città dell’Europa, le quali in simili condizioni pur attraggono gran concorso di commercianti, mi dispensa dall’addurne altre prove. Ostacoli fisici neppur si possono indicare, perché quella città fin dai più antichi tempi fu stazione navale e militare; e se alcuni anni indietro per un piccolo impaludamento del fiume Salino, quell’aria potè dirsi sospetta, l’umana sollecitudine del governo non fu lenta a liberarla da tale imputazione. E altronde le prossime campagne tanto nella provincia di Chieti, che di Teramo sono le più ridenti e popolate, ciò ch’è la maggior prova di salubrità dell’aria. Benché poi la città sulla sponda del fiume sia collocata, non fu mai soggetta a quelle catastrofi solite a soffrirsi da così cattivi vicini. Per allontanare però ogni dubbio, e non mancare alla integrità dell’oggetto, ed alla necessaria convenienza non trascurerò la difficoltà che si può presentare. Cioè, che non essendovi in Pescara un porto meritevole di tal nome, e solo un semplice canale, che non può dar luogo a navigli d’importanza, va ad esser soggetto agl’inconvenienti che in tali porti sogliono accadere nel lungo corso degli anni. Ma, fortunatamente, se la storia e lo stato attuale ci mostrano, che in alcuni luoghi il litorale dell’Adriatico fu abbandonato dal mare come avvenne per Ravenna, di questa disgrazia restò sempre esente la foce dell’Aterno, e la città proseguì sempre in tutti i tempi ad essere stazione navale ed emporio dei popoli vicini. Segno evidente che l’indole degli Appennini e dei subordinati monti per i quali scorre la Pescara non è tale da far temere simili sventure; mentre la mano dell’uomo poté essere soccorrevole a rimuovere i piccoli passeggieri inconvenienti, e sarebbe anche in grado di portarlo a sicurezza maggiore; ciò che non sarebbe malagevole.

Trattandosi di una istituzione economica, quella cioè di avere, come dicemmo, una fiera franca in Pescara, è da osservare, che non sia in contraddizione con tal titolo. Ma il sublime della ragione economica guardando i rapporti del presente col futuro, sa combinare la produzione di un gran bene con piccoli mezzi; e non si spaventa di qualche anticipazione, riguardandola come riproduttrice di maggiori vantaggi e ricchezze. Ed io anzi mi lusingo che colla cognizione militare di Pescara nulla apponga al desiderato stabilimento; ma somministrar debba piuttosto mezzi adattissimi al proposito, per economizzare sulle spese più necessarie, e rendere l’opera di una utilità immediata per l’Erario Reale. Infatti, fra gli edificii appartenenti alla piazza, ed ora superflui alla medesima esistono molte fabbriche assegnate ora con poco profitto al Real Orfanotrofio Militare, le quali possono essere almeno temporaneamente convertiti all’uso della nuova destinazione. Del resto si comprende facilmente, che lo stato attuale di Pescara non può paragonarsi per l’apparenza e per i comodi a quello di Sinigaglia, che da secoli gode di tale stabilimento. Ma è ben da pensare, che da pochi anni debba presto venire alla sua perfezione; giacché non si tratta di lussureggiare in magnificenze architettoniche non necessarie all’oggetto, ma solo soddisfare i principali bisogni relativi; lasciando al tempo l’incarico de’ futuri miglioramenti: e ciò tanto più si deve tener presente, in quanto che passerà certamente qualche anno, prima che i commercianti diano un nuovo andamento alle loro speculazioni, ed il commercio prenda nuove direzioni ed abitudini.

Quali però possano esser le spese di questa istituzione, fa uopo riguardarle come capitali impiegati al più vantaggioso e nobile interesse per essere utile nel tempo stesso alla Nazione ed al Real Erario che solo può esser ricco della pubblica ricchezza: e penso anzi poter dire che questa spesa delle nostre provincie potrà esser riguardata come imprestito da esser col tempo compensato con generosa gratitudine.

Se l’amore pel pubblico bene non m’inganna, non so vedere che risultati benefici dal proposto stabilimento; ma se gli esposti finora possono chiamarsi diretti quelli che dir si potrebbero indiretti non compariranno men degni di attenzione, e di sollecite cure.

Le verità e le volontà generali hanno prodotto sempre pochi effetti se non sono state scortate ed accompagnate da quelle particolari applicazioni, dall’adempimento delle quali possono solo risultare gli effetti che si hanno in mira.

Tutti i Governi, e in ogni tempo si sono occupati a promuovere la popolazione e la ricchezza, ma restarono queste stazionarie, se non furono retrograde, per aver mancato di associar i mezzi ed i fini.

E di ciò, senza rivolgermi a cercar esempi ne’ climi lontani, posso applicar l’osservazione paragonando le condizioni in cui già si trovavano questi stati confinanti.

Infatti il fiume Tronto, linea di demarcazione geografica fra gli Abruzzi e le Marche, compariva come un divisorio, fra un popolo elevato ad alti gradi di civile cultura, ed un altro che appena faceva sforzi, per uscir dalla barbarie. Tale era dal Tronto al Trigno, lungo la spiaggia dell’Adriatico la de popolazione, e la barbara agricoltura di un suolo, non condannato dalla natura alla sterilità.

Ma se i lunghi secoli viceregnali, le leggi barbare, l’ignoranza dell’Economia, e le cattive confermate abitudini facevano restar inefficaci le benedizioni della Provvidenza, non fu più così, quando questa dispose, che la Borbonica Dinastia venisse ad occupare questo Reame. E se quelle imprevedibili combinazioni cui si da il nome di fortuna non ci avessero così presto privati del governo dell’Augusto Carlo III, passato a reggere altri regni ne’ due emisferi, certo che dopo di essersi occupato a fondare sopra principj umani la nuova Monarchia, e spingerla al civile miglioramento, si sarebbe pur compiaciuto discendere a quelle particolarità, dalle quali i veri principj della ragione pubblica acquistano una qualità permanente, e stabiliscono le condizioni necessarie per assicurare i sociali avanzamenti.

Questa intanto fu la più nobile parte del retaggio lasciato a Ferdinando per le cui gesta sarà sempre viva la gratitudine; specialmente in questa provincia di Teramo, che lo riguarderà pure come il suo Restauratore. Egli infatti prendendone particolar cura, ed osservandone la cagioni, per le quali si trovava in uno stato di degradazione, diede successivamente le più salutari disposizioni. Così la libertà dalla letale coltivazione delle risaie, esercitata quasi a dispetto della Natura; così la liberò dal tremendo Tribunale della Grascia, istituzione dei tempi della barbarie, nella quale l’ingiustizia si combinava coll’ignoranza dei pubblici interessi: così liberò la miglior parte  delle terre delle nostre provincie marittime dalla mal introdotta servitù del pascolo invernale, che condannava alla sterilità il suolo più favorito dalla natura, ed all’ozio le braccia dedicate alle più utili riproduzioni. Così finalmente si fece per noi restitutore della Giustizia, riportandola alla comune regolare amministrazione. Ma pure aggiungerò qualche altra parola intorno agl’indiretti vantaggi che ne dovranno risultare. E dirò primieramente che per tale istituzione incomincerà a nascere per la prima volta in questa provincia il commercio, e divenir attivo, da passivo in cui è stato sempre finora.

Infatti, è solo qualche barca peschereccia che suole approdare sul nostro lido, per cui i poveri proprietarj di derrate o manifatture debbono rimanere incerti aspettando che venga ad incettare i loro generi, sotto le dure condizioni imposte loro dai compratori, senza poter fare speculazioni preventive per lo smaltimento de’ loro averi. Perciò avviene, che sebbene da qualche tempo alcuni si siano animati a metter su delle fabbriche di oggetti commerciali, come spirito di vino, cremor di tartaro, estratto di liquerizia, pelli conce, vasellame di majolica, carte, si trovano poi scoraggiati per la mancanza dello smercio, e del tenuissimo guadagno.

Or ciascuno intende, come è quasi impossibile, l’aver qualche commercio marittimo colla capitale per la troppa lunga e perigliosa navigazione, onde solo per qualche straordinaria occasione si è veduto qualche legno del Mediterraneo approdare in queste spiagge, giacché i piccoli trasporti per terra e col,procaccio non si possono riguardar come commercio.

Or stabilendosi un emporio a Pescara, queste provincie nel concorso de’ forestieri potranno trattar ivi la loro speculazione, far le loro contrattazioni, e da ciò si animeranno a promuovere le commerciali intraprese. Per tal modo potrà nascere ancora un poco di marina, quale può convenire, e non essere obbligati sempre a tirar dalle marche i piccoli legni da trasporto, o da luoghi più lontani ancora raddoppiando le spese ed i perigli. Ed ora che il Governo con la sua saviezza e generosità ha resa libera l’esportazione della maggior parte dei generi nostrali, (e così fosse di tutti) quali speranze, per poter rendere attivo il commercio di queste provincie, che hanno pur bisogno di barche forestiere, per veder fornite le pescherie!

Ma ciò che è forse degno di considerazione, è che per le arti le più comuni e necessarie ai progressi del civilizzamento, quasi tutto ora si ritrae dallo Stato vicino, perché facendosi in esso ogni traffico, tutti si avvalgono del comodo di trovar colà già lavorati i mobili e le masserizie, di cui le case e le persone abbisognano, ed è uno degli oggetti di continua esportazione del numerario. Queste arti dunque sorgerebbero, non avendo esse bisogno né di forti capitali, né di particolari talenti inventori, né di grande maestria.

E come le arti e tutte le cognizioni umane si danno la mano reciprocamente, diviene una conseguenza necessaria, che le altre similmente progrediranno, e non vi sarà il bisogno di far venire dall’estero le zappe, le pale,e simili istrumenti di agricoltura, e di altri manuali lavori. Più vi sarà di travaglio e di commercio, più il popolo avrà idee, e meno essendo ozioso sarà più buono e più felice. Non solo dunque vi sorgeranno dei costruttori di legni di mare, ma pur quelli de’ trasporti di ogni specie, de’ quali si può dire, che siamo affatto privi. Quanti poi, che ora vivono nella inerzia, consumando gli scarsi prodotti delle loro proprietà, uscirebbero dall’ozio, per occuparsi nelle commerciai faccende, le quali richieggono agenti di tante specie, e ciò darà un movimento alo spirito perfezionatore delle qualità, che ora rimangono inattive. Ecco come da una semplice operazione di economia, benché ristretta in luogo determinato e a tempo breve, pure può grandeggiare nello spazio e nella quantità di effetti benefici, e realizzare le speranze dei popoli, ed i pubblici voti. Ed ecco ancora come le proposizioni dubbiose nel considerarle astrattamente, prendono sicurezza e solidità nelle particolari adattazioni, e nel rapprossimamento dei fatti che servono i mezzi a que’ risultati che ne devono essere lo scopo. Se infatti, i vantaggi diretti della fiera franca a Pescara sembrano essere sicuri non meno per i popoli, che per l’Erario Reale, e se oltre gl’indicati, tanti altri indiretti ne possono dipendere, queste osservazioni mostrano ad evidenza di chi può fare il bene, ed efficacemente lo vuole. Comprendo che lo zelo e gli scarsi lumi di un privato scrittore, lontano dagli affari, ed offuscato dagli anni, non può facilmente immaginare tutto il travaglio necessario per compire una tale istituzione e rendere evidenti gli effetti e le conseguenze; ma le forze opportune, ed i talenti adattati, non possono mancar mai, per eseguire le determinazioni de’ benefici.

Fortunatamente lo stato di pace, di cui gode l’Europa concorre ad agevolare le disposizioni commerciali e marittime, per non trovar ostacoli a quest’opera di pubblica beneficenza, e facilitare anche i mezzi di esecuzione. Il golfo Adriatico sembra più propriamente destinato all’uso di un commercio amichevole fra i popoli che lo circondano, che a ricever flotte guerriere, vaghe di trionfi; quindi contribuì ne’ più antichi tempi alle commerciali corrispondenze dei popoli, ed ai progressi della italiana coltura, e specialmente di tutta questa parte d’Italia, che si pregia della borbonica dominazione. Sarà quindi pur degno di osservazione, che in tutto il litorale dell’Adriatico, non essendovi un simile stabilimento animatore del commercio, dovrà estendere la sua beneficenza su le altre provincie bagnate da questo mare, come ancora sul continente; ma che il collocarlo per ora in Pescara, sia di una necessità assoluta per liberar queste provincie da tutti gl’inconvenienti e le perdite, di cui oggi per tale mancanza soffrono, e che sono della più triste influenza, ritardando i progressi ai quali la saviezza del governo avrebbe sempre desiderato di elevarle.

Per qualunque rapporto dunque questa istituzione si voglia riguardare, non è già che da una lontana ed incerta prospettiva se ne travedono i vantaggi e se ne eccitano felici speranze per la prosperità. Essi sono, per così dire, sotto la mano, potendo essere in parte immediati, per essere un risultato necessario di tali opere fondate in una felice combinazione di circostanze, di previdenze e di sagge disposizioni, che devono rendere sicuri gli effetti.

Le mie parole, le mie poche cognizioni di fatto non mi permettono far argomenti comparativi per confermare le esposte verità; ma dove parla la ragione, e chiari e sicuri sono i dati, potrebbero solo esser utili tali argomenti pe conferma delle esposte verità.

Essendosi mostrato infatti che le provincie di Abruzzo, e specialmente le marittime, sono costrette dalla necessità a recarsi nella fiera di Sinigaglia, per non averne altra a portata di soddisfare ai loro civili bisogni, e che altre due di second’ordine la sieguono, che da ciò i più gravi inconvenienti risultano, per l’esportazione straordinaria del numerario, per la mancanza d’introito alle Reali Finanze, pel ritardato progresso delle arti, del commercio, e della civile cultura, e per difetto di quella circolazione, che anima la vita sociale, si è  pur veduto, che con una semplice operazione di politica economia si può colla fiera franca a Pescara a tutto ciò facilmente ovviare, e prodursi nuovi beni, oltre quelli che dall’allontanamento de’ mali direttamente dipendono; Par che non dovrebbe rimaner più alcun dubbio a soddisfare i pubblici voti di queste provincie in quest’epoca in cui i congressi della mente umana hanno fatto estendere il regolare esercizio della ragione su tutti i rami delle scienze civili. Non siamo più in tempi, ne’quali ai pubblici mali non si sapeva riparare, che con mali assai maggiori.

Per impedire l’esportazione di qualche moneta, o animale, o altro oggetto vietato dalle leggi, sconobbero i principj della giustizia e della morale, offendendo finanche il costume ed il pudore; e di tali barbare ordinanze queste provincie furono per lunghi secoli, vittime innocenti. Ora, grazie alla provvidenza, è solo con beni positivi che gli antichi mali si vanno a distruggere ed allontanare, e che un ben pubblico sia l’istituzione di una fiera franca a Pescara non potrà essere più in dubbio nelle menti: sono di lunga durata i beni che hanno saldo fondamento, e non potranno soffrir cangia menti, che al cangiarsi le posizioni ed i rapporti delle cose. Durerà dunque per secoli quest’opera di beneficenza e di ragione, e le benedizioni saranno eterne per quella mano che di questo bene grandissimo vorrà donare gli Abruzzi.