Ill. mo Sig. re
I Pubblici Rappresentanti, ed i Procuratori della Cappella di San
Berardo principal Protettore di questa Città di Teramo colle più
divote Suppliche rappresentano a V.S. Ill.ma, come dopo l’ultimo
Real Dispaccio(1) col quale si è ordinata la consegna dell’argento
superstite delle chiese, questo Ill.mo Vescovo(2) pieno di zelo per
l’adempimento degli ordini Sovrani ha fatto anche prendere il Parato
o sia paliotto(3) d’argento appartenente a detto nostro Santo
Protettore, nell’idea, che fosse pur esso compreso nelle
disposizioni dell’ultimo ordine Sovrano. Ma Sig.re Ill.mo, se questa
popolazione merita qualche riguardo pel zelo, attaccamento e per la
più decisa fedeltà al proprio Principe, e se ne ha date le più
manifeste pruove nelle continue ricorrenze dei bisogni dello Stato,
si compiaccia di osservare se questo sacro arredo meriti di esser
considerato come un’eccezione.
Esso appartiene al Santo, ricordandolo particolarmente colla sua
effige, e poi con quella della Madre di Dio assunta in Cielo,
titolare di questa Chiesa, e con altre sacre rappresentazioni dei
principali Misteri della nostra santa Religione.
Questo sacro arredo ricorda alla intiera popolazione un antico
tratto di divota generale riconoscenza per essere stato fatto in
occasione che la Città fu liberata dal Santo da imminente ostile
distruzione.
E V.S. Ill.ma poi sa come l’immaginazione del popolo sia attaccata
alla conservazione di certi monumenti, e come ad alcuni di essi si
associno i sentimenti di coraggio, di divozione e di sicurezza.
Questa Città non ha che il solo mezzo busto di S.Berardo, ma la
Beata Vergine, anche sua particolar protettrice, è solo effigiata in
argento nel paliotto sudetto; e perciò e per le antecedenti ragioni
V.S. Ill.ma può ben considerare, che meriti di essere compreso
nell’eccezione che il pio e clemente nostro Sovrano si è degnato di
fare; cioè che le statue e quindi più le piccole figure di Santi
Protettori non siano amosse, e restino al culto delle popolazioni.
Così S.M. ha disposto per la Capitale, e la stessa ragione par che
debba valere anche per le Provincie che gareggiano di sincera
fedeltà colla medesima [e specialmente per questa che da più anni
soffre gl’incommodi naturali di un Accantonamento: cancellato nel
testo].
Tutte queste ragioni Sig.re Ill.mo muoverebbero di certo la Sovrana
pietà a consolare questa fedele popolazione, e quindi speriamo che
facciano egual effetto sull’animo suo tanto disposto alla giustizia
ed alla beneficenza. Ma se mai potesse nascere qualche dubbiezza per
l’esatta esecuzione degli ordini Reali, possiamo far presente a V.S.
Ill.ma, che tutta questa popolazione si aspetta almeno la grazia di
poter redimere e conservare questo sacro antico monumento col pagare
il valore dell’argento che in esso si contiene, e che come V.S.
Ill.ma potrà far osservare non oltrepassa i ducati cinquecento,
mentre tutta l’opera è valutata per più migliaia attesa la diligente
manifattura, le dorature e gli ornati. Vede quindi V.S. Ill.ma che i
pubblici voti non sono mossi dal desiderio di conservare una
porzione di metallo, ma da misti sentimenti di pietà e di abitudine,
che sono pur troppo potenti negli animi umani, e che meritano
certamente di essere considerati. Tal somma non sarà di alcuna
gravezza al pubblico, ma risulterà di spontanee e divote offerte di
particolari che lietamente contribuiranno in ragion delle loro forze
e dell’energia de’ loro sentimenti al riscatto di questo sacro
arredo, cui gli oggetti rappresentati e l’antichità conciliano
venerazione ed attaccamento.
Per tali motivi quindi speriamo che V.S. Ill.ma accetterà le nostre
suppliche ed i voti di tutta la popolazione, ed intanto la
supplichiamo di far ingiunzione a questo Mons. Vescovo acciò non
faccia disfare il detto parato, e si conservi salvo all pubblica
divozione, ed il tutto si avrà per somma grazia.(4)
Supplica della Città di Teramo per escludere il Paliotto
di
S. Berardo dall’ammasso degli Argenti - 1798
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