De Filippis

 

De Filippis-Delfico

 

(Teramo, 1820)

biblioteca - archivio virtuale

Stemma famiglia De Filippis-Delfico, Teramo, 1820

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Delfico

(Napoli, sec. XVIII)

(Teramo, sec. XV)

Stemma famiglia De Filippis, Napoli, sec.XVIII

Stemma famiglia Delfico, Teramo, sec.XV

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Chi era Chiara Mucciarelli

di Claudia Malpeli e Vanna Tabarini

Dolce e cara Chiarina.

Stralci di corrispondenza tra la Contessa Chiara Mucciarelli in Simonetti e Melchiorre Delfico.

 

La Biblioteca di Stato [di San Marino] possiede un copioso numero di lettere autografe di Delfico indirizzate alla Contessa Chiara Mucciarelli in Simonetti presso Ascoli. Di lei sappiamo solo che era legata a Diomira, moglie di Orazio Delfico e  madre di Caterina e Marina, da un rapporto di sangue. Le era infatti sorella.

Dagli scritti posseduti non emergono altre importanti informazioni.

La prima lettera è datata 19 settembre 1818 ed il tono è senza dubbio molto confidenziale. Finora avevamo conosciuto un corrispondente che colloquiava di politica, affari di stato, scienza ed cose di famiglia, non avevamo conosciuto la sua capacità all'uso di parole dolci, tenere affettuose, espressioni cariche di sentimento e di amicizia.

Melchiorre si rivolge alla sua amica di penna e la chiama Chiarina…un diminutivo che trasmette tenerezza, affettuosità  e le rammenta, soventemente,  il sentimento amicale che li lega, un sentimento che li coinvolge ma che, egli scrive ... la reciprocanza di affezione e di amicizia non hanno tanto bisogno di presenza come l'amore.

Pensando al momento in cui il loro incontro si sarebbe potuto realizzare egli si commisera e la compatisce per come lo troverà  il viaggio di Primavera è il mio favorito pensiero, per rivedere tante persone che mi sono care…e voi sarete del numero, e farete un zompo, per riveder che?  Un sacco di ossa rotte.

All'epoca Melchiorre aveva gia superato la settantatina ma non lesinava, né provava vergogna alcuna, ad esternare i moti del suo cuore.

Contento di rivedere i tuoi caratteri, lo sono stato molto più della conferma de' sentimenti della delicata amicizia tua. E benché dovessi essere più che sicuro, il cuore prova pur nuovo piacere nella ripetizione di que' sentimenti

che soavemente lo toccano…sarebbe troppo per me, il credere di poter dar luogo a gare sentimentali, giacchè le mie circostanze, non dirò antiche, ma vecchie, mi condannano a dovermi contentare dei primi gradi della benevolenza; ed infatti me ne contento, senza però disgustarmi di chi volesse sentire più generose affezioni.

Nello scrivere ai suoi tanti conoscenti, il teramano si avvale di tuttaltro registro linguistico e non usa mai espressioni affabili e termini linguistici così delicati parlando e riferendosi alle donne della sua famiglia.

L'unica persona verso la quale scrive tenerezze è la piccola Marina, la repubblichina, che nello svolgersi temporale della corrispondenza tra Delfico e Chiara Mucciarelli, ritroviamo donna, sposa e madre felice.

Considerando che tra i due corrispondenti non vi era una diretta parentela, Chiara era infatti sorella di Diomira, nipote acquisita di  Melchiorre. Possiamo solo supporre che Chiara fosse molto giovane e persona in grado di far breccia nel cuore di un uomo, che pur avendo tante persone vicine, non si è mai costruito una sua propria famiglia.

 

Firmandosi Zio scrive…non è nuovo al mio orecchio ed al mio cuore il nome o titolo di affezione col quale mi trattate, poiché mi ricorda, che me lo accordaste dal primo momento della nostra conoscenza, ed io me ne consolavo, e ne provava gratitudine.

Sicchè dovete chiamarmi sempre così, tanto più non è una denominazione di necessità, di uso, o di abuso per parte vostra, ma una espressione sincera di spontanea affezione, che mi si rende più più cara, perché vi mette allo stesso grado della vostra ben amata e pregiata sorella. E poiché al titolo di famiglia, aggiungete quello di amica, eccovi positivamente costituita nello stesso grado.

Con lei vicino egli è in grado di provare una gioja tranquilla, che sola è cara all'animo …nell'età non amica delle troppo vive sensazioni.

Le parla dei puttini di Marina, delle sue opere scrittorie della salute e dell'amicizia.

 

Col passare del tempo, Delfico già in là con l'età lamenta che  il cuore va sempre più alla carlona o all'antico. E voi  scrive rivolgendosi a Chiara par bene l'intendiate, cogli eccitanti che mi favorite, e de' quali vi ringrazierò…venite dunque, e dirremo tante cose, e qualcuna ne faremo, perché vogliamo stare allegramente anche senza teatro e festini. Finisco dandovi un abbraccio in aria, a conto quelli tanti che vorrebbe darvi in corpo e anima, chi sarà sempre il V(ostro) Melchiorre.

 

Dunque Chiara ben comprende i bisogni intimi dell'anziano amico e affida alla carta care parole e tenere attenzioni.  Nella lettera del 16 febbraio 1828 Delfico la ringrazia per i ripetuti regali che ella le invia, lui li definisce sperimenti di ciò che può esser utile alla mia salute.

..i liquori sono eccellenti…lo stomaco…ha commesso a me di darvi le sue indicazioni, e poi tanti ringraziamenti, che dovrò esprimervi in versi, se fossi poeta, animato dall'astro di Bacco o di amore.

Ma basta così, perché ora la mia sensibilità non agisce molto in distanza. Ma che sarà quando saremo vicini?  E si firma vostro più che zio ed a(mi)co.

 

Era sicuramente trascorso un altro lungo e rigido inverno, stagione durante la quale l'isolamento di Delfico si faceva più pesante. Egli stesso affermava di non poter passare molto tempo allo scrittojo a causa del freddo.

Il 28 marzo 1829 scrive …dalla nostra Diomira ho ricevuto il caro foglio, che ho riletto baciandolo; tanta è l'amicizia che ne spira, e la delicata espressione del vostro cuore.

Del resto fra noi non dobbiam far scuse di ritardati riscontri, perché l'amicizia è libera, e non richiede precisione di tempo, necessaria solo negli affari o in caso di salute.

Egli ci ribadisce a parole, quanto per lui conti l'amicizia. Soprattutto con il passare degli anni la definisce principio vitale di conservazione. La vera amicizia non si misura per gradi, né per contatti frequenti.

Molte lettere che i due corrispondenti si scambiano veicolano istruzioni riguardanti la messa in stampa di alcune opere del Delfico, dalla scelta dei caratteri alle questioni più meramente economiche che vertono sulla operazione editoriale.

Chiara non solo riceve lettere personali, ma diventa anche dispensatrice di posta che Melchiorre le invia con la preghiera di indirizzarla direttamente ai destinatari.

In una cortissima lettera Melchiorre dal voi passa al Tu

Mia cara….sarei lungo e nojoso, se volessi scriverti quanto sente il mio cuore, ma tu puoi ben comprendere, che fra i miei pensieri che mi hanno condotto qui, non è stato l'ultimo quello, del bene che mi prometteva di rivederti e riabbracciarti di persona, come ora fo col cuore, confermandomi sempre tuo.

   

Nel 1832 alla veneranda meta degli ottentotto anni Melchiorre si dice sereno della vita famigliare, delle inalterate facoltà intellettuali e di tutta la memoria del cuore.

Per tutto ciò sostiene di dover essere contento. Voi potete contestarlo dice rivolgendosi alla cara amica..ed è così che il cuore ripetendovi la sua gratitudine, vi ripete ancora il vivo desiderio, di essere rammentato dal vostro, mentre sono e sarò sempre quale V. Aff(ezionatissi)mo a(mi)co e serv(ito)re.