De Filippis

 

De Filippis-Delfico

 

(Teramo, 1820)

biblioteca - archivio virtuale

Stemma famiglia De Filippis-Delfico, Teramo, 1820

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Delfico

(Napoli, sec. XVIII)

(Teramo, sec. XV)

Stemma famiglia De Filippis, Napoli, sec.XVIII

Stemma famiglia Delfico, Teramo, sec.XV

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Carteggio di Melchiorre Delfico

in Rivista Abruzzese di Scienze, Lettere ed Arti, a. XIX, 1904, Pag. 150

di Berardo Mezucelli (*)

Al Direttore della «Rivista Abruzzese».

 

E’ questa, che scrivo, una nota, ma in forma di lettera. E mi compiaccio innanzi tutto con la Rivista della pubblicazione delle lettere di M. Delfico all’Arcidiacono G. Giovene di Molfetta. E’ la seconda pubblicazione del genere, dopo il volume, edito nel 1886, con cui il Marchese Giulio Dragonetti affidava al pubblico la numerosa corrispondenza epistolare passata tra suo padre Luigi Dragonetti e M. Delfico. Fu benemerito della cultura abruzzese. Giulio Dragonetti, eguale benemerenza ha acquistato ora A. Tripepi. Archivista di Potenza, col pubblicare le sei lettere, che gli assidui lettori della Rivista già conoscono. Si, dico benemeriti della cultura nostra, perché in queste lettere apprendiamo noi qualcosa di più, che la storia del tempo non dice, e forse non poteva, circa le ardenti questioni scientifiche e politiche, che allora affaticavano le menti. Così fosse dato di poter raccogliere per intero questi carteggi dei migliori uomini nostri di tempi, ne’ quali, interdetta ogni pubblicità, non rimaneva ad essi che l’animo degli amici per aprirsi ed esporre quello che pensavano e facevano.

Che l’Arcidiacono Giovene fosse uomo di gran valore ce lo dicono le lettere del Delfico e le parole, che di lui scrive il Tripepi; ma se vuoi averne un breve ritratto letterario, eccolo qua, come lo estraggo dall’Armonia Universale del compianto Vito Fornari (1) di Molfetta anche lui.

In questo libro, il terzo ed ultimo dialogo, che è dell’Armonia della Natura, s’intitola proprio dal Giovene, e si svolge tra questo, il Leopardi e lo Zingarelli. Ecco come lo descrive il Fornari con quel colorito classico, che gli era proprio. E’ Zingarelli che parla:«Voi già sapete, egli dice, quanto quell’uomo era dotto quasi in ogni ramo delle scienze naturali; di cui non è alcuna che non sia stata da lui o di qualche nuova osservazione, o di fine e diligentissime esperienze arricchita. Ma quello che è più ammirabile, e forse ignorato da’ più, è che insino all’ultima vecchiezza serbò fresco ed intero il vigor della mente, né il fascio degli anni, né il vivere oscuro nella sua piccola Molfetta, gl’impedivano che egli non seguisse assiduamente e accompagnasse co’ suoi studii questo moto meraviglioso e fortunato, onde tutta l’Europa civile va ogni di più con la scienza conquistando la natura. Così egli veniva ad essere quasi testimone oculare delle scoperte fatte durante lo spazio di due terzi di un secolo, e a misurare con la sua vita poco meno che una metà di tutta la storia delle naturali scienze; onde avendole coltivate presso che tutte con eguale felicità e ardore, agevolmente scorgeva le attinenze che tra quelle intervengono. E da questo nasceva che, quante volte gli accedesse il farlo, e’ parlava della natura in un certo modo alto e pellegrino, che non saprei risolvermi se io mel debba chiamar filosofico o poetico. Certo egli teneva dell’uno e dell’altro».

Non credo che i lettori della Rivista vogliano rimproverare te e me per averli trattenuti a leggere uno squarcio di prosa italiana, scritta in quel certo modo, del quale oggi non si ha più il gusto e quasi spenta la memoria; come che sia, conveniva riportarlo per mostrare che qui si conosceva questo Giovene che era noto tra noi anche per un’altra cagione.

Tu non lo ricordi Angelo Giovene, che fu Prof. di Filosofia nel nostro Collegio dal 1841, mi pare, al ’45 del passato secolo. E, lasciamelo ricordare, successore suo nell’istesso insegnamento fu il nostro Luigi Michitelli; non per niente noi siamo Teramani e questa Rivista si pubblica in Teramo. Nella fine del ’49, il Michitelli fu esonerato dall’ufficio di Professore. Questo Angelo Giovene, adunque, era lodato come persona di molto ingegno, di varia cultura ed amato moltissimo da’ suoi scolari, ora finiti tutti. Ma da quello che mi dicevano, pare che la facoltà predominante fosse in lui la memoria; perché riteneva e sapeva ripetere con felicità singolare tutto quello che aveva letto. Datosi allo studio delle cose canoniche, forse per l’amore, che glie ne seppe infondere questo suo zio D. Giuseppe, non c’era opinione di canonisti, non casi di sacre congregazioni, non disposizione di concordati, che egli non sapesse e citasse con quella sicurezza e precisione di chi esce allora allora dal loro studio. E, per seguitare in queste notizie, ricordo che il Giovene sposò la signora Rosa di Castelli, e dal Collegio di Teramo andò capo sezione del Ministero dei Culti in Napoli. Nel ’60 fu mandato a Torino, dove al nuovo Governo fu di grande utilità per raccapezzarsi in quella farragine di leggi, con le quali nei governi caduti si regolavano le relazioni tra lo Stato e la Chiesa.

Non mi pento di questo richiamo alla memoria dei presenti del Giovene juniore, di cui mi è stata cagione l’Arcidiacono Giovene. Il presente c’incalza troppo e ci stanca; sia almeno lecito, come riposo della mente, il farle cambiare materia di lavoro col richiamarla a tempi e uomini passati, a ripresentarsi i quali non si occupa tanto l’intelligenza, quanto la fantasia..

Il Tripepi asserisce che nella Biblioteca Sagarrica Visconti di Bari è una preziosa serie, non breve di lettere del Conte Delfico all’Arciprete Giovene. Auguriamogli che l’ufficio gli dia agio ripubblicarla tutta cotesta serie, o mandarla a questa Rivista, perché la pubblichi; l’Abruzzo glie ne sarebbe gratissimo. Il Tripepi dà del Conte a M. Delfico. Noi abbiamo il dovere di correggere questa inesattezza, nella quale si può facilmente incorrere oggi dal sentire che i presenti Delfico hanno questo titolo. Ma, come sai meglio di me, in questa famiglia il titolo entrò per le nozze di Giambernardino (2), fratello maggiore di Melchiorre, con Da Caterina Mazzocchi; essa portò patrimonio e titol suo nella nuova famiglia. Anzi il titolo dei Mazzocchi era di Marchese; Gregorio de Filippis di Napoli, che sposò Da Marina Delfico vi portò quello di Conte. Teramo non fu città feudale mai, ma demaniale: lo ricordi chi lo sa, l’apprenda chi lo ignora. L’egregia famiglia teramana fu illustre non pel titolo, ma per una fortunata serie di uomini colti e onorati di alti ufficii nel’ex Regno di Napoli: essa appartiene a quella nobiltà paesana, che dovè nome e durata alla cultura, al senno, all’onesta operosità. Ed ora una coda alla lettera.

Giuseppe Ma Giovene fu Arcidiacono di Molfetta; devi comprendere che è gran consolazione per me il trovarmi in sì eletta compagnia, per ragione del solo ufficio ecclesiastico. Ma egli non è il solo che l’onori; potrei ricordare e Michitelli e Tamburini e Giacinto Tullii e Giacinto Ciotti, per non andare più oltre, dove il tempo rode i profili degli uomini, e coevi del Giovene e del Delfico; ma non posso non rievocare un bel nome quantunque non nostro, quello di Samuele Cagnazzi di Ruvo di Puglie, assai dotto nelle scienze economiche, che nel 1848 fu Vicepresidente del Parlamento Napoletano, cosa che oggi sarebbe cagione di grave scandalo iliacos intra muros et extra. Di lui, e tu devi ricordarlo, ci parlava  spesso il nostro Senatore Devincenzi, che così volentieri s’intratteneva sugli uomini della generazione, che lo precedè, di cui la sua fu continuatrice, nei pensieri, nei desiderii, nei propositi e in ogni più alta idealità. Ed altro e altro potrei aggiungere, se la libertà di una lettera, non avesse anche lei dei limiti, che non è lecito varcare. Del resto fanno bene all’animo queste rievocazioni di uomini e di atti, perché gli ridanno la fede nell’avvenire e ridestano speranze, che si temevano dileguate. Haec habui quae dicerem; esterum, cura ut valeas.

 

6 febbraio [1904]

 

BERARDO MEZUCELLI

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(1) Dell’Armonia Universale. Ragionamenti di V. Fornari, Firenze, Barbera, 1862

(2) Giamberardino Delfico fu autore dell’Interamnia Praetutia, opera che dovè costargli forte pazienza, lunga fatica ed anche molta spesa. Quanto al merito scientifico basta dire che a giudizio delle persone competenti, essa, un secolo addietro, fu condotta con quei medesimi metodi, con quei criterii, con cui le materie archeologiche si trattano oggi dagli scienziati veri. L’Interamnia Praetutia è la fonte più copiosa e più sicura della storia del Pretuzio nei tempi romani. I documenti posteriori sono aggiunzioni ad esse non correzioni.; e sono confortante prova di affetto al luogo natio, e di amore a ricerche, che hanno il compenso loro nella stima degl’intelligenti e nella illustrazione dell’agro nostro.

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(*) Berardo Mezucelli, discendente di una delle famiglie più antiche e prestigiose nacque a Teramo nel 1836 ed ivi morì nel 1905. Ricevette i primi insegnamenti in famiglia, come allora era in uso, quindi nel Seminario di Teramo. Ancora seminarista, nel 1858, fu arrestato dalla Polizia Borbonica per corrispondenze sospette con sorvegliati politici e per alcuni componimenti letterari che facevano temere che il Mezucelli fosse un cospiratore. Giovanissimo, fu chiamato ad insegnare alle classi ginnasiali nel Real Collegio di Teramo dove ricoprì la carica per circa un ventennio. Fu direttore spirituale presso il Convitto e prestò la sua opera quale bibliotecario alla "Melchiorre Delfico". Nonostante fosse sacerdote si interessò attivamente di politica e fu presente anche nella stampa locale come "La Gazzetta di Teramo" e "La Provincia". Raffinato intellettuale, fu al centro della vita culturale della città negli ultimi decenni dell’Ottocento, periodo in cui fu ricompreso ufficialmente nelle strutture ecclesiastiche con le nomine prima a canonico, e poi ad arcidiacono del Capitolo aprutino. Numerosi gli scritti dati alle stampe soprattutto di natura celebrativa e commemorativa di persone, di eventi e resoconti di attività istituzionali consultabili presso la Biblioteca Provinciale "M. Delfico" di Teramo.

Queste note sono state tratte dalla biografia di Berardo Mezucelli scritta da Ottavio Di Stanislao e pubblicata in Gente d’Abruzzo. Dizionario biografico (a cura di E. Di Carlo), Castelli (Te), Andromeda Editrice, vol. 7, pp. 67-68.

Berardo Mezucelli

Berardo Mezucelli