De Filippis

 

De Filippis-Delfico

 

(Teramo, 1820)

biblioteca - archivio virtuale

Stemma famiglia De Filippis-Delfico, Teramo, 1820

family web site

Delfico

(Napoli, sec. XVIII)

(Teramo, sec. XV)

Stemma famiglia De Filippis, Napoli, sec.XVIII

Stemma famiglia Delfico, Teramo, sec.XV

Homa page 

Il "Fondo Delfico" dell’Archivio di Stato di Teramo

posto sotto la protezione di San Gabriele

di Giovanni Di Giannatale

Il 16 dicembre 1940 il Podestà di Teramo, il magg. Umberto Adamoli (1), in qualità di presidente dell’Ente Comunale Opera Assistenziale, consegnò alla sezione dell’Archivio di Stato di Teramo, con atto rogato dal notaio Di Carlo nel 1939, i manoscritti esistenti nel palazzo della famiglia Delfico(2). Il Comune di Teramo era proprietario non solo dei predetti manoscritti, ma anche del palazzo e della biblioteca, che gli erano stati donati dagli eredi Marino e Luciano De Filippis Delfico, fratelli, e da Fausto De Filippis Delfico, cugino(3), per la parte di sua proprietà (equivalente ad 11 vani e ad una porzione della biblioteca). I manoscritti donati consistevano in documenti di carattere generale, raccolti in 43 pacchi o buste, e in documenti di carattere privato, raccolti in 30 fasci. Il fondo si arricchì di 255 pergamene, che vanno dal 1200 al 1800, dallo Scarselli individuate dopo una più accurata ricognizione delle carte, come comunicò il Ministero dell’Interno il 28 aprile 1941. L’inventario del materiale era stato compilato dal Coadiutore capo dell’Archivio di Stato di Teramo, Alberto Scarselli, che operava alle dipendenze del Conservatore, che aveva compiti di direzione e pertanto, denominato anche (seppure impropriamente) "Direttore"(4). La donazione delle carte della biblioteca e del palazzo da parte degli eredi fu un gesto di generosità e di "vera nobiltà", come la considerò l’articolista del Solco (12 agosto 1939), che, tra l’altro, rispecchiava la volontà di Troiano, che sul finire dell’800 aveva espresso l’intenzione di cedere manoscritti e libri ad un istituto culturale della città, ma non fu così spontaneo come il richiamato articolista riteneva. Infatti la decisione di cedere il palazzo, la biblioteca e i giardini annessi al Comune fu presa per chiudere una lunga causa civile che gli eredi avevano acceso contro di esso per un cavalcavia contestato per irregolarità e incompatibilità con le vigenti disposizioni urbanistiche. Marino e Luciano reputarono conveniente, per la tutela dei loro interessi, addivenire ad una transazione con il Comune, al quale cedettero l’immobile e quanto ivi contenuto (ad eccezione di alcuni mobili, che furono fatti sgomberare da Bianca Casamarte, vedova di Troiano) al prezzo di circa 500.000 lire a compensazione delle spese dovute per la predetta causa. Fausto per la parte di sua proprietà pretese, a tacitazione dei suoi diritti, un assegno vitalizio che il Comune gli avrebbe dovuto corrispondere in unica soluzione annuale. Sulle ragioni che indussero il Comune a donare i manoscritti alla locale sezione dell’Archivio di Stato e non alla Biblioteca provinciale, ha fornito esaurienti motivazioni A. Marino, che ha riportato una lettera del Ministero dell’Interno del 3 luglio 1939, in cui si dichiarava quanto segue al Conservatore della sezione dell’Archivio di Stato di Teramo e alla Soprintendenza del R. Archivio di Stato di Napoli: "Tali manoscritti, che sono di evidente grande importanza, è quanto mai opportuno che siano depositati presso il locale Archivio di Stato, che ne è la sede naturale (…) i manoscritti donati alla città di Teramo dalla famiglia Delfico costituiscono un patrimonio culturale di somma importanza, del quale sarà di particolare convenienza assicurare la esistenza in un Archivio statale, dipendente dal potere centrale"(5). Mentre fervevano le trattative per l’acquisizione dei manoscritti teramani, restavano in campo quelli che Marino e Luciano detenevano nella loro abitazione di Montesilvano, che, a detta del Solco (13 luglio 1940) erano ancor più importanti. Anche per questi le competenti autorità avevano auspicato e caldeggiato il loro versamento nell’Archivio di Stato di Teramo. Fu determinante l’interessamento dello Scarselli, che godeva della fiducia e della stima di Marino e Luciano, i quali stabilirono di donare tutte le carte all’Archivio teramano, trattenendo solo quelle relative alla Repubblica di S. Marino, alla quale da loro erano state promesse da tempo. L’inventario dei manoscritti era stato compilato dallo Scarselli, che, animato dalla solita congenita solerzia e spinto dall’amore per la cultura teramana (come fu evidenziato nel vol. Alberto Scarselli scrittore e giornalista, tip. Ars et Labor, Teramo 1958), si era recato per ben tre volte a Montesilvano tra l’estate e l’autunno del 1940 per sistemare le carte. Il materiale fu consegnato allo Scarselli il 24/X/1940 nel palazzo di Montesilvano, dove Marino e Luciano, in nome e per conto anche della sorella Bianca Delfico, vedova Casamarte, sottoscrissero il relativo verbale. Avvenuto il deposito, il Ministro dell’Interno con lettera del 22 gennaio 1941 comunicava allo Scarselli, che in questo periodo era Coadiutore facente funzione di Reggente, di aver apprezzato la donazione dei fratelli De Filippis-Delfico, pregando la Prefettura, che leggeva la lettera per conoscenza, di "rendersi interprete presso i donatori del superiore compiacimento". Con le carte di Montesilvano si concluse la formazione del "fondo Delfico" nell’Archivio di Stato di Teramo, comprese le pergamene, (una parte del predetto fondo era stata depositata presso la Biblioteca Provinciale "M. Delfico" di Teramo). La raccolta é così costituita: 43 pacchi e 30 fasci relativi alle carte di Teramo; 75 pacchi relativi alle carte di Montesilvano; 27 buste contenenti carte varie (miscellanea). Le pergamene, che originariamente erano 255, sono oggi 252, essendo tre mancanti per ragioni ignote(6). Le carte furono custodite nell’Archivio di Stato di Teramo, per due anni e otto mesi circa, perché dal 14 dicembre 1942 furono trasferite nel ritiro dei Passionisti di S. Gabriele dell’Addolorata. Disponiamo del solo verbale di consegna del materiale al rettore del ritiro, il P. Romualdo di S. Gabriele (Antonio Dorati, 1880-1955)(7) da parte del Direttore della Sezione dell’Archivio di Stato di Teramo, redatto il giorno 14 stesso. Il motivo del trasferimento fu il timore di bombardamenti aerei, che avrebbero potuto distruggere il prezioso patrimonio(8). Gli esiti della guerra, infatti, che iniziarono ad essere negativi per l’Italia nella seconda metà del 1942, indussero il Conservatore ad adottare le dovute misure di prevenzione. La sua scelta cadde sul ritiro dei Passionisti, perché il Ministero dell’Interno riteneva che un luogo sacro, come il Santuario di S. Gabriele, non sarebbe mai stato oggetto di incursioni aeree. Inoltre il Conservatore dell’Archivio riteneva, da devoto, che S. Gabriele avrebbe assicurato al "fondo Delfico" la sua speciale protezione, così scrivendo in una memoria vergata col lapis: "Si avrà la certezza che nel ritiro dei buoni Passionisti i documenti staranno al sicuro, come mi ha assicurato il P.R. Dorati, e per di più staranno sotto la protezione di S. Gabriele dell’Addolorata, a cui li affidiamo, essendo egli capace anche di siffatti miracoli"(9). Il Rettore, dopo aver conferito con lo Scarselli, che conosceva personalmente, sentì prima il Capitolo locale, che diede il suo assenso, e poi chiese il permesso al Preposito provinciale, il P. Norberto di S. Maria (Donato Pantanella, 1900-1983)(10), che il 9 dicembre 1942, dopo gli accordi intercorsi con il Direttore dell’Archivio di Stato di Teramo, accolse il materiale in una stanza del piano terra, appositamente preparato come deposito archivistico. Vi furono sistemati 402 pacchi e fascicoli vari del "fondo Delfico". Il verbale così specifica: "La Direzione della sezione del R. Archivio di Stato di Teramo (...) ha consegnato oggi al detto Convento, e per esso al P. Romualdo, rettore, due casse contenenti n. 402 pacchi e fascicoli di documenti di pregevole interesse storico, provenienti dal deposito dei Sig.ri Delfico, e precisamente manoscritti e pergamene della predetta famiglia Delfico"(11). Si stabiliva che i documenti dovevano essere riconsegnati in qualsiasi momento a richiesta dell’Archivio di Stato. Le chiavi del locale furono consegnate al Direttore dell’Archivio, che vi poteva accedere all’occorrenza. La vicenda induce alla seguente riflessione. Il ritiro di S. Gabriele nel cedere ad uso dell’Archivio un suo locale si privò di spazi, peraltro senza utile economico, diventando di fatto un magazzino o, se si vuole usare un eufemismo, la dipendenza di un ufficio statale. Una tale concessione appare, a dir poco, singolare e, dal nostro punto di vista, inaccettabile, sol se si riflette sull’enorme sgarbo che il governo fascista aveva inferto, poco più di un anno prima, il 22 giugno 1941, ai Passionisti, sopprimendo d’un colpo l’Eco di S. Gabriele, perché il P.Giacinto Maria di Gesù (Nicola Ercoli, 1911-1966), il redattore, aveva pubblicato un normalissimo articolo, a carattere religioso, dal titolo "Il Missionario", che ai gerarchi era suonato come antinazionale, finalizzato ad ingenerare uno spirito contrario alla guerra(12). Un atto così grave, che vulnerò la comunità passionista, avrebbe dovuto indurre il rettore a rifiutare la richiesta del locale da parte del Ministero, tanto più che sia il rettore, che si era rivolto al Prefetto di Teramo in data 17 settembre 1941, sia il P. Giacinto, che arrivò perfino nel gabinetto di Mussolini nel luglio del 1941, si ebbero dal governo indifferenza e rigida intransigenza, dettata da pregiudiziali ideologiche(13). Per queste ragioni il rettore avrebbe avuto più di un motivo per opporre il suo rifiuto alla custodia di materiali di proprietà statale. Nella Platea (vol. II) del Convento di S. Gabriele dell’Addolorata non figura alcun riferimento alla vicenda, perché il cronista ha annotato che per gli anni 1943-44 si é sospesa la narrazione degli eventi comunitari per timore di rappresaglia da parte delle milizie tedesche(14). Si era in un momento in cui tacere era d’obbligo, tanto più che il ritiro ospitò non solo molti sfollati cinesi, ma anche partigiani ed ex militari italiani ricercati dai tedeschi(15). Da una relazione del 1946 dello Scarselli sul funzionamento dell’Archivio nel 1945 si evince che il materiale fu ritirato personalmente dallo stesso Coadiutore nel corso dello stesso anno: "Si provvide a ritirare personalmente dal Santuario dei Padri Passionisti di Isola del Gran Sasso tre casse di documenti pregevoli, consistenti in tutti i manoscritti a suo tempo depositati dalla famiglia Delfico, e al loro controllo"(16).

Ala dello Studentato Teologico (1938-1969)

Ala dello Studentato Teologico (1938-1969) vista dalla finestra della cella del transito di San Gabriele dell'Addolorata.

Il "Fondo Delfico" fu collocato in due stanze del piano seminterrato dello Studentato (foto dell’Autore).

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(1) Il maggiore Umberto Adamoli fu podestà di Teramo dal 1939 al 1943.

(2) Si vd. Archivio di Stato di Teramo, Atti della Direzione, b. 47, f. 6 e b. 51, f. 1. Tutti i documenti citati nel corso dello studio si riferiscono a tale fondo, fatti salvi altri documenti per i quali si forniscono opportune indicazioni.

(3) Marino (1871-1945) e Luciano (1873-1954) furono figli di Troiano De Filippis Delfico (1821-1908), che aveva sposato Bianca Casamarte Treccia di Campotino. Il primo fu sindaco di Montesilvano dal 1902 al 1910, e deputato al Parlamento nel 1919; il secondo fu sindaco di Montesilvano dal 1914 al 1924. Fausto (1866-1960) fu figlio di Filippo De Filippis Delfico (1827-1907).

(4) L’attuale Archivio di Stato nel periodo nel quale si svolgono gli avvenimenti (1939-45) era Sezione di Archivio di Stato Provinciale, diretta da un Conservatore, supportato da un Coadiutore archivista. Con il D.P.R. n. 805 del 3.12.1975 (art. 30) furono soppresse le sezioni e creati gli Archivi di Stato, sotto la gestione di un Direttore.

(5) Cfr. M. Delfico e le sue "carte" proposta per una ricomposizione, in D. Striglioni Ne’ Tori, L’inventario del "Fondo Delfico", Edigrafital, Teramo, 1994, p. 7.

(6) Cfr. D. Striglioni Ne’ Tori, L’inventario del Fondo Delfico, Edigrafital, Teramo 1994, p. 44.

(7) Fu rettore del ritiro dei Passionisti di S. Gabriele dal 1934 al 1945. Dotato di buone capacità d’oratoria sacra, che aveva appreso dal P. Basilio di S. Michele Arcangelo (Angelo Viti: 1842-1917), svolse molti ministeri, raccogliendo frutti copiosi. Rivestì cariche di governo come vice-rettore e come rettore nei seguenti ritiri: Casale di Rimini dal 1913 al 1919 e dal 1932 al 1934; S. Gabriele dell’Addolorata dal 1931 al 1945 (come si è visto sopra). Cfr. Congregazione della Passione di Gesù Cristo, Menologio, Recanati, 1998, n. 98, p. 73.

(8) Così scrisse lo Scarselli nella relazione sul funzionamento dell’Archivio nel 1942: "Si provvide ad una revisione dei manoscritti Delfico e se ne decise il trasporto presso Isola del Gran Sasso, a seguito delle disposizioni ricevute per la tutela del patrimonio archivistico di particolare interesse storico, in vista del pericolo di incursioni aeree" (Archivio di Stato di Teramo, Atti della Direzione, b. 51, f. 1).

(9) Si vd. Archivio di Stato di Teramo, Atti della Direzione, b. 51, f. 1.

(10) Fu Preposito provinciale della Provincia di Maria SS. della Pietà, alla quale apparteneva dal 1851 il ritiro dei Passionisti di Isola del Gran Sasso, dal 1940 al 1945. Fu coadiuvato da due Consultori: il P. Famiano dei Sette Dolori (Renato Betti, 1884-1952) e il P. Marino di Gesù e Maria (Giuseppe Canducci, 1881-1945). Cfr. Congregazione della Passione di Gesù Cristo, La Provincia di Maria SS. della Pietà, XV ed., Recanati 1998, p. 3.

(11) C.R. Castracane, Le fonti documentarie dell’edificio, una vocazione pubblica, ne Il Palazzo Delfico, Teramo, 2004, p. 233

(12) Si vd. G. Di Giannatale, Il fascismo e la stampa cattolica durante la seconda guerra mondiale. La soppressione dell’Eco di S. Gabriele dell’Addolorata, ne "La sapienza della Croce", n. 4, 2009, pp. 85-104.

(13) Cfr. ibidem, pp. 96-98. Il P. Natale Cavatassi, C.P., autore dell’Indice dei titoletti marginali della Cronaca (spesso con qualche delucidazione), a proposito dell’interruzione a pag. 62 così annota: "Quindi il P. Alfonso De Vecchis cessa e comincia il P. Ferdinando Zichetti: per qualche anno (1942-45) é stata sospesa la Platea per timore che fosse sequestrata dalle SS. o dagli altri; anche nei diari privati furono omesse o cancellate certe date e certe notizie credute pericolose in caso di sequestro" (Archivio del Convento di S. Gabriele dell’Addolorata).

(14) Si vd. Archivio del Convento di S. Gabriele dell’Addolorata, Platea, vol. II, pp. 262-263. Nessun riferimento alla cessione del locale nel Registro dei Capitoli locali (1899-1946), ad annum 1942, ff. 96-98.

(15) Si vd. Archivio del Convento di S. Gabriele dell’Addolorata, Platea, vol. II, pp. 264-266 e si vd. anche cap. X, 8.

(16) Si vd. Archivio di Stato di Teramo, Atti della Direzione, b. 5, f. 1.